Omelia (16-11-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Marco 13, 24-32 Questo brano potrebbe essere intitolato "un canto di speranza". La persecuzione verso i discepoli e la rovina di Gerusalemme hanno disperso i cristiani, ma la venuta del Signore li riunirà, non per il giudizio, ma per l'incontro definitivo nella gioia della salvezza. La dispersione ha reso possibile la testimonianza e l'annuncio del vangelo a tutte le nazioni (Mc 13,10); il raduno "dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo" (v.27) segnerà la piena realizzazione del regno di Dio. La descrizione dell'avvenimento è grandiosa. Il suo scopo è di dare, attraverso alcune immagini impressionanti tolte dall'Antico Testamento, l'idea del trionfo totale e definitivo. Come all'uscita di Israele dall'Egitto, il mare vide e fuggì e le montagne saltellarono come arieti davanti al Dio di Giacobbe (Sal 114), così avverrà al definitivo ritorno del Signore: sarà un avvenimento che scuoterà l'universo intero. Il sole, la luna, le stelle e tutte le forze del cielo saranno sconvolte, perché sulle nubi del cielo apparirà, pieno di potenza e gloria, il Figlio dell'uomo. A questo incontro con lui tutta la storia è condotta dalla mano sapiente e paziente di Dio. La creazione è in cammino verso la rivelazione del Figlio dell'uomo, nel quale ogni uomo è figlio in comunione con il Padre. La fine del mondo non è il cadere di tutto nel nulla, ma il compiersi di ogni speranza, al di là e al di sopra di ogni attesa, in una pienezza che non riusciamo a immaginare. La creazione tende con tutte le sue energie verso di lui, nel quale, per mezzo del quale, e in vista del quale tutto è stato fatto (Col 1,15-16). Egli infatti è la vita di tutto ciò che esiste. La fine del mondo non è qualcosa di tremendo. E' l'incontro della sposa, la comunità dei salvati, che nello Spirito grida: "Vieni!", e lo Sposo che risponde: "Sì, verrò presto!" (cfr Ap 22,17-20).Le parole di Gesù, che leggiamo nel vangelo di oggi, presentano il quadro finale della vicenda cosmica. Al centro sta la venuta del Figlio dell'uomo (v. 26), che segna la fine del mondo vecchio con il suo male (vv.24-25) e l'inizio del mondo nuovo in comunione con lui (v.27). La venuta gloriosa del Signore e il suo giudizio hanno un passato, quello della croce, dove tutto è compiuto (cfr Gv 19,30); un presente, nel quale viviamo la nostra imitazione di Cristo; e un futuro, quando sarà compiuto tutto ciò che è già avvenuto in Gesù e sta avvenendo in noi. La storia è sotto il segno della croce, gloria di Dio che si manifesta in pienezza. Il braccio potente, con cui Dio ha vinto il male, sono le braccia misericordiose del Figlio inchiodate alla croce e allargate a tutti gli uomini. Il giudice del mondo è colui che muore in croce per noi peccatori. Quindi il suo giudizio è questo: lui, che è giusto, porta su di sé il nostro peccato e giustifica tutti gli ingiusti che si riconoscono tali e accettano la sua grazia. Il giudizio di Dio è il suo amore che salva. Egli ci giudica solo dopo aver perdonato tutti i nostri peccati. Il tragico presente non è quindi senza speranza. Esso è quel necessario travaglio da cui deve nascere il mondo nuovo e definitivo. Per il cristiano non c'è spazio per il pessimismo: sa che può sperare e che la sua speranza non andrà delusa. Ma quando verrà il Signore più precisamente? Lo sa solo il Padre. Gesù non l'ha rivelato a nessuno, perché il Padre non gli ha dato questo incarico. Il giorno e l'ora della fine della nostra vita e del mondo sono certi e determinati per Dio e sconosciuti per noi. Così Dio ha stabilito saggiamente per il nostro bene. Infatti, se sapessimo il giorno e l'ora di questi avvenimenti, cadremmo in un terrore paralizzante e in un'attesa alienante. Se Gesù non ci ha rivelato la fine della nostra vita è perché non ci serviva e ci avrebbe guastato totalmente l'esistenza. Tutta la storia ormai non è altro che il tempo della pazienza di Dio. "Davanti al Signore un giorno è come mille anni, e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell'adempiere la sua promessa, come certuni credono. Ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (2Pt 3,8-9). Infatti Dio, nostro salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati (cfr 1Tm 2,4) e che la sua casa sia piena (Lc 14,23). |