Omelia (27-08-2006) |
padre Antonio Rungi |
Vogliamo servire il Signore "Noi vogliamo servire il Signore", è questa la dichiarazione chiara, senza dubbi e tentennamenti che Giosuè, successore di Mosè nella guida e conduzione del popolo d'Israele verso la Terra Promessa, fa apertamente davanti al popolo eletto per indicare la strada che egli intende seguire nel proseguimento del cammino verso la liberazione. La proclamazione che troviamo nel Libro di Giosuè e che leggiamo oggi si pone sulla scia della continuità della scelta che Israele ha fatto di Dio, quale principale artefice del suo riscatto sociale. "In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d'Israele in Sichem e convocò gli anziani d'Israele, i capi, i giudici e gli scribi del popolo, che si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: "Se vi dispiace di servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire: se gli dèi che i vostri padri servirono oltre il fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel paese dei quali abitate. Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore". Allora il popolo rispose e disse: "Lungi da noi l'abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché il Signore nostro Dio ha fatto uscire noi e i padri nostri dal paese d'Egitto, dalla condizione servile, ha compiuto quei grandi miracoli dinanzi agli occhi nostri e ci ha protetti per tutto il viaggio che abbiamo fatto e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi vogliamo servire il Signore, perché Egli è il nostro Dio". Parole consolanti e programmatiche che ben si addicono anche all'oggi di ciascuno di noi e della comunità dei credenti. Magari tra noi ci fossero persone che guidano gli altri ad una scelta coraggiosa e convinta del Signore nella propria vita. Piuttosto si trovano facilmente coloro che indirizzano le persone contro la fede, la religione e la pratica religiosa, compromettendo di fatto l'itinerario religioso personale fatto o che si intendeva comunque compiere in ragione delle proprie convinzioni di fede. Oggi sono richieste persone credenti e credibili, che sappiano convincere non solo con la parola ma con la vita ad accostare gli altri a Dio. Quindi, lontano da noi l'idea di voler servire altri dei, che oggi sono identificati con il denaro, il successo, il libertinaggio in tutti i campi, l'assoluta autonomia da ogni riferimento etico e trascendentale della propria esistenza. Dovremmo anche noi ricordarci più spesso di quello che il Signore ci ha donato, piuttosto di quello che ci ha tolto. Come gli Ebrei dovremmo ricordare i benefici e i doni ricevuti da Dio, piuttosto che le prove e le sofferenze, che a volte allontano da Dio, perché lo si considera un vendicativo, uno che fa soffrire e morire, soprattutto gli innocenti e le persone deboli. Una falsa ed errata idea di Dio, che va rimossa dalla nostra mente e dalle nostre personali convinzioni che non trovano riscontro nella vera natura di un Dio che è essenzialmente amore e tenerezza. Un Dio che si preoccupa, cura e guida l'intera umanità verso il vero bene. Un Dio che ha bisogno delle nostre mani e dei nostri piedi per realizzare ciò che egli vuole. Il Vangelo di oggi ci riporta alla stessa problematica, ma con evidenti riferimenti al Figlio di Dio, Gesù Cristo, venuto nel mondo per salvarci. Nel testo del Vangelo che ascolteremo oggi sono evidenziate a chiare lettere queste tematiche della sequela o dell'abbandono della strada del Signore. Pietro, anche in questo caso, scende in campo e risponde agli interrogativi che il Divino Maestro pone ai suoi discepoli. Ascoltiamo il testo del Vangelo che è più efficace di qualsiasi commento: "In quel tempo, molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: "Questo linguaggio è duro: chi può intenderlo?". Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: "Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono". Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano a chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: "Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio". Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: "Forse anche voi volete andarvene?". Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio". Dopo il grande discorso eucaristico, Gesù chiede un impegno di fedeltà al gruppo degli apostoli e dei discepoli nei suoi riguardi, se hanno capito davvero chi era lui. Il risultato di questo impegno lo conosciamo dal testo del vangelo che oggi leggiamo: "Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui". Rimasero alcuni e tra questi Pietro che si dichiara apertamente a favore di Cristo, perché è il Santo di Dio e perché Gesù ha parole di vita eterna. Non strettamente collegato ai due testi precedenti, ma comunque in qualche modo ad essi riferiti, è il brano della lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (Ef 5,21-32), che è il testo biblico della seconda lettura odierna, ove l'Apostolo parla del sacramento del matrimonio e della dignità della famiglia fondata su di esso; ma è principalmente sottolineata la sottomissione al Signore, ovvero la sincera volontà di seguire la strada di Cristo per la propria santificazione e salvezza. Si tratta di una vocazione speciale alla vita coniugale che permette a quanti scelgono questa strada di servire comunque il Signore in santità e bontà della vita. "Fratelli - scrive l'Apostolo delle Genti - siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande: lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!". Temi di grande attualità considerate le difficoltà in cui si trovano oggi le famiglie cristiane in Italia e in varie altre parti del mondo, con le crisi del matrimonio, della maternità e della paternità, con altre assurde e pseudo forme di vita coniugale, anche dello stesso sesso, che contraddicono apertamente gli insegnamenti dell'etica naturale, biblica e cristiana. Qui non siamo certo nella linea di cui parla il Vangelo e la prima lettura di oggi, che presentano un popolo di Dio del Nuovo e Antico Testamento impegnato a seguire il Signore, ma all'opposto, seguendo i nuovi idoli del paganesimo odierno che tra l'altro ci presenta una sessualità senza regole e contro i principi morali biblici ed evangelici. Raddrizzare queste vie, non è facile; ma comunque, per dovere di missionarietà, dobbiamo provare a presentare il volto più bello del servire e seguire il Signore, anche quando questo ci chiede sacrifici e rinunce di ogni genere, facendo nostra la preghiera di questa giornata: "O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia". |