Omelia (05-10-2006)
mons. Vincenzo Paglia


L'evangelista, già all'inizio del cammino verso Gerusalemme, fa notare qual è il compito affidato ai settantadue discepoli: andare nelle città ove Gesù stava per recarsi e preparare la gente all'incontro con lui. Essi non sono chiamati a restare nei luoghi di sempre o a gestire le normali abitudini, fossero anche religiose. I discepoli sono per loro natura missionari, ossia comunicatori del Vangelo. Essi sono inviati per preparare i cuori degli uomini e delle donne ad accogliere Gesù. C'è una bella notazione di Gregorio Magno a questo brano. Egli scrive che Gesù manda i discepoli due a due perché la loro prima predicazione sia l'amore vicendevole. L'amore, infatti, è la forza dei discepoli, quelli di ieri e quelli di oggi. L'amore del Signore vince i "lupi" di questo mondo, come sperimentò Francesco d'Assisi con il "lupo" di Gubbio. I discepoli non debbono portare nulla con sé se non, appunto, il Vangelo e l'amore del Signore. Con questo bagaglio, che è assieme debole e forte, possiamo percorrere le vie del mondo, testimoniando non noi stessi, non le nostre tradizioni, non le nostre convinzioni, ma "colui che ci ha mandati".