Omelia (08-10-2006)
Omelie.org (bambini)


Che bello il racconto dal libro della Genesi che abbiamo ascoltato nella Prima lettura! È così poetico, pieno di immagini semplici per farci capire cose importanti! Per esempio, abbiamo letto che il Signore dice: "Non è bene che l'uomo sia solo".
Il Padre che ci ha creati sai che siamo fatti per la relazione, per l'amicizia, per stare insieme con gli altri. Quando siamo da soli, ci sentiamo incompleti: abbiamo bisogno di vivere gli affetti.
Il libro della Genesi racconta ancora: "Il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati... quello doveva essere il suo nome." Quando nasce un bambino chi è che decide come si chiamerà? Il papà e la mamma. Dare il nome ai figli significa riconoscere ad alta voce: sì, questo è mio figlio! Lo amerò e avrò cura di lui. È un segno di grande responsabilità. E Dio Padre pone tra le mani dell'umanità tutta la creazione chiedendo di dare il nome, cioè di assumersi la responsabilità di quel dono: aver cura del creato, proteggerlo, difenderlo e farlo crescere.
Ma il primo uomo si accorge che tra tutti gli esseri viventi non c'è chi gli sia simile, cioè chi sia come lui capace di dare il nome e di condividere la responsabilità e gli affetti. Il libro della Genesi qui usa una immagine molto bella per raccontare il mistero dell'incontro tra l'uomo e la donna: "Il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo." Non è che l'uomo abbia una costola in meno perché Dio l'ha usata per plasmare la donna! Come dicevamo all'inizio, è un'immagine poetica per dire che uomo e donna hanno la stessa dignità, provengono dalle stesse mani creatrici di Dio, sono un dono l'uno per l'altra e mai si deve pensare che qualcuno è più importante dell'altro.
E il brano che abbiamo ascoltato oggi si chiude con un'altra considerazione importante: "Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna." È un'altra immagine poetica per dirci qualcosa di profondo: se siamo nudi di solito siamo un po' a disagio, ma l'uomo e la donna usciti dalle mani di Dio e immersi nel suo Amore non provano vergogna né timore, perché si sentono uniti nell'amore e nella fiducia. Quando una mamma fa il bagnetto a un bimbo, lui non ha certo vergogna di stare nudo! Anzi: si gode il bagnetto e le coccole della mamma, tutto felice! Così, dice la Parola di Dio, si sta di fronte al Padre Creatore: nudi, ma senza paure né vergogne, in completa fiducia e felici di essere avvolti dal suo Amore.
A proposito del provare vergogna: questa parola torna anche nella Seconda lettura di oggi. L'autore della Lettera agli Ebrei fa un lungo discorso complesso, che ora non commentiamo insieme, ma nel concludere dice una cosa speciale che vogliamo ricordare. Sta parlando di Gesù e dice che lui: "Non si vergogna di chiamarci fratelli." Gesù che è Dio non si vergogna della sua umanità, non ci guarda dall'alto in basso, non ci tratta come fossimo di serie B. Lui che è Dio è anche pienamente uomo. Lo è così profondamente da chiamarci fratelli ed è proprio per questo che possiamo rivolgerci al Padre comune con Amore e fiducia!

* Ma spostiamoci al Vangelo, dove Gesù, che non ha vergogna di chiamarci fratelli, viene interpellato dai farisei sulla questione del divorzio: il Maestro risponde facendo riferimento proprio a quel brano della Genesi che abbiamo ascoltato nella Prima lettura. Gesù è molto chiaro, quasi duro, nel rispondere ai farisei, ma del Vangelo di oggi vorrei ci soffermassimo insieme sulle affermazioni finali, che ci riguardano molto da vicino.
Infatti, di nuovo, l'evangelista Marco ci mostra Gesù che sceglie i bambini, che li vuole vicino a sé. I discepoli hanno paura che il Maestro sia infastidito e invece Gesù vuole prendere i bimbi tra le braccia e accarezzarli. Posa le mani sulle testoline che ha intorno e benedice tutti con amore. Ripete ai discepoli: "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite". Non solo: ancora una volta il Maestro buono ribadisce il legame speciale che c'è tra i più piccoli e il Regno: "A chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso".
Questo è veramente interessante: Gesù invita gli adulti ad accogliere il Regno di Dio come i bambini. Ma che significa? Se una persona grande vi chiedesse: tu che sei una bambina, un bambino, mi insegni ad accogliere il Regno di Dio? Cosa rispondereste?
Eppure Gesù ha proprio detto che solo i bambini conoscono il modo giusto per accogliere il suo Regno!
Bè, io ci ho pensato su, sono stata ad osservare i tanti bambini che conosco e mi è sembrato di capire che cosa vuol dirci il Maestro Gesù. Per capirci meglio, vi faccio qualche domanda.
Se ricevete un regalo, magari qualcosa che desideravate da tempo, voi siete contenti sì o no? Fate vedere che siete contenti? Oppure fate finta di niente, come fosse una cosa senza importanza?
E quando ricevete un gesto gentile, un'attenzione cortese, dite: "grazie!" oppure no?
Un'altra domanda facile facile: quando vedete una cosa bella, molto bella, vi emozionate? Una farfalla che si poggia sulla vostra mano, un arcobaleno enorme nel cielo, una tempesta al mare, con onde giganti e spruzzi altissimi...restate a bocca aperta? Oppure alzate le spalle e dite: ma sì, niente di speciale?
Ecco: se quando siete contenti lo dimostrate, se sapete dire grazie per tutti i doni che ricevete, se sapete stupirvi di fronte alle cose belle, allora sapete accogliere il Regno di Dio!
La gratitudine gioiosa e la capacità di stupirsi, di guardare il mondo con occhi che sanno incantarsi di fronte alla bellezza, sono due caratteristiche dei bambini e sono due atteggiamenti indispensabili per entrare nel Regno.
Per la settimana che comincia oggi, vogliamo crescere nella capacità di accogliere il Regno. Potremmo farlo con i tre passi di preghiera che ha inventato Irene, che ha 9 anni, i capelli ricci ricci e un sorrisone splendido, anche adesso che porta l'apparecchio ai denti. Irene ha diviso la sua preghiera in tre passi:
(1° passo) la mattina, quando si alza, Irene fa un bel segno di croce per vivere ogni momento della giornata che sta per iniziare in compagnia del Signore, e poi si avvicina alla finestra. Non importa se c'è il sole o se piove, se c'è la nebbia o la neve: lei fa un sorriso verso il cielo per ringraziare il Padre del nuovo giorno.
(2° passo) quando ritorna da scuola. Irene mette a posto il suo zaino e intanto pensa a quello che è successo al mattino per scegliere una cosa bella che vuole conservare nella memoria: un bel voto, il sorriso di una compagna, una spiegazione della maestra, il profumo del panino a merenda... Non importa se è una cosa grande o piccola: purché sia bella.
(3° passo) prima di dormire, appena la mamma spegne la luce, Irene ripensa a tutto quello che ha vissuto nella giornata. Per tutte le cose belle che le sono accadute sussurra un "Grazie, Gesù!": Grazie Gesù per la passeggiata in bici! Grazie Gesù per le divisioni che ho fatto velocemente! Grazie Gesù per la telefonata di Martina! Grazie Gesù per le coccole di papà sul divano! Grazie Gesù per il bacio della buonanotte della mia mamma!...
Questa settimana vogliamo seguire anche noi i tre passi di Irene, per mantenere viva la capacità di stupirci e dire grazie, così da poter accogliere il Regno di Dio.

Commento a cura di Daniela De Simeis