Omelia (06-10-2004) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Commento Luca 11,1-4 Dalla Parola del giorno Quando pregate dite: Padre. Come vivere questa Parola? Per noi cristiani è naturale rivolgerci a Dio con questa parola tanto familiare ed evocativa di un legame vitale ineliminabile. Ci abbiamo fatto l'abitudine così da non gustarne più l'intima dolcezza e l'insondabile significato. Sì, Dio è nostro Padre. Ce lo ha rivelato Gesù. Ma lo è per dono, gratuito dono di un Amore che stentiamo a comprendere e che ci fa esistere. Diciamo "Padre" e crediamo di conoscerlo. Invece, man mano che ci avviciniamo a Lui, l'esperienza che ne facciamo è proprio l'opposta. Più ti immergi in questa realtà, ne sussurri il nome, facendolo emergere dalle profondità del tuo io, più senti che ti sfugge, ti supera, ti avvolge. E la parola ti muore sulle labbra. Ti accorgi che il silenzio si fa pienezza di quel mistero che non riesci ad afferrare. Dio, il cui nome è impronunciabile, come dice la Bibbia, perché nessun termine è adeguato ad esprimerne la realtà. Grandezza che ti trascende, ma senza schiacciarti, anzi che ti avvolge in un abbraccio indescrivibile e fa emergere quel sentimento bellissimo che è il "timor di Dio", cioè quell'insieme di riverenza-amore, percezione della distanza-palpabilità di una Presenza che irresistibilmente ti attrae. Momenti di grazia particolare? Certo! Ma rivelativi di una realtà che permane oltre l'esperienza. In questa "Presenza" noi dimoriamo abitualmente. Ma purtroppo non sempre ci rendiamo presenti ad essa. È come chiudersi ermeticamente in casa dove si è accumulato ogni genere di cose. Presto si farà l'esperienza dell'asfissia. E allora si invocherà l'aria, forse si maledirà pensando che essa si sia ritirata... Ma no, basta spalancare nuovamente le finestre, uscire... Sì, uscire: uscire dal materialismo che ci soffoca, dalle molte paure che ci bloccano, dai bisogni indotti di cui tutti siamo più o meno vittime. Soprattutto immergerci nel silenzio interiore. È necessario trovare il coraggio di ritagliarci "spazi" per noi, riempirli di silenzioso ascolto. Allora percepiremo nuovamente la sua Presenza e ci accorgeremo che da sempre Egli attendeva questo istante. Oggi, nel mio rientro al cuore, mi immergerò nel silenzio. Lentamente sussurrerò quel nome dolcissimo di cui in fondo ho tanta nostalgia. E sarà questa la mia preghiera: Padre! Padre mio! La voce di un mistico certosino Oceano infinito, il cui fondo si allontana a misura che si avanza, la cui ampiezza si estende senza fine. La nostra gloria e la nostra gioia saranno proprio di avere un Padre che ci sorpassa all'infinito. Augustin Guillerand |