Omelia (27-08-2006) |
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* Ci avviamo verso la conclusione dell'estate, che anche spiritualmente è un tempo prezioso. Quando infatti stacchiamo dal ritmo quotidiano del lavoro per dedicare alcuni giorni interamente al riposo ci accorgiamo di una cosa importante: non stiamo camminando su questa terra per fare tante cose, per guadagnare sempre più soldi, per assicurare a tutti i costi un futuro sicuro. Siamo nati per dono del Signore e dei nostri genitori e viviamo per rispondere a questo dono: dobbiamo sì lavorare, studiare, mangiare, viaggiare, ma cose se tutto ciò fosse il cammino di un incontro, di una scoperta segreta, di qualcuno che ci attende alla fine del cammino ma la cui presenza già si percepisce oggi. Nel cercare di amare le persone con cui viviamo stiamo rispondendo all'invito a vivere. Fermati un momento e chiediti: cosa mi ha regalato questo mese di agosto che sta finendo? Ho potuto recuperare il sapore delle relazioni nella mia famiglia, con gli amici? Tra poco cominceremo di nuovo le attività e i ritmi quotidiani: cosa vorrei non dimenticare di quanto ho riscoperto in questo tempo di vacanza? Tra i regali di queste vacanze c'è stato anche quello della liturgia, per chi ha potuto e voluto mantenere il ritmo della preghiera e della comunità. Il Vangelo domenicale ci ha offerto la lettura del sesto capitolo di Giovanni, tutto dedicato al tema del "pane di vita". Oggi ne leggiamo la conclusione, che presenta anche la reazione dell'uditorio di Gesù. Forse anche questa pagina, insieme alle due letture e al salmo che la precedono, ci può aiutare a concludere le vacanze e prepararci per riprendere il cammino del nuovo anno sociale. * Gesù ha appena concluso il suo discorso sul pane di vita nella sinagoga di Cafarnao. I discepoli che lo hanno ascoltato reagiscono: è difficile comprendere Gesù che dice: chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue non avrà la vita. È già difficile capire il senso delle parole di Gesù (Egli chiede al discepolo di entrare in una profonda comunione con lui, partecipando al suo stesso destino di morte e risurrezione), ma ancor più difficile è accettare questa proposta. Gesù legge sui volti dei suoi discepoli questo sconcerto (intende la loro mormorazione, che ricorda la mormorazione degli israeliti nel deserto) e cerca di andargli incontro: la cosa difficile non è capire le parole ma credere che colui che le dice viene dal cielo, credere che quelle parole sono la volontà di Dio per noi, il cammino per la vita vera. La questione centrale alla fine non è tanto ciò che Gesù dice, ma chi egli è per me: il Figlio di Dio o uno dei tanti predicatori? Uno che dice cose più interessanti di altri o l´unico che può dare risposta alla mia sete di felicità? Essere cristiano, in fondo, è rispondere ogni giorno a questa domanda. Gesù ci avvisa che questa risposta non dipende tanto dalla nostra buona volontà o dall'intelligenza (le capacità umane indicate nella bibbia con la parola "carne"), ma è dono dello Spirito di Dio. Credere in Gesù e seguirlo non è frutto solo di una simpatia umana o di spontanea sintonia: nel cammino di fede arriva un tempo, per tutti, in cui quanto è umano non è più sufficiente ed è necessario scegliere se restare fedeli a lui solo per la fede. Gesù sapeva che tra i suoi seguaci non tutti erano disposti ad arrivare fino a questo punto; di fatto, dopo il discorso sul pane di vita molti lo hanno lasciato: Gesù non li critica né corre dietro a loro cercando di trattare il prezzo... Anzi chiede ai dodici se anche loro vogliono andarsene, senza la paura di rimanere solo. Gesù provoca a prendere una decisione forte, personale e chiara per lui. Pietro, anche a nome degli altri, dichiara apertamente ciò che vuole: restare con Gesù perché ha parole di vita eterna. È una bellissima professione di fede, tutta centrata su Gesù e non su di sé o sulle sue forze umane. Questo è uno dei molti "tornanti" che incontriamo nel Vangelo: di fronte alla perdita di un grande numero di discepoli si preoccupa di chiarire le motivazioni di coloro che continuano a seguirlo. Se sono motivazioni solo umane (la carne) non possono reggere a lungo, se hanno a che vedere con la fede (lo Spirito, la chiamata di Dio) possono continuare. Si tratta di fare un passaggio dalle prime alle seconde, un passaggio molto simile ad una nascita (come disse una notte a Nicodemo) o ad una morte (come dirà di fronte al sepolcro dell'amico Lazzaro). Questo passaggio è la cosa seria della fede cristiana, tutto il resto dipende da questa "porta stretta" in cui è necessario passare. Gesù, che vi è passato per primo, ci tiene per mano. Avere fede in lui non significa scavalcare le difficoltà, ma confidare che una vita più vita può nascere dalle nostre morti quotidiane. * Letta così la pagina di Giovanni possiamo comprendere e sentire più vicina la scena del rinnovamento dell'alleanza con Dio alla fine dell'entrata nella terra, prima che Giosuè muoia dopo aver portato a termine la sua missione: ciò che più conta, sembra dirci la prima lettura, non è avere una terra dove abitare ma decidere quale Dio seguire, chi servire, perché Dio è la vera patria del popolo, il suo vero destino. Fare la scelta di Cristo significa vivere tutte le relazioni in questa nuova luce: una delle relazioni più importanti della vita è quella tra marito e moglie. Paolo nella seconda lettura mostra cosa diventa questa relazione per coloro che la vivono "in Cristo": relazione di reciproco dono, che si esprime in atteggiamenti di libera sottomissione e di autentico amore. Questa relazione è un cammino su cui vivere il passaggio continuo dalla "carne" allo "spirito" di cui Gesù parla nel Vangelo: la vita matrimoniale dei cristiani è un mistero grande, perché il loro rapporto quotidiano è chiamato ad assumere la statura di Cristo. * Alla fine di questa estate Gesù ci chiede: vuoi continuare a seguirmi anche nel nuovo anno che inizia? Per credere che la tua vita non dipende solo dalle tue forze ma anche dalla grazia di Dio... Per continuare a cercare la comunione con Gesù nell'ascolto della sua Parola e nel sacramento dell'Eucaristia... Per a vivere la relazione matrimoniale come cammino di sequela e di imitazione di Cristo... Commento a cura di padre Gianmarco Paris |