Omelia (01-10-2006) |
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Dio è in tutti La liturgia di questa XXVI Domenica del Tempo Ordinario si apre con una Colletta intensa e universale. Essa chiede a Dio lo Spirito affinché "ogni uomo sia ricco del suo dono". E' una colletta che va interpretata, indubbiamente. Una cosa va subito detta: per il semplice fatto che ogni uomo nasca alla vita, egli è già segnato dall'immagine di Dio. La Colletta, però, parla di 'riccò: ciò, forse, allude ad una pienezza di rivelazione e di compimento, nel cuore dell'uomo, della presenza di Dio. E, allora, essa si trasforma in un grido intenso e sincero a ché, veramente, Dio infonda tutta la pienezza del suo dono nel cuore di ogni uomo. E non potrebbe che essere così, visto che il nostro cuore è così attanagliato a cercare e a desiderare altri riempimenti e non, piuttosto, quelli 'veri, buoni e giusti' delle promesse di Dio. La tentazione è, comunque, sempre alle porte: quella, cioè, di dividere gli uomini in 'amici' o 'nemici' di Dio, 'pieni' o 'vuoti' di Lui. Quasi ad indicare che le strade per raggiungerlo siano per tutti le stesse e monotonamente uguali. La strade per raggiungere Dio sono tante quanti sono gli uomini! Lo Spirito infuso. Nell'AT era forte il bisogno di ascoltare la voce del Signore. Mosè ne era il portavoce ufficiale; gli anziani, per originale partecipazione, solo per poco tempo esercitarono l'ufficio di profeti. Solo due - fuori dalla 'mischia' -, pur non avendo ricevuto l'investitura istituzionale, ma inondati dello Spirito per pura grazia di Dio, profetizzarono 'fuori dall'accampamento'. Cosa vorrà mai dire ciò? Se pensiamo al mistero di Dio, sorge spontanea una constatazione. Dio abita nel cuore di tutti gli uomini, nessuno escluso. Al di là dell'istituzione - sebbene necessaria per ogni autorevole e sicuro riconoscimento -, Dio agisce, è presente, mette la tenda nella vita di tutti e si rivela nel volto di ogni uomo. Ciascuno di noi è profeta, è tempio e voce di Dio. E' segno della sua dolce e soave ricchezza. Non sarà proprio questa verità quella che ci ha consegnato il Concilio Vaticano II quando, grazie alla liturgia battesimale, riconosce ogni uomo quale 'sacerdote, re e profetà? Nessuna 'gelosia' invada il nostro cuore. Ci sentiamo anche noi di dire come Mose: "Magari tutti gli uomini fossero consapevolmente profeti!". Un esempio di comunità? L'evangelista Marco si adopera a costruire una comunità cristiana all'altezza di tale realtà. Gesù sogna una comunità per nulla autoreferenziale o padrona di Dio o circoscritta ad un gruppo di eletti. Descrive, invece, una comunità attenta a tutti, rispettosa e accogliente verso tutti. Non pensa assolutamente a dei discepoli censori del sacro o, ancor più, detentori di Dio. Al contrario, è come se li invitasse a prestare attenzione agli innumerevoli segni della presenza di Dio: la lotta contro il male, la carità generosa e solerte, la piccolezza del cuore e dello stile. Mai meravigliarsi degli stili di Dio. E mai scandalizzare, con la nostra 'scienza', chi ama semplicemente e genuinamente il Signore e gli uomini. Se siamo profondamente convinti che il mistero di Dio è così grande e inafferrabile e che Dio stesso è realmente 'agente' nel cuore di ogni uomo, allora occorre imparare ad essere più contemplativi. Siamo, cioè, invitati a costruire una Chiesa e un mondo, dove ogni uomo merita mille attenzioni e, parimenti, Dio ne merita altrettante o ancor di più. Dio è all'opera negli uomini e nel mondo. Non tace mai. E se non lo ascoltiamo è perché siamo 'allenati' a suoni diversi e confusi, disordinati e chiassosi, senza ritmi e senza armonie. Un atteggiamento simile il Vangelo lo stigmatizza come 'scandalo'... E' scandaloso rinchiudere Dio, quasi fosse una caramella... E' scandaloso non sentirne la voce o non coglierla affatto... E' scandaloso circoscriverlo al 'club degli amici' senza accorgerci che è anche nella stanza del vicino sconosciuto... E' scandaloso conservare di Dio un'immagine stereotipata che non ci permette di coglierlo come mistero libero e liberante... Se provassimo, per un istante, a pensare all'idea di Dio che Gesù di Nazareth ha voluto consegnarci! Quali tesori accumulati. L'apostolo Giacomo alza la voce contro la comunità destinataria della sua lettera. Qualcosa non andava. Molto probabilmente era il rapporto con i beni (ci verrebbe la voglia di dire che la storia è sempre la stessa) e, parimenti, tutte le forme di ingiustizia o di poca solidarietà verso gli altri. Una comunità veramente preoccupante: tesori accumulati, lavoratori defraudati, gozzoviglie e piaceri, giusti condannati ed uccisi. Parafrasando il Vangelo verrebbe da esclamare: "Che scandalo!". Ciò che conta, però, è soprattutto cogliere il messaggio: l'uomo di Dio condivide e non si preoccupa, ansiosamente, solo della propria vita. Il dono ricevuto della vita genera ed esige gratuità, dedizione e generosità. C'è da aver paura del giudizio di Dio? No. Dio vuole salvare gli uomini. Il giudizio verrà solo per 'spronarci' ad entrare nel suo mistero. E qualcuno, qualche mese addietro, il mistero di Dio ce lo ha ricordato: Deus caritas est. E allora amiamo! Siamo solidali! Viviamo guardando e aiutando gli altri! Una vita senza amore è come un immenso cielo senza fiori: c'è solo buio! |