Omelia (08-10-2006) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Indissolubile per sua stessa natura Tematica molto spinosa quella che ci viene proposta oggi, proprio mentre assistiamo al verificarsi di numerose scissioni di matrimoni a volte con disastrose conseguenze in seno alla famiglia; a mio avviso per il fatto che non sempre si valuta a attentamente la scelta matrimoniale in partenza; che durante il fidanzamento, questo inteso come promessa vacua di matrimonio, si confonde molto nell'esperienza della coppia l'amore con l'innamoramento e peggio ancora l'amore reale, sincero e fondato con la mera passionalità. Si esclude che amarsi fra uomo e donna vuol dire accogliersi, accettarsi reciprocamente l'un l'altro nel bene e nel male essendo disposti ad accettare anche i difetti e le mancanze l'uno dell'altra, cercando di affrontare serenamente e nella schiettezza reciproca eventuali nei o devianze che potrebbero minacciare la nostra unione o la concordia fra di noi. Eventuali atteggiamenti o caratterizzazioni che ci condizionano o che anche lontanamente leniscono la tranquillità del nostro fidanzamento, vanno superate o rimosse con cura, attraverso il dialogo franco, spontaneo e sincero fra di noi, senza che io tema le tue reazioni quando ti riscontri questo o quel difetto o quando debba rimproverarti qualcosa che in te mi condiziona e non mi lascia libero/a. Questo affinché qualsiasi ostacolo alla nostra convivenza possa essere scongiurato in partenza e perché siamo capaci di guardare con coraggio e risoluzione la realtà effettiva l'uno dell'altra, senza meschini e vani nascondimenti. Se riusciremo ad accettarci anche nei nostri limiti e defezioni, allora vi sarà certamente compatibilità di carattere e potremo fare il passo definitivo. Altrimenti dovremo avere il coraggio della scelta radicale del no, forse molto sofferta sul momento ma indubbiamente necessaria. L'amore è insomma sincerità e accettazione reciproca che sono alla base della reciproca donazione di se stessi per la quale si è disposti a sacrificarsi e a immolarsi l'uno per l'altro; ulteriore caratteristica della sponsalità è infatti la capacità di sapersi donare all'altro in pienezza essendo disposti al bene della persona amata anche quando questo debba comportare rischi, pericoli o rinunce. Potrà sempre succedere che nel corso della vita matrimoniale subentrino crisi o situazioni inconciliabili come pure che siamo tentati all'infedeltà e alla repulsione reciproca, ma se il nostro amore sarà stato fondato nella reciproca fiducia e nell'accettazione in tutti i sensi, tali prospettive diventeranno dominabili e saremo davvero capaci di superare le immancabili discordie per tornare al vincolo di unione che ha caratterizzato il nostro amore. Del resto, trasgredire o corrompere un matrimonio per motivi che in fondo risultano sempre essere bazzecole o insulsaggini equivale a distruggere la realtà indissolubile di qualcosa che risponde all'ordine della natura prima ancora che della religione. Infatti, non è solo in relazione alla legge canonica e al diritto divino che viene a giustificarsi e legittimarsi la realtà di fatto che un uomo e una donna possano vivere insieme in quel vincolo che viene definito matrimonio. Esso corrisponde infatti in primo luogo ad un'esigenza naturale della persona umana, da sempre orientata verso l'altro sesso, giacché è innato nella natura umana che si tenda a cercare il proprio completamento verso qualcosa di esterno, diverso da se stessi eppure allo stesso tempo simile e conciliabile. Questo elemento di complementarietà è la donna. Nei suoi confronti è legittimo che ogni uomo avverta attrazione naturale e spontanea procacciando di instaurare con lei un vincolo di unione indissolubile. Del resto è proprio questo che afferma nei dettagli la Prima Lettura odierna, tratta dal Libro