Omelia (21-09-2006)
mons. Vincenzo Paglia


Matteo, l'autore del Vangelo che stiamo seguendo, era un esattore delle tasse. Come tale apparteneva alla odiata classe dei pubblicani, ritenuti imbroglioni e sfruttatori della gente. In aggiunta erano considerati anche impuri, perché si sporcavano le mani con loschi affari pecuniari. Insomma, accomunati agli scomunicati, ai ladri e agli strozzini, erano da evitare. Gesù, quando lo vede, invece di scansarlo passando oltre si ferma, lo chiama e lo invita a seguirlo. Per Gesù nessun uomo, nessuna donna, qualunque sia la condizione, fosse malfamata come quella di Matteo, è estraneo alla chiamata evangelica. Quel che conta è accogliere nel proprio cuore l'invito di Gesù a seguirlo. Matteo l'accolse e iniziò a seguire Gesù. E fu un inizio con una festa: Matteo invitò i suoi amici pubblicani e peccatori per un pranzo. Da quel momento non siede più al solito banco per raccogliere le tasse; Matteo chiama i peccatori attorno a Gesù per fare festa con lui. Il mondo non comprende più questo suo nuovo di comportarsi, ma è proprio questa la novità del Vangelo: tutti possono essere toccati nel cuore e cambiare vita, soprattutto i peccatori. E Gesù lo chiarisce subito: "Non hanno bisogno del medico i sani, ma i malati" perché sta scritto: "Misericordia voglio e non sacrificio". Matteo, da peccatore che era, diviene un esempio di come si segue il Signore. Anzi, ancor di più, con il Vangelo che porta il suo nome è divenuto guida di tanti. Anche noi, oggi, poveramente seguiamo questo antico pubblicano e peccatore che ci conduce verso la conoscenza e l'amore del Signore Gesù. Il pubblicano è diventato discepolo e guida.