Omelia (13-09-2006) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Commento su 1Cor 7,3 Dalla Parola del giorno Passa la scena di questo mondo. Come vivere questa Parola? Lo sappiamo, ma preferiamo ignorarlo o rimandarne la considerazione a più tardi, quando si saranno sbrogliate tutte le altre "urgenze". Certo, con questa frase Paolo non intendeva incoraggiare il disimpegno. In altri passi delle sue lettere dice infatti tutt'altro. Basta ricordare la famosa asserzione: "Chi non lavora neppure mangi!" o il richiamo alla sua operosità instancabile. Ma è quanto va sotto il nome di "urgenza" che deve essere rivisitato alla luce di ciò che non conosce la fugacità del tempo e ciò che invece, prima o poi, verrà risucchiato nel nulla. Il nostro passaggio su questa terra è come una comparsa sullo scenario della storia. Ci si affanna dietro un'immagine che non è la realtà profonda del nostro essere. Noi siamo "amore" perché veniamo dall'Amore e Amore è scritto al capolinea della nostra vicenda umana. Tutto il resto è inutile appannaggio. Quando "calerà la tenda" e si spegneranno le luci della ribalta, dovremo deporre i costumi indossati, abbandonare il "personag-gio" per rientrare nella "verità" di ciò che siamo, o meglio, dell'"io" che abbiamo costruito con i piccoli o grandi "sì" seminati nell'arco dell'esistenza. E allora scopriremo con gioia che anche ciò che "passa", trasfigurato dall'amore con cui l'abbiamo assunto, rimane incastonato nell'orizzonte dell'eternità. Sì: io sono e sarò per sempre l'amore che ho donato. Oggi, nella mia pausa contemplativa, proverò a fissare lo sguardo oltre il tempo. Quanto e che cosa di ciò che mi assorbe oggi resterà? Dio, Tu sei Amore, ed io un piccolo raggio di questa tua luminosa realtà. Fa' che questa consapevolezza riscatti ogni mio gesto, ogni mia parola, ogni mio impegno dalla sua precarietà, trasfigurandolo in amore. La parola di un testimone dei nostri giorni Solo l'amore ci mostra la non assurdità della vita. Abbé Pierre |