Omelia (17-09-2006)
mons. Antonio Riboldi
Una domanda inquietante

Viviamo uno accanto all'altro: forse sappiamo tutto delle abitudini o dei difetti (poco delle virtù) di tanti, ma difficilmente conosciamo la verità della persona che incontriamo o che ci sta accanto. Quando non costruiamo una immagine che non solo non corrisponde a chi veramente è, ma addirittura è solo l'idea che ci siamo fatti, nel bene e nel male.
Quante volte abbiamo dovuto ricrederci, accostando da vicino una persona e conoscendone l'animo!
Capita a volte che due si incontrano, dicono di amarsi, si sposano e dopo. poco tempo, qualcuno rimane deluso da chi condivide da sempre la vita nel matrimonio, ed esclama: "Se ti avessi conosciuto prima!" Non è forse, viene da obbiettare, il tempo del fidanzamento, tempo prezioso non solo per approfondire la vocazione del sacramento del matrimonio, ma anche per conoscersi fino in fondo, sapendo che la conoscenza è la grande via dell'amore?
Gesù nell'ultima cena, la cena eucaristica, in cui effuse tutto il suo indicibile amore di Figlio di Dio, un amore che ci accompagna per l'eternità, ad un certo punto disse: "Amatevi come io vi ho amati... Non vi chiamo più servi ma amici perché vi ho fatto conoscere il Padre". Tutto questo per introdurre il Vangelo di oggi.
"Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo: e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: Chi dice la gente che io sia? Ed essi gli risposero: Giovanni il Battista, altri Elìa e altri uno dei profeti. Ma egli replicò: E voi chi dite che io sia? Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo. E impose severamente loro di non parlare di lui a nessuno... Poi, sorprendendo i suoi, che forse si erano fatti chissà quale idea su Gesù, cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, per venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare".
Gesù faceva questo discorso apertamente (come a smontare idee totalmente errate sulla Sua presenza tra di noi). "Allora Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma Gesù voltatosi e, guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini".
Deve essere rimasto molto male, Pietro, per un così pesante rimprovero. E se Gesù dovesse oggi chiedere a me, a voi: "Chi sono io per te?" Quale sarebbe la risposta che daremmo? Non e facile entrare nella meravigliosa conoscenza di Gesù: quella conoscenza profonda che costruiva i santi di tutti i tempi ed era la loro infinita gioia. Ieri e oggi e sempre.
Facciamoci prendere per mano dalle parole di quel grande conoscitore di Gesù che era Paolo VI, che così risponde alla domanda di Gesù "E voi chi dite che io sia?".
"Rispondiamo, Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo. Questa affermazione è il fulcro della rivelazione e del cattolicesimo. Ha una importanza somma. Riguarda la questione della nostra conoscenza di Dio e della nostra relazione con Lui; è la base della questione religiosa. Riguarda la nostra concezione dell'uomo: interessa direttamente i destini della vita. Riguarda ancora, di conseguenza, il modo di definire i rapporti tra gli uomini; riforma la storia. Riguarda ancora il valore da dare alle cose: pervade il campo economico, la visione artistica, lo sforzo pedagogico. Diventa la sapienza del mondo, l'entusiasmo delle anime. E' l'affermazione che obbliga il mondo, ogni coscienza, a prendere una posizione spirituale e morale decisiva sul significato e valore della propria esistenza. Ha cominciato a svegliare e mettere in moto dei poveri pastori nel primo momento in cui la Sua presenza è stata annunciata alla terra. Non lascerà più indifferente alcuna generazione e alcuna manifestazione di vita. Sarà l'insonnia del mondo. Sarà l'aspirazione somma della spiritualità. Sarà la forza che consola, che guarisce, che nobilita l'uomo: la sua nascita, il suo amore, il suo dolore, la sua morte. Sarà il dramma della salute e della rovina, della verità e dell'errore, del bene e del male. Sarà la vocazione del mondo all'unità e all'amore, sarà la costante energia a perseverare in ogni secolo e in ogni circostanza, nella ricerca del bene e della pace: sarà lo spirito di pietà, di intelligenza, di santità e di forza, che solleverà a grandezza e pienezza le anime migliori di questa misera terra. E' una affermazione troppo importante, per rimanere ignavi, superficiali, insinceri, frettolosi dinanzi ad essa.
