Omelia (27-08-2006) |
padre Raniero Cantalamessa |
Mariti amate le vostre mogli Questa volta vorrei concentrare l'attenzione sulla seconda lettura del giorno tratta dalla Lettera agli Efesini perché contiene un tema di grande interesse per la famiglia. Leggendo con occhi moderni le parole di Paolo, una difficoltà balza subito agli occhi. Paolo raccomanda al marito di "amare" la propria moglie (e questo ci sta bene), ma poi raccomanda alla moglie di essere "sottomessa" al marito e questo, in una società fortemente (e giustamente) consapevole della parità dei sessi, sembra inaccettabile. Infatti è vero. Su questo punto san Paolo è in parte condizionato dalla mentalità del suo tempo. Tuttavia la soluzione non sta nell'eliminare dai rapporti tra marito e moglie la parola "sottomissione", ma semmai nel renderla reciproca, come reciproco deve essere anche l'amore. In altre parole, non solo il marito deve amare la moglie, ma anche la moglie il marito; non solo la moglie deve essere sottomessa al marito, ma anche il marito alla moglie. Amore reciproco e sottomissione reciproca. Sottomettersi significa, in questo caso, tener conto della volontà del coniuge, del suo parere e della sua sensibilità; dialogare, non decidere da solo; saper a volte rinunciare al proprio punto di vista. Insomma, ricordarsi che si è diventati "coniugi", cioè, alla lettera, persone che sono sotto "lo stesso giogo" liberamente accolto. L'Apostolo da agli sposi cristiani come modello il rapporto d'amore che c'è tra Cristo e la Chiesa, ma spiega subito in che cosa è consistito tale amore: "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei". Il vero amore si manifesta nella "dedizione" all'altro. Vi sono due modi di manifestare il proprio amore alla persona amata. Il primo è di farle regali, riempirla di doni; il secondo, molto più esigente, consiste nel soffrire per lei. Dio ci ha amato nel primo modo quando ci ha creati e ci ha riempito di doni: il cielo, la terra, i fiori, il nostro stesso corpo, tutto è dono suo... Ma poi nella pienezza dei tempi, in Cristo, è venuto tra noi e ha sofferto per noi, fino a morire in croce. Avviene così anche nell'amore umano. All'inizio, da fidanzati, si esprime l'amore facendosi dei regali. Ma viene il tempo per tutti in cui non basta più fare regali; bisogna essere capaci di soffrire con e per la persona amata. Amarla nonostante i limiti che si vengono scoprendo, i momenti di povertà, le stesse malattie. Questo è vero amore che somiglia a quello di Cristo. In genere si chiama il primo tipo di amore "amore di ricerca" (con un termine greco eros), il secondo tipo "amore di donazione" (con un termine greco agape). Il segno che in una coppia si sta passando dalla ricerca alla donazione, dall'eros all'agape, è questo: al posto di chiedersi: "Cosa c'è che mio marito, (rispettivamente, mia moglie) potrebbe fare di più per me che ancora non fa?", uno comincia a chiedersi: "Cosa c'è che potrei fare di più per mio marito (o mia moglie) che ancora non faccio?" |