Omelia (03-09-2006) |
mons. Ilvo Corniglia |
Commento Marco 7,1-8.14-15.21-23 Il brano del Deuteronomio (4, 1-2. 6-8: I lettura) ci richiama il primato della parola di Dio e indica come attuare un rapporto autentico e fruttuoso con essa: "Ora dunque, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, perché le mettiate in pratica". Si tratta di accogliere e vivere tali "leggi e norme", il cui nucleo si trova espresso in Dt 5 (Decalogo) e Dt 6 ("Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore..."). Lo scopo di tale osservanza: "perché viviate...". L'autore sacro vuole radicare dentro di noi alcune solide convinzioni sulla "Legge di Dio" (che Gesù ha portato a compimento nel Vangelo compendiandola nell'amore di Dio e del prossimo): - E' la via sicura per una vita felice. Infatti il "Signore nostro Dio è vicino a noi", in dialogo continuo, parlandoci appunto attraverso la sua legge e illuminando così il nostro cammino verso una meta che è la vita in comunione con Lui e quindi beata. - Osservarla è vera "saggezza" e fa di Israele "il solo popolo saggio e intelligente." - Ma occorre attuarla nella sua interezza: "Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla". La morale cristiana, che la Chiesa nella fedeltà al Vangelo propone, esige di essere praticata integralmente e non in parte, a seconda delle proprie vedute soggettive e dei propri comodi. E' sempre in agguato la tentazione di costruirmi una morale su mia misura, ricercando facili giustificazioni. Conosco tutti i dieci comandamenti, soprattutto come li ha interpretati Gesù (cfr. es. Mt 5, 20-48)? Sono per me costante punto di riferimento? Il binomio ascolto-attuazione concreta della Parola ritorna con viva forza nel testo di Gc 1, 22 (II lettura): "Siate di quelli che mettono in pratica la Parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi". Nella medesima linea si colloca il Vangelo di oggi. L'attenzione al "comandamento di Dio", che manifesta la sua volontà: ecco l'impegno prioritario che Gesù vuole inculcare quale segreto di un rapporto veramente "religioso" con Dio. Abbiamo qui la chiave per comprendere in profondità il suo "ragionamento" nella disputa coi suoi avversari.Secondo l'A.T. (e altre religioni) esiste uno spazio, un recinto "sacro", dove cioè si incontra in modo speciale Dio. Al di fuori c'è lo spazio profano, dove es. certi animali, certe malattie, certe persone (come i peccatori e i pagani) "contaminano", cioè rendono impuri e quindi non idonei a entrare nello spazio sacro per partecipare al culto. Occorre perciò "purificarsi". L'evangelista elenca alcune usanze: il lavarsi accuratamente le mani prima del pasto (che era considerato un momento sacro), le abluzioni dopo il ritorno dal mercato...Ora, alcuni discepoli di Gesù "prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate". Parte subito l'accusa: "Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi?". La risposta di Gesù vuole anzitutto isolare il "comandamento di Dio", la sua Legge, dalle tradizioni umane che sono nate per interpretarlo, ma che non di rado lo appesantiscono, anzi in certi casi sono in contrasto evidente con l'intenzione di Dio racchiusa in esso. La "legge di Dio"e le "tradizioni degli uomini" vanno tenute distinte. La prima infatti è perenne, perché divina. Le altre sono invece provvisorie e rischiano di distrarre dall'essenziale che è il "comandamento di Dio". Al centro dell'agire e di ogni scelta, grande o piccola, ci deve essere il "comandamento", cioè la volontà di Dio espressa nella legge. Occorre un'attenzione critica e una vigilanza costante per riconoscere se le norme umane interpretano correttamente il "comandamento" oppure lo contraddicono. Così es: Gesù rifiuta la distinzione, fortemente radicata nelle tradizioni giudaiche, tra "puro" e "impuro", fra una sfera religiosa separata in cui Dio è presente e lo incontri, e una sfera ordinaria, quotidiana, in cui Dio è praticamente assente. Per Gesù Dio lo incontri ovunque, dove vivi: ti devi, semmai, purificare dal peccato che ti impedisce il rapporto vero con Lui. Gesù non abolisce soltanto la separazione fra sacro e profano, ma anche la divisione profonda, secondo la mentalità corrente allora, fra uomini puri e impuri. Una divisione che per noi è superata? Non continuiamo a erigere barriere, a innalzare muri e steccati..., a dividere le persone tra buone e cattive, amabili e non amabili ecc? Non sono le cose esterne all'uomo che possono renderlo impuro. E' l'affermazione solenne che Gesù fa davanti alla folla e vuole che sia compresa in tutte le sue implicazioni: "Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo". Non ciò che mangi o tocchi ti rende impuro, cioè ti impedisce di entrare in rapporto con Dio. Ma è decisivo ciò che viene "dal di dentro, cioè dal cuore": ciò che l'uomo nella sua coscienza, nel suo intimo, pensa e decide, si traduce esternamente in un gesto che dall'intenzione interiore riceve come il suo marchio, cioè la sua qualità di azione buona o cattiva. Ogni azione nasce prima nel cuore, qui "si forma"prima di assumere una configurazione concreta all'esterno. A titolo di esempio, Gesù elenca una serie di azioni e di comportamenti malvagi, che corrispondono grosso modo a quanto viene proibito dai Dieci Comandamenti e insieme presenta le radici di tali colpe. Poi conclude: "Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro (cioè "dal cuore) e contaminano l'uomo". Si comprende che la prima cura va posta nel vigilare sulla "pulizia" del cuore. Il cuore è "puro" se è puntato interamente su Dio, se è attento alla sua volontà, che Gesù ha rivelato sintetizzando il Decalogo nell' "amare Dio con tutto il cuore" e "il prossimo come se stesso". Il frutto di tale impegno? Ogni gesto tenderà a essere amore. Un impegno faticoso, sicuramente. Una volta infatti data la precedenza al "Comandamento", non basta un' osservanza puramente esteriore. Bisogna interiorizzarlo, abbracciarlo nel cuore, un cuore in sintonia piena con la volontà di Dio che il comandamento manifesta. Proviamo a esaminarci se ci accontentiamo di un cristianesimo di facciata: se per es. partecipiamo alle celebrazioni rituali senza preoccuparci che sia coinvolta tutta la nostra persona, senza cercare un rapporto personale e sincero col Signore, meritandoci il rimprovero di Isaia riportato da Gesù. "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me". Si può infatti anche essere "osservanti" (curando magari le minuzie), ma non "obbedienti" (perché il cuore della Legge è l'amore). Si può apparire come praticanti, ma in realtà essere dei "formalisti". Ci si può perdere nei dettagli e non centrare l'essenziale. Se invece l'attenzione primaria e costante è all'essenziale (= amare Dio e il prossimo nel quotidiano, qui e ora), anche i particolari e perfino le sfumature vengono curati, perché vissuti nell'amore. Mi chiederò spesso: di chi è ora il mio cuore? Come vivo il rapporto con la parola di Dio, col suo "comandamento"? |