Bisogna considerarla con l'umiltà, la vigilanza e la purezza di cuore di chi, riconoscendo la verità, è disposto a consacrarle a vita" (dalle omelie di Paolo VI).
Alla luce di queste meravigliose considerazioni, quale è la nostra conoscenza di Gesù? Cosa rappresenta nella nostra vita, nelle nostre scelte vocazionali, in tutto insomma?
C'è chi passa una vita intera alla sua ricerca, e più si accosta a Lui, gli fa strada, più viene avvolto da una meravigliosa luce interiore che davvero è il solo volto di Dio impresso nell'anima di ogni uomo e che troppe volte è ignorato.
Quanto fa male constatare che per troppi Gesù conta poco o niente per la vita! Come se Lui non fosse vicino a noi, non fosse la vera felicità, che cerchiamo altrove in ciò che nulla ha a che vedere con la vera gioia che è Gesù.
Voglio citare quanto ha detto quella "martire del nostro tempo" che è stata Annalisa Tonelli, uccisa in Africa, dove si era recata per condividere la sua vita con "gli ultimi del mondo". "Lasciai l'Italia dopo anni di servizio ai poveri della mia città. Trentatré anni dopo grido il Vangelo con la mia vita e brucio dal desiderio di continuarlo a gridare così sino alla fine. Questa è la passione di fondo, insieme a una passione invincibile per le creature ferite e minorate senza colpa, al di là della razza, della cultura e della fede. Voglio e volevo seguire solo Cristo. Quando mi decisi a partire per l'Africa, tutto mi era contro. Ero giovane e, dunque, non degna di ascolto e di rispetto. Ero bianca e dunque disprezzata dagli indigeni di altro colore... Ero cristiana e dunque rifiutata e temuta. Poi non ero sposata, un assurdo in quel mondo in cui il celibato non esiste e non è un valore per nessuno. Ma io, ripeto, volevo seguire solo Gesù e nulla mi interessava fuori di Lui".
Parole di una testimone di Gesù, che davvero scuotono la nostra freddezza, che non sa cosa sia la passione che suscita l'amore di Dio, quando ci facciamo prendere la mano da Lui e ci lasciamo condurre passo dopo passo alla visione della grandezza del Suo amore.
E' vero che l'amore è sempre esigente, quando per amore intendiamo un donarci senza riserve o limiti, fino al martirio. Ma l'amore è la sola gioia per l'uomo...se entra in questa luce.
Gesù, come a togliere ogni speranza ai discepoli, ieri e oggi, che Lui non è il figlio dell'uomo che ci voleva per fare giustizia in questo mondo e assicurare quasi un benessere qui, togliendo sofferenze o altro, dopo avere aspramente ripreso Pietro, con quelle dure parole: "Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini"... "convocata la folla insieme ai suoi discepoli disse loro: "Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà: ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà" (Mt 8,27-35).
Deve davvero avere sorpreso i suoi e la folla questa regola del seguire Gesù. Apparentemente dura, ma è la regola di chi sceglie di amare Cristo o anche i fratelli.
Gesù stesso, l'amore infinito per noi, questa regola del dono totale di sé, per amarci, l'ha vissuta fino al totale dono di Sé sulla croce. E leggendo la vita di quanti ieri e oggi seguono Gesù, troviamo che questo è quanto hanno fatto e fanno...fino a chiedere di sacrificarsi per Lui, trovando in questo la vera espressione dell'amare.
E che amare voglia dire "dare la vita" a chi si ama, lo possiamo vedere tutti i giorni in tanti ammalati che accolgono la sofferenza come "compiere ciò che manca alla passione di Gesù". In questo caso "rinnegare e sacrificare" non è certamente masochismo, ma è gioia, la gioia di "essere candela che si consuma per essere luce e quindi ricevere luce".
In questo spirito comprendiamo la grandezza del sacrificio quando è amore. Come quello di Maria che sul Calvario "stette", come a riempirsi dei dolori del Figlio. Proprio vero che amore e dolore stanno insieme come due fratelli inseparabili. L'uno non ha valore senza l'altro: ma l'uno con l'altro spiega il Paradiso.
"Di null'altro - scrive Paolo ai Galati, questo innamorato di Gesù, che affermava che per lui "vivere è Cristo" - di null'altro, ripeto, mi glorio se non della croce di Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso e io per il mondo" (Gal. 6,14).