Omelia (14-09-2006) |
padre Gian Franco Scarpitta |
14 Settembre: Esaltazione del Crocifisso E' meglio innanzitutto che precisiamo il senso reale di questa liturgia. Essa non vuole affatto invitarci a rivolgere l'attenzione su uno strumento ligneo, sia pure grandioso e monumentale, che è stato causa di sangue umano; la croce in se stessa non ha infatti importanza alcuna e sarebbe a dir poco assurdo solennizzare uno strumento di supplizio. Piuttosto, siamo invitati oggi ad una considerazione: Dio, nonostante la sua grandezza, opera delle scelte di umiliazione e di abbassamento, annichilisce se stesso riducendosi a nulla nella condizione di uomo. Incarnandosi in Gesù Cristo egli non perde la divinità, ma vuole rinunciare alla gloria e alla grandezza, ragion per cui è un Dio che si perde nei meandri delle ristrettezze e delle meschinità umane. Ratzinger afferma: "Non venire coartati dalle cose più grandi, ma lasciarsi racchiudere dalle più piccole è una peculiarità divina." Si tratta infatti di un Dio che raggiunge fino in fondo la piccolezza e la debolezza dell'uomo ponendosi nei suoi confronti come il più piccolo dei servi anche nelle mansioni più elementari ed insignificanti. Questi concetti sono espressi da Paolo mentre si rivolge ai Filippesi (2, 1-6); che conclude con una affermazione: "Facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce." La propria autoconsegna ai carnefici che lo appenderanno alla croce è l'espressione massima di questo annichilimento e della sottomissione di Cristo non soltanto alla volontà del Padre ma anche alla stessa cattiveria dell'uomo che Egli intende riscattare; è l'apice e per alcuni anche il paradosso di come Dio possa spendere la propria divinità affidandola ad un palo di tortura nelle membra carnali umane. Ma la scelta della croce è anche l'emblema della certezza dell'amore spassionato sincero di Dio nei confronti dell'umanità, poiché in questo strumento egli paga il prezzo di riscatto delle nostre colpe, per il quale noi possiamo considerarci salvati. Più che di esaltazione della croce si dovrebbe parlare di esaltazione del Crocifisso. La croce è infatti una tappa necessaria perché Dio nel suo Figlio possa mettere in atto il proprio amore salvifico. Non è la parola definitiva, giacché ad essa subentrerà la resurrezione per la vita, ma la sofferenza nel patibolo esprime inesorabilmente il dono di Dio per l'umanità. La croce, questa intesa come la scelta convinta e radicata di Dio per l'uomo, assume anche connotati di irrazionalità per quanti non credono. Sempre Paolo, questa volta ai Corinzi, afferma: "Mentre i Giudei chiedono miracoli e i pagani cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei stoltezza per i pagani, ma per coloro che Dio ha chiamati, Giudei o pagani, Cristo è sapienza e potenza di Dio..." (! Cor 1, 22-24); per l'apostolo Dio elegge quanto noi abbiamo sempre considerato f pazzia per esaltare se stesso e per elevare anche noi, ma è appunto in ciò che gli uomini ritengono stolto e inspiegabile che il Dio della vita sceglie di manifestare la sua potenza: piuttosto che intervenire attraverso procedimenti sconvolgenti Egli si rende solidale con l'umanità tutta e in particolar modo con quella più stolta, precaria e meschina. Appunto un Dio che si rende servo per amore dell'uomo fino alla pazzia. Tuttavia, come Mosè innalzò il serpente nel deserto (I lettura) per salvare gli Israeliti dai meritati morsi dei serpenti; così adesso il Figlio Gesù Cristo sarà innalzato dopo la croce: risusciterà e ascenderà al cielo per essere sempre con noi una volta vittorioso sulla morte e sul peccato. A noi è data la certezza che se saremo capaci di crocifiggerci con Cristo, con lui saremo anche destinati a risorgere e pertanto ci viene dato l'invito a non rigettare di crocifiggerci quando ce lo richiedano gli ambiti della nostra vita, ma ad accogliere la croce come una grande opportunità per la nostra fortificazione ed esaltazione. Nell'affrontare le vicissitudini negative di ogni giorno e nel subire i torti e le ingiustizie e le cattiverie di ogni sorta, ci è di consolazione rivolgere lo sguardo verso Colui che è stato trafitto e ripensare a quanto Egli ha sofferto in materia di persecuzione, per comprendere che come Lui anche noi siamo destinati a ricevere il giusto compenso in questa vita e la remunerazione eterna al termine del nostro itinerario terreno. |