della Genesi: non è sufficiente che l'uomo sia circondato da animali di ogni razza e specie, pura vendo il diritto di porre nome a ciascuno di essi (il che vuol dire detenere il dominio); gli elementi cosmici e il complesso di flora e fauna che lo sta circondando sono certamente ottimi doni del creatore tuttavia non realizzano ancora quella volontà intrinseca di unione complementare di cui l'uomo è caratterizzato. Occorre qualcuno che gli sia simile e distinto allo stesso tempo, ugualmente dotato di razionalità e volontà, capace di condividere con lui ogni cosa e soprattutto in grado di poter contribuire a continuare la sua specie: la donna. Il più prezioso e inestimabile fra i doni del creatore che nessuno degli elementi maschi potrà disdegnare. Rispondo immediatamente alla domanda che per implicito, presumibilmente, mi si starà rivolgendo: sì anche per un seminarista destinato alla dimensione celibataria il matrimonio è da considerarsi come elemento formativo, bene prezioso che sarebbe qualificante anche per lui. Chi infatti aspira al sacerdozio non mostra affatto ritrosia e aborrimento verso la vita sponsale; anzi i seminari reputano a volte pericoloso che si opti per il sacerdozio mostrando indifferenza o peggio ancora avversione per il matrimonio, questo considerato invece come un bene apprezzabile, e non disdegnano che il candidato al sacerdozio possa nutrire naturale disposizione verso la vita coniugale. Semplicemente, per uno speciale dono del Signore, il sacerdote sarà in grado di rinunciare a siffatto bene prezioso in vista di una finalità di consacrazione a livello più alto. (Si veda sua questo tema il mio file su Qumran). Legarsi ad una donna è connaturale alla dignità e alla persona umana, quindi il diritto divino e la legge cononica nulla aggiungono al fatto naturale. Piuttosto, Dio approva tale inclinazione dell'uomo e la benedice, e nelle parole di Gesù Cristo consolida il rapporto uomo – donna come vincolo sponsale indissolubile, appunto perché prezioso e in se stesso non avente limiti di tempo e di spazio, quindi indissolubile. Gesù eleva insomma alla dignità di sacramento lo stesso matrimonio valorizzato dalla natura stessa dell'uomo e gli conferisce maggiore dignità e onorificenza: nessuno osi separare ciò che Dio unisce. E qui veniamo al tasto dolens della nostra pastorale matrimoniale. E' lecito il divorzio? Ossia la separazione in vista di un nuovo vincolo matrimoniale? Osserviamo la pagina del Vangelo che ci si propone: chi sta interpellando Gesù si sta avvalendo perfino di una disposizione della stessa Scrittura: poiché Mosè aveva ordinato un atto di ripudio, bisogna che la donna infedele venga dimessa dalla casa del marito. Alcuni dicevano anche solo per un qualsiasi motivo; altri affermavano che ciò fosse lecito solo in caso di speciale ripudio della consorte. In tutti i casi la donna dell'Antico Testamento poteva essere ripudiata. Non tuttavia l'uomo poteva essere lasciato dalla donna; questo la severa legge dell'epoca non lo permetteva. Gesù invece sorprende tutti restituendo alla Scrittura il giusto valore che le va conferito nonché la retta interpretazione: il matrimonio è indissolubile sia da parte dell'uomo sia da parte della donna. Entrambi commettono adulterio quando abbandonino il proprio consorte tentando di infrangere il vincolo di per se indissolubile reso sacro dal Creatore che lo ha benedetto sin dall'inizio dei secoli. Ma come potrebbe essere diversamente, trattandosi di un legame voluto dallo stesso amore di Dio che si palesa nel consenso mutuo, spontaneo e sincero di due vite che si incontrano dopo aver fatto esperienza l'uno dell'altra? Che il matrimonio sia indissolubile lo spiega la natura stessa dell'amore che qualifica l'unione degli sposi davanti a Dio e realizza le attese fondamentali della vita e della famiglia umana. |