Omelia (05-10-2006) |
Monaci Benedettini Silvestrini |
La vostra pace scendera' su di lui... Oltre la missione dei dodici, Luca riferisce quella dei 72 discepoli. L'annuncio del Regno deve estendersi sino ai confini della terra. Ne segue che l'attività degli apostoli propriamente detti, va integrata da quella dei semplici discepoli, fatti partecipi della grazia dell'apostolato. In questo secondo discorso missionario l'evangelista sottolinea la preghiera come punto di partenza e fondamento di qualsiasi missione. Il Vangelo è forza e opera di Dio. Pregando, gli apostoli esprimono questa consapevolezza e collegano la propria insufficienza, non solo di numero, all'efficacia della grazia divina. Gesù, mandando dinanzi a sé i discepoli nelle città dove stava per recarsi, diceva loro: "La messe è molta, gli operai sono pochi: pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe". Questa preghiera la Chiesa l'ha sempre fatta, ma ciò non significa che il popolo di Dio condivida sempre questa pressante richiesta di "operai della messe", uomini consacrati a Dio e sacerdoti ministeriali. Non sempre il popolo di Dio, nel concreto, desidera fortemente che i suoi figli diventino preti. L'esistenza del missionario è contraddistinta dalla dedizione totale al compito che Cristo gli affida: "Andate, ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi". E' la modalità dell'invio. E' il proseguimento della sua missione. E' l'agnello, il Figlio dell'uomo consegnato nelle mani degli uomini. Oggi non sono settantadue gli inviati, siamo tutti inviati: la Chiesa è missionaria per sua natura. Le doti dell'annunciatore evangelico sono comuni a tutti i cristiani, essi non devono preoccuparsi delle proprie scarpe, della borsa, del denaro. Il loro impegno deve essere la pace da portare ovunque; pace che è segno della presenza di Dio, operante nei suoi operai ben disposti. |