Omelia (12-09-2006)
Monaci Benedettini Silvestrini
La notte della preghiera e il giorno della chiamata

«In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli». In un bel inno di lode un salmista così cantava al Signore: «La notte è chiara come il giorno; per te le tenebre sono come luce». È la forza della preghiera che squarcia le tenebre e le illumina della divina presenta. È suggestiva la visione che l'evangelista ci offre: mentre le tenebre avvolgono il mondo, lassù sul monte, cielo e terra si fondono nella intensa comunione trinitaria e colui che potrà dire di essere la luce vera che illumina ogni uomo, rischiara il buio del mondo e illumina i cuori degli uomini. Quando infatti poi radioso splenderà il mattino, la voce di Cristo comincia a chiamare, a scandire nomi, a lanciare messaggi, il cui eco non smette ancora di farsi sentire nei cuori dei giovani come chiamata, come predilezione, come invio... in forza di quella luminosa notte di preghiera e di quel giorno pieno di Luce, ancora oggi, dopo i dodici, tanti e tanti ascoltano quella stessa voce e rimangono affascinati da quella luce. È poi normale che anche la voce di poveri pescatori risuoni in tutto il mondo; è normale che scesi a valle, si trovino folle in attesa, con la brama della verità e l'urgenza della forza sanante del Cristo. Possiamo dire che già in quel mattino pieno di sole e di luce divina, nasceva la chiesa, nascevano i suoi ministri, si prendeva coscienza della forza divina, soprannaturale che emanava da Cristo e stava per essere data in eredità ai suoi: «Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti». Sì, ora ci è dato di toccarlo, lo prendiamo nelle nostre mani, ci viene dato ancora vivo dai suoi; ha la stessa forza di allora di sanare tutti se lo accogliamo con fede. Egli ci attende all'appuntamento domenicale alla sua mensa!