Omelia (02-10-2002)
Casa di Preghiera San Biagio FMA


Dalla Parola del giorno
Chi può dire a Dio: che fai?

Come vivere questa Parola?
Tre amici interloquiscono con Giobbe e tentano di risolvere il suo problema esistenziale con un'argomentazione pseudoteologica di questo tipo: "Soffri? È Dio che ti castiga per qualche recondita tua colpa". Ma il protagonista, pur restando nell'eccesso del suo dolore, non accetta questa banalizzazione e riconduce la questione al centro: il mistero di Dio. Egli è il "totalmente Altro" dalle nostre corte vedute, dalle nostre ragioni rinserrate nelle logiche umane così sostanzialmente chiuse al soffio-libertà assoluta di Dio. "Come può un uomo aver ragione davanti a Dio?" si chiede Giobbe. Questo Dio che "trasporta le montagne e non lo sanno, scuote la terra dal suo posto, comanda al sole e alle stelle" è l'Infinitamente Grande ed è l'Infinitamente Amore che salva a prezzo della morte del suo Figlio. Ma bisogna guardarsi dal rivolgersi a Lui con insipienza e bisogna guardarsi dal banalizzarne il mistero con rappresentazioni, parole, canti e altro che ne offuscano lo splendore, l'infinita grandezza.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi lascio "toccare" il cuore da Gesù che nel vangelo odierno dice: "Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli il loro nido, ma il figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Che mistero di spogliazione, di povertà-grandezza infinita d'amore! Ma, proprio per questo, io mi voglio opporre alle banalizzazioni del sacro in questo "ipermercato" che è il mondo d'oggi. No alle critiche su quello che fa Dio, ma no anche alle raffigurazioni superbanali del Sacro Cuore della Madonna, dei Santi in oggettini di plastica, in saponi profumati, perfino in forme di cioccolato. No, Signore, no a tutto ciò che spegne il tuo splendore pur tanto misterioso, la tua infinita grandezza. È a immagine di quella grandezza che il mio stesso spirito è stato creato! Ne avverto tutta la dignità?

La voce di un Padre della Chiesa
O Tu, l'al-di-là di tutto, come chiamarti con un altro nome? Quale inno può cantare di te? Nessun nome ti esprime. Quale mente può afferrarti? Nessuna intelligenza ti concepisce. Tu sei ineffabile; tutto ciò che si pensa, è da te uscito. Tutto in te solo dimora e in te, con un unico slancio, tutto approda. Abbi pietà, o tu, l'a-di-là di tutto: come chiamarti con un altro nome?.
Gregorio Nazianzeno