Omelia (03-09-2006) |
don Ricciotti Saurino |
Bolle di sapone Un leggero soffio e dal cerchio bagnato nell'acqua saponata escono miriadi di bolle colorate. I bambini si divertono a gareggiare a chi le fa più grosse e più belle, a chi ne fa di più, a chi riesce a farle durare più a lungo... A nessuno è consentito rovinare questo lavoro artistico... anche se svanisce nel breve giro di tempo... Giochi di bambini ai quali assistono volentieri anche gli adulti divertiti... I grandi, però, non si cimentano con l'acqua saponata, ma gareggiano ugualmente con le bolle colorate che la loro fantasia inventa e che dalla finestra sul mondo lanciano come miriadi di vivaci coriandoli. C'è chi è orgoglioso della grandezza della sua invenzione, chi è fiero della quantità delle sue scoperte e chi, a tutti i costi, vigila sulla durata delle sue creazioni. Nessun passante rimane indifferente a questo fantastico spettacolo, come ai fuochi d'artificio, e tutti, col naso all'insù, si lasciano catturare dal fascino delle novità. Non parlo delle salutari invenzioni scientifiche che diventano subito benefico patrimonio comune... ma di quelle bolle strettamente personali, nate e proposte in un impeto di creatività occasionale, che sfociano troppo facilmente in abitudini, consuetudini e tradizioni. Le cose serie non attecchiscono con altrettanta facilità. Ogni popolo ed ogni ambiente ne conta a bizzeffe! Le chiamiamo cultura popolare, usanze, tradizioni, folclore... ma il bello è che diventano doverose, inevitabili, pur essendo spesso vuote di significato. Si fanno non si sa più perché... per ostentazione, perché si è sempre fatto così, perché si è convinti che portino bene, perché qualcuno le sponsorizza, perché hanno dentro quella carica di entusiasmo che caratterizza le cose personali... Per esse siamo capaci di sacrifici straordinari che non riserviamo più neppure alle cose essenziali. Ed in effetti non ci rendiamo conto che il tempo, le energie, l'entusiasmo che dedichiamo a queste viene rubato all'essenzialità. Quando, poi, le novità proliferano nel campo della fede diventano narcotici funesti che, mentre da una parte sembrano rinnovare l'entusiasmo, dall'altra distolgono dalla verità. Ne ho vista di gente attaccata morbosamente a tante esteriorità, inventate anche dagli uomini di chiesa, fedelissima alle tradizioni, ma ignorante della carità cristiana. Ne ho sentita di gente allarmata di perdere la fede solo perché qualcuno ha cercato di dare senso a quello che si stava per fare. Ne ho vista di gente accorrere numerosa al folclore religioso, alle iniziative esteriori dei nostri programmi pastorali, ma insensibile al cambiamento interiore, assente al cammino di fede, sonnacchiosa davanti all'unico precetto divino "Amatevi...". Non so perché tra l'essenziale divino ed i tanti corollari umani trovino più seguaci questi ultimi. Ma la cosa straordinaria e sorprendente è che molti sono convinti che siano sufficienti queste esteriorità per dichiararsi buoni seguaci di Cristo, scambiando il turismo religioso e le usanze con la vera fede.. "In fondo in fondo siamo tutti buoni cristiani" si sente dire a giustificazione, perché un pellegrinaggio, la visita agli altari della Reposizione nel giovedì Santo, la corsa ai fuochi d'artificio in onore del Santo Patrono, li abbiamo fatti tutti... anzi, li continuiamo a fare, mentre il nostro cuore, come un vulcano, continua a eruttare cattiverie. Per quanto siano numerosi, i ceri che ardono nelle nostre chiese non riescono ad incenerire i nostri difetti! Sarà forse perché il Signore non sa fare buona pubblicità alle Sue cose? O sarà perché noi ne facciamo troppa alle nostre? |