Omelia (22-11-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Luca 20, 27-40 La risurrezione non è soltanto un insegnamento di Gesù, è anche un annuncio della Scrittura (v.37). L'affermazione: "Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe" lascia intendere che il mondo dei defunti è un mondo di persone viventi. Il problema della continuità dell'esistenza si è affacciato già nelle ultime pagine dell'Antico Testamento, ma è diventato il messaggio centrale della predicazione cristiana. In Ezechiele 37,13-14 la risurrezione è vista come quell'azione che ci fa riconoscere Dio: "Riconoscerete che io sono il Signore quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò". La fede nella risurrezione portava i giudei a pensare che i morti continuassero nella nuova vita le abitudini della vita terrena. Una tale fede viene colpita e giustamente ridicolizzata dai sadducei. Gesù non condivide il modo di pensare la risurrezione che avevano i giudei. Chi risorge dopo la morte non si sposa e non viene sposato. La vita dei risorti non è la continuazione delle forme delle vita terrena. I risorti non appartengono più a questo mondo terrestre, ma a quello futuro e nuovo. I figli di questo mondo sono soggetti al peccato e alla corruzione, i figli del mondo futuro ricevono la vita nuova e senza fine. Il matrimonio è stabilito per il mondo presente e finisce con il mondo presente. Gli uomini del mondo futuro sono immortali, perché sono uguali agli angeli. Gli angeli nella Scrittura sono chiamati figli di Dio (cfr Gb 1,6; 2,1). I risorti ricevono la filiazione divina (1Gv 3,2; Rm 8,21), la gloria (Rm 8,21) e un corpo "spirituale" ( 1Cor 15, 44). La risurrezione è la nostra nascita piena alla condizione di figli di Dio. Gesù infatti, figlio di Davide secondo la carne, è costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione, mediante la risurrezione dai morti (Rm 1,3-4). Egli è il primo fra molti fratelli, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti (Rm 8,29; Col 1,18). Dio è il Dio dei viventi, perché tutti vivono per lui. Il Dio dei viventi non si circonda di morti: "Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi" perché è il "Signore, amante della vita" (Sap 1,3; 11,26). |