Omelia (03-09-2006) |
padre Raniero Cantalamessa |
Quello che contamina l'uomo Nel brano evangelico di questa domenica Gesù colpisce alla radice la tendenza di dare più importanza ai gesti e ai riti esteriori che alle disposizioni del cuore, il desiderio di apparire, più che di essere, buoni. In breve, l'ipocrisia e il formalismo. Oggi però possiamo cogliere in quella pagina di Vangelo un insegnamento di ordine non solo individuale, ma anche sociale e collettivo. La distorsione che Gesù denunciava di dare più importanza alla pulizia esteriore che alla purezza del cuore, si riproduce oggi su scala mondiale. Ci si preoccupa moltissimo dell'inquinamento esteriore e fisico dell'atmosfera, delle acque, del buco nell'ozono; invece silenzio quasi assoluto sull'inquinamento interiore e morale. Ci indigniamo vedendo immagini di uccelli marini che escono dalle acque inquinate da chiazze di petrolio, ricoperti di catrame e incapaci di volare, ma non facciamo altrettanto per i nostri bambini precocemente viziati e spenti, a causa della coltre di malizia che ormai si stende su ogni aspetto della vita. Sia ben chiaro: non si tratta di opporre tra loro i due tipi di inquinamento. La lotta all'inquinamento fisico e la cura dell'igiene è un segno di progresso e di civiltà al quale non si può a nessun costo rinunciare. Gesù non disse, in quella occasione, che non bisognava lavarsi le mani, o lavare i bicchieri e tutto il resto; disse che questo, da solo, non basta; non va alla radice del male. Gesù lancia dunque il programma di una ecologia del cuore. Prendiamo qualcuna delle cose "inquinanti" elencate da Gesù, la calunnia con il vizio ad essa imparentato di dire malignità sul conto del prossimo. Vogliamo realizzare davvero un'opera di bonifica del cuore? Intraprendiamo una lotta senza quartiere alla nostra abitudine di scendere al pettegolezzo, a riferire critiche, a partecipare a mormorazioni contro persone assenti, a trinciare giudizi avventati. Questo è un veleno difficilissimo da neutralizzare, una volta diffuso. Una volta una donna andò a confessarsi da S. Filippo Neri, accusandosi di aver sparlato di alcune persone. Il santo l'assolse, ma le diede una strana penitenza. Le disse di andare a casa, di prendere una gallina e di tornare da lui, spiumandola ben bene lungo la strada. Quando fu di nuovo davanti a lui, le disse: "Adesso torna a casa e raccogli una ad una le piume che hai lasciato cadere venendo qui". "Impossibile!", esclamò la donna. Il vento le ha certamente disperse ai quattro venti nel frattempo". Ma qui l'aspettava S. Filippo. "Vedi - le disse - come è impossibile raccogliere le piume, una volta sparse al vento, così è impossibile ritirare mormorazioni e calunnie una volta che sono uscite dalla bocca". |