Omelia (27-08-2006)
don Marco Pratesi
Spirito o carne?

"Questa parola è dura", dicono in molti dopo che Gesù ha concluso il suo discorso. Dove sta la durezza? Lo si vede dalla risposta del Signore: "E che sarebbe se vedeste il Figlio dell'uomo ascendere dov'era prima? (v. 62). La difficoltà sta dunque nel fatto che egli ha affermato di essere il pane disceso dal cielo (vv. 33, 50): pretesa totalizzante e inaudita. Questo induce a inciampare e a mormorare.
Siamo nella "mormorazione" quando interrompiamo il rapporto col Signore e ci chiudiamo in noi stessi. Non si parla più con lui, ma tra sé. Non c'è più ascolto, solo un ragionare per conto proprio. Non c'è più volontà di dialogo, di confronto per superare l'ostacolo: oramai il confronto è chiuso. Se c'è una domanda, è solo per contestare e "cogliere in fallo" Dio. Sfiducia e scetticismo hanno preso il sopravvento, oramai si è in essi paralizzati. In sostanza, non si crede più all'amore di Dio, non si è più sicuri di potersi fidare di lui.
Tutto questo porta il discepolo, lo vediamo in questo passo, a tornare indietro, alle cose di prima, alla vecchia sapienza mondana.
Tutto questo porta a "tradire" Gesù (v. 64). Si interrompe il rapporto di fiducia e si pretende in qualche modo di manipolare il Signore, di riprendere in mano quella vita che gli avevamo affidato, di essere noi a gestire il rapporto. È veramente una paralisi fatale, la morte dentro.
Gesù riconduce il contrasto che si è creato intorno a lui all'opposizione tra spirito e carne (v. 63), tra sapienza divina e mondana, tra Parola di Dio, che è vita, e razionalità umana chiusa in se stessa, che è morte.
Solo lo Spirito dà la vita. Non c'è dubbio, è il proprio dello Spirito di Dio, il marchio della sua presenza: vivificare, rendere vivo ciò che è morto o moribondo. Egli vivifica mediante la fede nel Signore, in questo andare a lui fiduciosi e aperti. Lo Spirito dà vita quando facciamo di Gesù il pane della nostra esistenza, sia pure con tutti i nostri problemi, inevitabili di fronte alla sua Parola che è dura e ci mette in difficoltà.
Spesso si pensa che porsi problemi di fede, fare delle domande a Dio, "chiedere spiegazioni", sia di per sé sintomo di poca fede. No, niente affatto, può essere proprio il contrario: richiesta di luce, di aiuto, bisogno di verità e di comunione. A volte non questionare, non porre problemi, è semplicemente il segno dell'indifferenza e della piattezza interiore. La Parola di Dio deve mettermi in crisi, perché è il luogo della decisione. La tragedia è quando il Vangelo non sembra più duro, quando lo rendo innocuo, quando lo ascolto come cosa ovvia che non mi fa problema.
Di fronte a una proposta che lo supera il discepolo crede, ma non solo: sperimenta anche la validità della fede. Egli, come Pietro, "crede e conosce" (v. 69). Fede e conoscenza non si escludono affatto, come purtroppo non pochi pensano, ma si alimentano e si richiedono a vicenda. Ciò che vivo e sperimento mi conferma in quanto credo, e mi induce nuovamente a fidarmi del Signore; a sua volta, questa fede mi aprirà nuova conoscenza, e mi darà ulteriore conferma della verità di Dio. "Come avevamo udito, così abbiamo visto nella città del Signore delle schiere" (Sal 48,9). Questa è la vita cristiana, che procede "di fede in fede" (Rm 1,17), dalla fede "per l'ascolto" alla fede illuminata dall'esperienza dello Spirito generatore di vita.
Il Signore ci liberi dalla mormorazione e ci guidi a sperimentare la verità del suo amore.

All'offertorio:
Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio nutra la nostra vita e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Al Padre Nostro:
Animati da una fiducia profonda nell'amore del Padre e nutriti dalla Parola di Gesù, preghiamo dicendo:

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Dallo "Specchio" di Guillaume de Saint-Thierry (1085 ca. - 1148)
Tu, o anima fedele, quando nella tua fede si presentano misteri troppo profondi per la tua debole natura, abbi coraggio e di', non per spirito di contraddizione, ma per amore di obbedienza (non studio occurrendi, sed amore sequendi): "Come possono darsi tali cose?".
(Comune dei dottori, ufficio delle letture)