Omelia (08-10-2006)
Comunità Missionaria Villaregia (giovani)
In principio...

Il Vangelo di questa domenica presenta da una parte i farisei e i discepoli con le loro domande complicate e dall'altra l'innocenza dei bambini. Gesù sembra, dunque, chiedere ai suoi discepoli un atteggiamento semplice difronte alla verità, semplice come può esserlo, appunto un bambino. Il bambino è aperto alla verità, come un bocciolo che si apre al sole in una giornata di primavera. Ha mille domande, vorrebbe capire tutto, ma con l'ingenuità e la trasparenza che lo caratterizza non pone barriere. Si apre alla novità con lo stesso entusiasmo con cui è venuto alla vita. In questo testo Gesù sta presentando una novità nel rapporto tra uomo e donna, tra sposo e sposa, una novità che si rifà al "principio", ma è molto difficile per i farisei comprendere la profondità di quanto egli vuole affermare. Riportiamo le parole con cui Giovanni Paolo II°, nel ciclo di discorsi alle udienze generali del 1980, spiegò proprio questo testo.

"Nella sua risposta, Cristo si richiamò due volte al "principio", e perciò anche noi, nel corso delle nostre analisi, abbiamo cercato di chiarire nel modo più profondo possibile il significato di questo "principio", che è la prima eredità di ogni essere umano nel mondo, uomo e donna, prima attestazione dell'identità umana secondo la parola rivelata, prima sorgente della certezza della sua vocazione come persona creata a immagine di Dio stesso.
La risposta di Cristo ha un significato storico, ma non soltanto storico. Gli uomini di tutti i tempi pongono il quesito sullo stesso tema. Lo fanno anche i nostri contemporanei, i quali però nelle loro domande non si richiamano alla legge di Mosè, che ammetteva il libello di ripudio, ma ad altre circostanze e ad altre leggi. Questi loro quesiti sono carichi di problemi sconosciuti agli interlocutori contemporanei di Cristo. Sappiamo quali domande concernenti il matrimonio e la famiglia siano state rivolte all'ultimo Concilio, al Papa Paolo VI, e vengano continuamente formulate nel periodo post-conciliare, giorno per giorno, nelle più varie circostanze. Le rivolgono persone singole, coniugi, fidanzati, giovani, ma anche scrittori, pubblicisti, politici, economisti, demografi, insomma, la cultura e la civiltà contemporanea.
Penso che fra le risposte, che Cristo darebbe agli uomini dei nostri tempi e ai loro interrogativi, spesso tanto impazienti, fondamentale sarebbe ancora quella da lui data ai farisei. Rispondendo a quegli interrogativi, Cristo si richiamerebbe innanzitutto al "principio". Lo farebbe forse in modo tanto più deciso ed essenziale, in quanto la situazione interiore e insieme culturale dell'uomo d'oggi sembra allontanarsi da quel "principio" ed assumere forme e dimensioni, che divergono dall'immagine biblica del "principio" in punti evidentemente sempre più distanti.
Tuttavia, Cristo non sarebbe "sorpreso" da nessuna di queste situazioni, e suppongo che continuerebbe a far riferimento soprattutto al "principio".
È per questo che la risposta di Cristo esigeva una analisi particolarmente approfondita. Infatti, in quella risposta sono state richiamate verità fondamentali ed elementari sull'essere umano, come uomo e donna. E la risposta, attraverso la quale intravvediamo la struttura stessa della identità umana nelle dimensioni del mistero della creazione e, ad un tempo, nella prospettiva del mistero della redenzione. (...) Si può dire che, nella risposta ai farisei, Cristo ha prospettato agli interlocutori anche questa "visione integrale dell'uomo", senza la quale non può essere data alcuna risposta adeguata agli interrogativi connessi con il matrimonio e la procreazione. Proprio questa visione integrale dell'uomo deve essere costruita dal "principio". (...)
La risposta data da Cristo ai farisei vuole anche che l'uomo, maschio e femmina, sia tale soggetto, cioè un soggetto che decida delle proprie azioni alla luce dell'integrale verità su se stesso, in. quanto verità originaria, ossia fondamento delle esperienze autenticamente umane. È questa la verità che Cristo ci fa cercare dal "principio". (...)
Quanto è significativo che Cristo, nella risposta a tutte queste domande, ordini all'uomo di ritornare, in certo modo, alla soglia della sua storia teologica! Gli ordina di mettersi al confine tra l'innocenza-felicità originaria e l'eredità della prima caduta. Non gli vuole forse dire, in questo modo, che la via sulla quale Egli conduce l'uomo, maschio-femmina, nel Sacramento del Matrimonio, cioè la via della "redenzione del corpo", deve consistere nel ricuperare questa dignità in cui si compie, simultaneamente, il vero significato del corpo umano, il suo significato personale e "di comunione"?".
L'uomo così immerso e proiettato nel futuro, che vive in una società caratterizzata dal continuo mutamento che avviene a ritmi vertiginosi, sembra sottratto alla sua origine, al suo "principio". Fermarsi a raccogliere questa sfida del Vangelo di oggi è importante.