Omelia (08-10-2006) |
mons. Antonio Riboldi |
Amarsi non è un gioco Sembra impossibile, ma troppe volte si verifica. Incontravo un giorno un fotografo con una grande cartella zeppa di foto molto belle. Erano le foto del matrimonio di due stupendi giovani, che si avvicinavano all'altare per dirsi quel "sì", che è la parola di Maria, la sposa di Giuseppe, detta all'Angelo. Un sì che solo l'amore può conoscere nella bellezza e a volte nella durezza. Un "sì" che nel matrimonio davvero può essere il racconto della felicità che non conosce tempi e misure. Ma un "sì" fragile che ha bisogno di nascere ogni giorno per conoscere sempre la bellezza della aurora, che si lascia alle spalle possibili notti, e va incontro allo splendore del giorno. Quel fotografo mi fece vedere le foto, poi mi disse sconsolato: "Le stavo portando agli sposi, ma questi, dopo pochi giorni, si sono lasciati. E adesso a chi consegno questo ricordo svanito nel nulla?". Se c'è una meraviglia, che sembra proprio il "tocco del Padre" in noi, è quella di amarsi, fino a fare di due una cosa sola per sempre. Così lo racconta oggi la Sacra Scrittura: "Il Signore disse: "Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio dare un aiuto che gli sia simile"... Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola che aveva tolto all'uomo una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: "Questa volta essa è carne della mia carne e ossa delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta". Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una cosa sola. L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto" (Gen 2,18-24). Il primo requisito, che si chiede sempre in questo "essere una cosa sola", è l'amore. L'amore è la base del matrimonio: una base che dovrebbe conoscere la solidità della pietra, "come è la Chiesa". Un amore destinato a conoscere continuità nei secoli con il dono dei figli. Ma, ripeto, due si sposano perché si amano. Noi cristiani inoltre affermiamo che Dio sostiene quest'amore, che non è certamente una "strada larga", ma la famosa "via stretta" di cui parla Gesù, con il farsi vicino fino a essere aiuto e grazia nel matrimonio elevato a Sacramento. Ed aggiungo: tutti noi, chiamati alla vita da Dio, siamo poi chiamati - vocazione - a percorrere la via della santità comune vocazione. Il matrimonio è una vocazione. Nella fedeltà all'amore reciproco, si scala il Paradiso. Chi di noi non si è come esaltato al solo pensiero dell'amore? E chi di noi non sa che una vita senza amore è davvero "una maledetta solitudine", più simile all'inferno che al paradiso? Anche la vita consacrata, la vita del sacerdozio sono una vera, incredibile professione di amore. Meraviglioso amore. Chi è chiamato alla vita consacrata e fa voto di verginità, questo voto non lo fa per dire "no" al diritto di esprimere la propria sessualità, ma per dire "sì" a Dio, che diventa lo Sposo della sua vita. Sono tanti i sacrifici che tale "sì" chiede: forse, come o meno di quelli di un matrimonio tra uomo e donna; ma quando ci si lascia riempire il cuore dell'amore, che Dio dona a chi gli si dona e Lui chiama, proprio come in un matrimonio, la vita è un meraviglioso racconto di gioia: una gioia che "genera", per i pastori di anime, tanti "figli", nel senso di Cristo. Un "matrimonio" che ha i suoi momenti belli e quelli difficili, ma quando è vissuto come totale donazione, diventa a sua volta dono per chi non ha dono. Quanti figli ha generato Madre Teresa, nella sua verginità, alla vita ed alla dignità! Quanti ne hanno generato, e generano ancora oggi, quelli o quelle che si sono unite a Dio per sempre! Non ho nessuna difficoltà nell'affermare che senza l'amore, preferirei non esistere. La bellezza della vita sta solo nel voler bene a tutti, senza risparmiarsi. Tornando dal viaggio che i bambini del Belice fecero a Roma, presso le massime autorità, per sollecitare la ricostruzione dei loro paesi distrutti dal terremoto, la domenica, durante la Messa mi sembrò giusto dare ragione alla mia gente di quanto avevamo fatto. Ricordo che iniziai il discorso dicendo: "Vi domanderete perché ho fatto tutto questo. Nessun interesse personale. Solo per il grande amore che vi porto e volevo donare speranza". Non ne so la ragione, ma scoppiai in un pianto dirotto davanti alla gente, un pianto irrefrenabile, che sembrava la diga del cuore che si era infranta e faceva uscire il grande fiume di amore. E questa