Omelia (24-09-2006) |
don Marco Pratesi |
Il più grande Dopo la professione di fede di Pietro a Cesarea e l'episodio della trasfigurazione, Gesù si orienta decisamente verso Gerusalemme, dove la sua missione deve concludersi drammaticamente, e si dedica soprattutto al gruppo dei suoi discepoli, che a quell'epilogo deve essere preparato. Parla quindi della sua prossima passione una seconda volta (la prima predizione ha avuto luogo dopo la professione di fede di Cesarea): il figlio dell'uomo è consegnato - da Dio - nelle mani degli uomini, che lo uccideranno; ma poi risusciterà. La passione è presentata come un "essere consegnato". Gesù si troverà dato in potere dei suoi nemici; a questo estremo arriverà, nel misterioso piano del Padre, il suo servizio. La reazione dei discepoli è duplice: da un lato incomprensione, dall'altro paura. Essi non comprendono ancora il senso della missione di Cristo, e lo dimostrano subito, mettendosi a discutere - tra di loro, senza coinvolgere Gesù - lungo il cammino su chi sia il più grande. Gesù però non accetta di starne fuori, vuole raggiungerli anche in questo problema. L'incomprensione certo gli fa male, lo rattrista, ma ancora una volta scende, si abbassa, si mette al loro livello, come con dei bambini, e parla con loro. Sono però essi che tacciono, che fanno resistenza ad esprimersi. Un silenzio carico di chissà quali risonanze in ciascuno di loro, che comunque esprime e prende atto di una incomunicabilità profonda tra discepoli e maestro: che cosa può esserci da dire? Le rispettive posizioni sono opposte. Una nuova ferita per Gesù, questo silenzio; ma ancora egli prende l'iniziativa e supera la distanza. Certo, non per addolcire la sua posizione. Non fa sconti: il più grande è chi serve, il resto non è vera grandezza, punto. Così, in quello stesso momento egli realizza quanto insegna loro: li accoglie, proprio come quel bambino che mette in mezzo come segno per tutti. Accogliere chi non conta, chi non ha nulla da darti, questa è vera grandezza. Una bella lezione, per loro e per noi. Anche ora Gesù ci accoglie nella nostra distanza da lui, nell'incapacità di seguirlo, di parlare non fra di noi ma con lui; di aprirci a lui, di scegliere il posto di colui che serve insieme a lui. Ancora si china su di noi, ci accoglie, ci illumina, ci chiama: "tu vuoi essere il primo, lo so... allora sii l'ultimo". Non come rifiuto della vita, ma come modo per fare concretamente l'esperienza della comunione con il Figlio e, attraverso di lui, col Padre. All'offertorio: Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci renda capaci di prendere insieme a Gesù il posto di chi serve, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente. Al Padre Nostro: Preghiamo il Padre che ci liberi dalla tentazione di cercare i primi posti e la grandezza umana: |