Omelia (20-08-2006) |
don Ricciotti Saurino |
L'indulto Vacanze... tempo di vita! E noi, come reclusi che hanno visto aprirsi le porte del carcere grazie all'indulto, corriamo frenetici incontro alla vita... desiderosi di recuperare il tempo perduto. Fuggiamo dalla quotidianità come da colei che ci ruba i giorni e il tempo... dal lavoro come da una inferriata che ci tiene prigionieri... dai nostri ambienti e dalle nostre case come dai luoghi scoperti improvvisamente malsani e infetti... fuggiamo come i libanesi dai luoghi bombardati, come i profughi disperati sui barconi di fortuna, come i ricoverati dalle corsie dell'ospedale. Fuggiamo portandoci dietro tutto, che chiamiamo indispensabile, come le lumache si portano dietro la casa. La radio attimo per attimo misura il polso di un popolo che tenta disperatamente di vivere e si ritrova a fare i conti con ostacoli imprevisti: "Si segnala una coda di sette chilometri all'uscita del casello x..., traffico intenso sulla tangenziale y..., forti rallentamenti sulla corsia sud..." Questi sono scogli piacevoli... per chi va in ferie... E come se non bastassero, i bollettini meteo pilotano il senso di marcia dei vacanzieri perché si orientino dove splende il sole. Sì, ormai, sembra che l'ideale di vita sia legato strettamente al tempo di vacanza. "Questa è vita!" si avverte nell'aria mentre i giovani, all'alba, escono dalle discoteche o dai luoghi di ritrovo. "Questa è vita!" diciamo soddisfatti quando abbiamo rubato tutte le ore alla notte. "Questa è vita!"... ma quale? Quella degli occhi che si saziano nel contemplare le bellezze della natura o quella della bocca che assapora le dolcezze della tavola? Poi, quando il mese non ha più giorni per noi, stanchi e annoiati, riprendiamo la strada del ritorno... come evasi... riacciuffati. E' giusta la vacanza, è salutare il divertimento, è benefico cambiare ambiente...ma il guaio maggiore è che non ci passa per la mente che, forse, stiamo sbagliando tutto... e non ce ne accorgiamo neanche quando incontriamo nuovamente sotto casa la scontentezza e l'insoddisfazione. La Parola di questa domenica illumina la nostra frenesia... "Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno... e io vivo per il Padre" e ci fa capire che vivere è prima di tutto nutrirsi della vita vera e portare qualcuno nel cuore. Nutrirsi della vita vera è riappropriarsi di se stesso senza cercare altrove la sorgente della felicità... è abitare e prendere possesso di se stesso. Non è un luogo a darci ristoro come fossimo una suppellettile in cerca di collocazione adatta, non si trova fuori la quiete che manca dentro, non è neppure ciò che entra dentro di noi a colmare e saziare il vuoto della nostra insoddisfazione. Mangiare la Sua carne vuol dire riscoprire la propria umanità che ha dimensione terrena e celeste. La dimensione terrena è trovarsi bene con il proprio corpo, con la proprie scelte, con la propria missione al di fuori, come frutto dell'amore a se stesso. Significa vivere in armonia col proprio essere, non sentirsi ospiti indesiderati della pelle, non vivere con il peso delle insoddisfazioni, né tanto meno misurarsi e confrontarsi con gli altri. E' abitare se stesso, è vivere in sintonia con le proprie capacità, accettarsi per quello che si è, avere come grande amico prima di tutto la propria persona. Ed è solo riappropriandosi della dimensione terrena che si conquista anche quella celeste perché – come è scritto nel libro dei Proverbi - si va "diritti per la via dell'intelligenza" Chi cerca il proprio equilibrio nel lifting, nel bisturi, nella palestra, nello stordimento, nel vagare tra le bancarelle del mercato turistico sta cercando un locale in fitto, non trovandosi bene in quello ricevuto dalla natura. Bere il Suo sangue equivale a imparare a vivere per qualcuno. Sì, perché la vita è spendersi per qualcuno, donarsi, amare, portare a cuore. E, mentre noi crediamo che la vita sia risparmio di energie o consumarsi per se stessi, Qualcuno, che conosce perfettamente il cuore dell'uomo e che ha voluto fare l'esperienza del vivere umano, ci insegna che è nel vivere per il Padre la Sua più grande realizzazione e la Sua più grande felicità. E allora: vacanze sì, ma come riposo fisico per vivere bene con se stessi e per rinnovare l'amore per gli altri. |