Omelia (05-11-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Luca 14, 25-33 La parabola della grande cena aveva dimostrato che un gran numero di invitati erano mancati all'appuntamento per ragioni di interessi personali: non avevano saputo sacrificare qualcosa di proprio per fare spazio all'invito ricevuto. Gesù vuole risparmiare alla gente il ripetersi di un simile errore e di un'altra delusione. Egli è in cammino verso Gerusalemme dove l'attende la passione, la morte e la glorificazione. La molta gente che lo segue sa dove sta andando?, e conosce quali sono le condizioni per seguirlo? Chi segue Gesù deve mettere in second'ordine ogni altra persona e cosa. La parola "odiare" va intesa nel senso di amare meno, posporre, mettere al secondo posto. Matteo presenta queste stesse parole di Gesù in una forma molto più comprensibile per noi: "Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me" (Mt 10,37). Nessuno deve illudersi che la salvezza sia a buon mercato. Come è stata cara per lui (1Cor 6,20; 7,23; 1Pt 1,18-19), così lo sarà anche per chi lo segue. Per seguire Gesù occorre sacrificare qualsiasi legame, anche quello familiare, ed essere pronti anche a morire. Dopo l'esperienza di Gesù, la croce era diventata il simbolo delle sofferenze sopportate per il regno di Dio. Umanamente parlando, la croce non è un bene, non piace né a Dio né agli uomini, ma è un mezzo indispensabile per non dispiacere a Dio e per piacere agli uomini. Le due parabole della costruzione di una torre e della partenza di un re per la guerra sono la spiegazione di ciò che precede. Esse ci insegnano che prima di prendere delle decisioni bisogna riflettere, perché è meglio non intraprendere un'impresa, piuttosto che affrontarla con mezzi inadeguati e fallire lo scopo. Farsi discepolo di Gesù è una scelta seria che coinvolge tutta la vita. Con questa presa di posizione Gesù voleva anche impedire che si unissero a lui degli esaltati, che di fronte a delle scelte di fede e di amore, subito si stancano e rimettono continuamente in discussione ciò che non è discutibile, come leggiamo nel vangelo di Giovanni: "Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: 'Questo linguaggio è duro: chi può intenderlo?'. Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: 'Questo vi scandalizza?... Gesù infatti sapeva fin dall'inizio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che l'avrebbe tradito'... Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui" (Gv 6, 60-66). Il discepolo di Gesù deve mettere in second'ordine le persone care, la propria vita, il proprio onore: a maggior ragione le cose che possiede! I beni terreni tiranneggiano l'uomo e assediano i suoi pensieri e la sua vita. Gesù ha detto: "Non potete servire Dio e mammona" (Lc 16,13). E' la sintesi del discorso. L'unica ricchezza del discepolo è la sua povertà. L'unica sua forza è la sua debolezza (2Cor 12,10). La povertà è il volto concreto dell'amore: chi ama dà tutto se stesso. |