Omelia (03-09-2006) |
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1. C'è un'osservanza della legge, che potremmo definire formale, che, prima o poi, trascina nell'ipocrisia. Quel rischio di diventare sepolcri imbiancati che può colpire ciascuno di noi e sul quale il Signore Gesù ci ha messo in guardia. Per evitare questo pericolo, il nostro rapporto con la parola di Dio deve portarci ad una adesione interiore, ad un'osservanza sostanziale che ci faccia vivere esteriormente solo quello che viviamo interiormente. "Non chi dice Dio mio Dio mio entrerà nel Regno dei cieli...". Non si tratta di un modo di dire di fronte al quale ci si può camuffare. Il Cristo è stato più volte esplicito al riguardo: "Il Padre mio che vede nel segreto...". Nel segreto, è lì che dobbiamo fortificare la nostra adesione al Vangelo. 2. Nel segreto si pongono le basi per costruire la casa sulla roccia, cioè nella Chiesa. Senza questo lavoro si costruisce sulla sabbia, forse, nella migliore delle ipotesi, solo per noi, ma non è certo questo quello che vuole il Signore. Potremo anche essere rigorosamente legati ai precetti della tradizione, ma non saremo capaci di valutarli alla luce della Croce e della Redenzione che danno alla Parola il loro autentico significato. Altrimenti, nei momenti di vera difficoltà, ci si comporta come tutti e si tradisce invece di testimoniare, cedendo alle molteplici adulazioni. "Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo" che dentro di sé non è in grado di trovare la forza per respingerle. 3. Gesù ripete più volte il suo insegnamento: "Ascoltatemi bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo". È qui che si annida la radice del bene o del male che facciamo. Qui dobbiamo trovare il coraggio di chiedere aiuto al Signore senza il quale non riusciremo a fare mai niente di evangelicamente buono. Il mondo si accontenta di chi lo "onora con le labbra". Il Cristo ci dice che a lui interessa il nostro cuore. Noi stessi lo sappiamo perché, se siamo onesti, non possiamo mentire al nostro cuore. Sappiamo che la cortina di tornasole sta nel richiamo: "Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini". 4. L'esempio di quanto è stato detto è costituito da San Giacomo che poteva ben scrivere: "Accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime". È questa docilità che trasforma l'accoglienza della parola in pratica, senza la quale illudiamo noi stessi e non viviamo nella verità. Poco pensiamo al fatto che siamo stati "generati con una parola di verità". Che mistero si nasconde dietro questa affermazione paolina! Solo cercando di penetrarlo riusciremo a far si che da noi scaturiscano opere buone. 5. Questo insegnamento è sacro. Già Mosè ammoniva: "Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla". È un insegnamento che non può essere cambiato a nostro piacimento. Solo osservandolo, ci ricorda sempre la prima lettura, susciteremo l'ammirazione degli altri popoli. Se invece anteporremo il nostro modo di pensare, la nostra arroganza determinerà solo l'allontanamento di chi ci avvicina. Commento a cura del prof. Rocco Pezzimenti * La liturgia della parola di oggi è tutta incentrata sull'ascolto. Ascolto che deve necessariamente diventare vita. Questo è il solo segno di un ascolto vero, ed è anche la condizione necessaria che il popolo di Israele ha per "entrare in possesso del paese che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi". * Per gli ebrei non c'è distinzione tra parola e fatto. Nella bibbia ogni volta che Dio parla, la sua Parola diventa avvenimento, fatto, realtà. Basti ricordare una pagina nota come quella tratta dal primo capito della Genesi dove viene narrata la creazione. Un popolo che ascolta col cuore, che realizza quanto ascolta, afferma il brano del Deuteronomio che viene considerato agli occhi di tutti gli altri popoli "saggio" e "intelligente". E un popolo saggio e intelligente diventa forte e prosperoso. * Israele è il popolo dell'ascolto. Il brano che ritma la giornata del pio Israelita è quello dello "Shema Israel" "Ascolta Israele". Ascolta Israele, l'unico Dio, le sue leggi e i suoi decreti. * Legge è ciò che noi cattolici chiamiamo con un termine poco appropriato: "I dieci comandamenti". Poco appropriato dico, perché il comando sa sempre di restrizione, di imposizione, di poca libertà. * Ma il dono della legge fatto da Dio a Israele è tutt'altra cosa: è dono per continuare a vivere nella libertà. Le dieci parole sono parole di libertà.. All'inizio del decalogo leggiamo così: "«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: (Es 20, 2) Io sono il tuo Signore, perché io ti ho liberato. Chi libera è JHWH. E Israele nel mare dei giunchi vede e riconosce la mano del Signore che salva il suo popolo. Afferma con il suo canto di vittoria che JHWH è il Signore degli di tutti dèi. Allora rimanere liberi, per Israele vuol dire ascoltare e mettere in pratica la legge del di Dio. Una legge che va compiuta o realizzata con cuore puro, cioè con cuore indiviso "non avrai altri dèi di fronte a me" (Es 20, 3) come afferma il ritornello del salmo responsoriale. I precetti che il salmo responsoriale ci ricorda, riguardano proprio i rapporti sociali. L'amore per Dio, si mostra nella realizzazione dell'amore verso il prossimo. * La seconda lettura ce ne dà conferma. San Giacomo infatti chiede ai cristiani di essere ascoltatori docili come la terra che accoglie il seme e lo feconda così che produca frutto. La parola ascoltata, afferma l'apostolo, deve produrre frutti di amore, questo e soltanto questo è il segno che mostra il vero ascolto. L'amore verso i più bisognosi, è il culto che Dio vuole. Questo culto non si celebra nel tempio. Semmai nel tempio, nelle chiese, il credente ascolta, ma poi è nel quotidiano che è chiamato a realizzare il suo ascolto. La strada, le case, gli ambienti di lavoro, in ogni luogo dove c'è un uomo che soffre, la parola va realizzata. Il Vangelo poi sottolinea ancora di più questo concetto: Gesù non è venuto ad abolire la legge ma a darle pieno compimento. Per questo condanna ogni formalismo, ogni religiosità basata sull'esteriorità, su ritualismo vuoto e su obblighi di pratiche e di proibizioni esteriori. "Un popolo che onora Dio con le labbra" e gli è lontano col cuore non è a lui gradito. Ciò che rende l'uomo impuro, afferma Gesù sono i sentimenti cattivi che in esso vi albergano. Impurità è sinonimo di malvagità di chiusura, di egoismo e questi sentimenti germogliano come gramigna quando al seme buono della Parola non si lascia il giusto spazio. Chiediamo al Signore di renderci persone di ascolto e soprattutto di avere il coraggio di mettere in pratica quanto Egli con la sua parola ci chiede. Commento a cura di Suor Piera Cori |