stessa gioia la vedo oggi in tanti matrimoni in cui, celebrando l'anniversario delle loro nozze di argento o d'oro, a volte si piange di commozione per essersi amati per tanto tempo e con la voglia di continuare per l'eternità. Che poi l'amore conosca le sue difficoltà è nella povertà della nostra natura umana facile a creare nebbie, a volte non altrettanto facile a scioglierle. "Per questo, avvicinatisi dei farisei per metterlo alla prova, domandarono a Gesù: "E' lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?" Ma egli rispose loro: "Che cosa vi ha ordinato Mosè?" Dissero: "Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla". Gesù disse loro: "Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina: per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una sola carne. L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha unito" (Mc10,2-16). E sappiamo che gli apostoli rimasero come scandalizzati da questa affermazione di Gesù, che parlava di fedeltà nell'amore, fino a dire: "A questo punto è meglio non sposarsi!" Che non è una soluzione accettabile. Credo che oggi, davanti alla risposta di Gesù, forse alcuni o tanti darebbero la risposta degli Apostoli. Ma perché oggi sembra che noi uomini ci divertiamo a smantellare il bello del volersi bene in una vita nel matrimonio? Credo che siamo, inconsciamente forse, vittime di una perdita della vera natura e bellezza dell' amore, che è dono totale, come avvertiamo se ci interroghiamo nel fondo della nostra coscienza, Ma abbiamo perso la vera natura dell' amore dando via libera al piacere e così l'uomo e la donna rischiano di diventare merce di piacere, che nulla ha a che fare con l'amore. Ma non si può giocare con il cuore, Mai! Quando ci si incontra, e dall'incontro spunta il desiderio di essere una cosa sola per il meraviglioso cammino del matrimonio, in quel momento possiamo diventare "altare dell'amore" destinato a crescere, o forse inconsciamente "tomba della felicità". E Dio solo sa quanto dolore genera quello strappo della "costola", che aveva fatto dei due una cosa sola. Quanto dolore vi è nelle separazioni, nei divorzi, non solo negli sposi, ma nei loro cari, senza contare come i figli poi non sanno più a quale famiglia appartengano e chi chiamare papà o mamma. Ce ne rendiamo conto dell'immane dolore? La prossima settimana la Chiesa italiana si riunirà, come sapete certamente, in quell' evento pentecostale che è il Convegno di Verona. Nelle tracce di preparazione, oggetto di discussione e proposte nelle parrocchie, si accenna all'affetto in genere e quindi al matrimonio e alla famiglia. "Un primo ambito della testimonianza è quello della vita affettiva. Ciascuno trova qui la dimensione più elementare e permanente della sua personalità e la sua dimora interiore. A livello affettivo, infatti, l'uomo fa l'esperienza primaria della relazione buona (o cattiva), vive l'esperienza di un mondo accogliente ed esprime con la maggiore spontaneità il suo desiderio di felicità. Ma proprio il mondo degli affetti subisce oggi un potente condizionamento in direzione di un superficiale emozionalismo, che ha spesso devastanti effetti nella verità delle relazioni. L'identità e la complementarietà sessuale, l'educazione dei sentimenti, la maternità-paternità, la famiglia e, più in generale, la dimensione affettiva delle relazioni sociali, come pure la rappresentazione pubblica degli affetti, hanno bisogno di aprirsi alla speranza e quindi alla ricchezza delle relazioni, alla costruttività delle generazioni e del legame tra generazioni". Sarà pur vero che ci sono tante crisi matrimoniali, o tante fughe in forme di unione che sottovalutano la fedeltà e totalità dell'amore, ma questo deve, caso mai, indurci tutti ad andare alle vere radici di quel "paradiso di Dio che è il dono dell'amore" per farlo fiorire, come del resto. avviene in tantissime famiglie che non fanno cronaca, ma sono il vero futuro e la bellezza della società. A queste meravigliose famiglie, un grazie di cuore, perché sono preziose "testimoni del Cristo Risorto, testimoni della bellezza senza tempo, dell'amore, il plauso della Chiesa .. e di tutti. Ai matrimoni in difficoltà dono tutto il mio aiuto a superare il momento difficile, facendosi davvero eroi del difficile. Ricordiamoci sempre che fedeltà, amore ed eternità è il bello di Dio che ci ha dato. Non perdiamolo mai: è lo sprazzo di Paradiso, che ci fa vivere serenamente qui. |