Omelia (17-09-2006) |
Omelie.org - autori vari |
Salvare la propria vita e' perderla per Cristo * Un'altra estate è terminata. Questo periodo ha segnato per tutti, in modo diverso, uno "stacco". Abbiamo vissuto esperienze diverse, abbiamo forse visitato luoghi nuovi, abbiamo scoperto un altro po' di mondo e di umanità. Eppure, tra tanti viaggi possibili, ce n'è uno che rimane insuperabile: il viaggio verso la conoscenza di Dio. Quando ci sembra di essere arrivati a conoscerlo, scopriamo che lì si apre un nuovo cammino, una nuova scoperta, fatta di domande, di ricerche, di dubbi, di certezze. Anche il vangelo di Marco ci fa camminare. E oggi ci fa giungere ad una tappa centrale, con la domanda sempre antica e sempre nuova: "Chi è Gesù?" * Dopo la guarigione del sordomuto pagano, raccontata domenica scorsa, Gesù aveva compiuto una seconda moltiplicazione dei pani, per quattromila persone. E, mentre i farisei discutevano sul Messia, i discepoli con Gesù erano saliti sulla barca, ma dimenticando di prendere i pani, se non uno solo. Questa dimenticanza offre a Gesù l'occasione per aiutare i suoi a fare un salto di qualità. I discepoli infatti non possono ragionare come i farisei e come Erode - devono invece guardarsi da quel lievito -, ma devono aprire gli occhi e gli orecchi, per comprendere, al di là del pane mangiato e avanzato, che c'è un unico pane vero, Gesù stesso. A Betsaida Gesù dà un ulteriore segno. Apre gli occhi del cieco, agendo due volte su di lui. Oggi a Cesarea apre gli orecchi dei discepoli, per aprire poi anche a noi gli occhi della fede. * La prima domanda è molto generale – oggi la chiameremmo un sondaggio di opinione –: "Chi dice la gente che io sia?". E le risposte sono varie... La seconda tocca il cuore di ciascuno, non possiamo sfuggire...: "Voi chi dite che io sia?". È come un "giro di vite", un momento di svolta per i discepoli... e per noi. Il cuore indurito si deve sciogliere. Non possiamo rimanere sul vago. Dobbiamo scegliere. Il cuore di Pietro viene riempito dallo Spirito che gli fa dire: "Tu sei il Cristo", il Messia, Colui che attendevamo. È un momento forte per il gruppo dei Dodici. Un momento di intimità che non può essere ancora rivelato alla folla; un momento di grande gioia per Gesù: è finalmente riconosciuto pubblicamente come il Messia. Dopo aver aperto le orecchie e la bocca del pagano e gli occhi del cieco, Pietro - e con lui gli altri undici - capisce che le sue orecchie sono aperte ad una Parola che viene da Dio; la sua bocca può professare la vera fede; gli occhi finalmente vedono il volto di Dio. In questo contesto di entusiasmo generale Gesù pensa bene di procedere oltre, indicando il cammino che lo attende. Ma è proprio a questo punto che i discepoli hanno un primo e nuovo ostacolo: il cammino di Gesù d'ora in poi sarà caratterizzato dalla passione e dalla croce. * Il Messia atteso è il Servo di Jhwh. Per questo la prima lettura, dal libro di Isaia, ci presenta il terzo dei quattro "carmi del servo". Il Messia non è un liberatore armato, un condottiero, ma uno che prenderà su di sé le sofferenze dell'uomo. Com'è possibile? Perché il Signore deve passare attraverso la via della croce? Quante volte anche noi vorremmo accogliere un Vangelo in cui non si parli di croce! E quante volte Pietro ci fa di nuovo da portavoce, quando in disparte - proprio come Gesù aveva chiamato il sordomuto – pretendiamo di piegare Dio alla nostra volontà e non noi alla sua. Perché, Gesù, devi soffrire? Perché noi dobbiamo soffrire? Che senso ha la mia vita? * La risposta di Gesù a Pietro è uno sguardo rivolto a tutti noi: è uno sguardo misto di misericordia e di rimprovero. Pietro si sente chiamato in causa davanti a tutti - non più in disparte - e accoglie da Gesù la famosa frase: "Lungi da me, Satana", che andrebbe meglio tradotta con "torna dietro a me, riprendi a seguirmi, non a starmi davanti, altrimenti ti comporti come Satana, che vuole intralciare il cammino di Dio". L'invito rivolto a ciascuno di noi è in questa rinnovata sequela del Maestro, nonostante la nostra difficoltà a capire. La sequela di Gesù consiste nel rinnegamento di sé, nel pensare che la nostra vita ha senso e significato profondo solo se ci affidiamo totalmente a Lui. Essere dietro a Lui, non davanti. EsserGli dietro, con la certezza di avere una guida sicura, che non ci potrà mai deludere. In questo cammino abbiamo un bagaglio, la croce, pesante se restiamo fermi e la appoggiamo; leggera se camminiamo seguendo Cristo; gravosa se ce ne sentiamo ingiustamente schiacciati da una volontà crudele; soave se vediamo in quella croce non un peso ma un sostegno, un invito a sollevarci da terra per guardare con Gesù alle cose di lassù. Guardiamo oggi alle persone che, nella difficoltà della sofferenza fisica o morale, ci insegnano a portare la croce con Gesù, insegnandoci che, per guadagnare la vera Vita, è necessario "perdersi" per il Signore e per il Vangelo. * Il tema della fede è ripreso anche dalla lettera di Giacomo, in un testo fondamentale per la vita cristiana. La fede senza le opere è morta. Come domenica scorsa, anche oggi viene proposto un esempio molto concreto: ci sono fratelli che non hanno né vestiti né cibo. Non possiamo accontentarci di dire loro una buona parola. Come comunità siamo chiamati anche a dare loro qualcosa, a donare un aiuto vero, concreto. Se non si esprime nelle opere la fede diventa pura conoscenza intellettuale, inutile, che Giacomo paragonerà, subito dopo, alla fede dei demoni. Ritorna allora il messaggio che ci è stato dato nel vangelo: la professione di fede di Pietro acquista il suo valore solo quando capiremo che è necessario portare la croce con Cristo, facendosi carico dei pesi degli altri, soprattutto dei più poveri. Lasciamoci pervadere corpo e anima dalla potenza del sacramento dell'Eucarestia, perché in noi prevalga fortemente l'azione dello Spirito Santo, e non il nostro sentimento. Commento a cura di don Paolo Ricciardi |