Omelia (15-10-2006) |
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Commento Marco 10,17-30 Una sola è la cosa necessaria. Uno solo è buono. Una sola cosa ti manca. * Quella di oggi potrebbe essere chiamata la domenica della radicalità assoluta, della radicalità evangelica. Infatti leggendo le letture che la liturgia ci presenta, ci sarebbe da rimanere sconcertati e da esclamare: "fino a che punto!" La nostra debolezza umana potrebbe lasciarci quasi senza speranza se Gesù non ci dicesse, come ha detto agli apostoli: "A Dio tutto è possibile"! * La prima Lettura ci presenta la Sapienza da chiedere e da preferire ad ogni altra cosa, non solo ai beni materiali, alle ricchezze, agli onori, ma addirittura alla salute, alla bellezza, alla stessa luce, beni indispensabili alla vita umana. * La seconda Lettura ha per oggetto la Parola di Dio, potente e penetrante che sembra scarnificarci e lasciarci nudi di fronte a Colui che tutto vede. * La terza Lettura ha come meta la vita eterna. Per raggiungerla non basta conoscere ad osservare i comandamenti, ma è necessario staccarsi da tutto quello che è di ostacolo per seguire il Signore, spogliamento totale quindi e se dovessimo fermarci qui faremmo tutti come l'uomo ricco che di fronte alla parola di Gesù fu preso dalla tristezza e si allontanò da Lui. * Il brano tratto dal Libro della Sapienza, si basa sul racconto del I Libro dei Re, cap. 3. Recatosi a Gabaon per offrire sacrifici al Signore, Salomone durante la notte ha in sogno la visione del Signore che gli dice di domandare quello che doveva concedergli. Salomone chiede un cuore docile (più esattamente in ebraico: un cuore che ascolta), per poter governare saggiamente il popolo che gli è stato affidato. Non pensa a se stesso, al suo prestigio personale, ad avere gloria, onori, ricchezze, vittorie sui nemici, ma a qualcosa che ritiene più prezioso di tutto questo. In altre parole, egli pensa meno a sé e più al bene degli altri. Il Signore si mostra compiaciuto della richiesta e proprio perché Salomone ha domandato la sapienza, gli concederà anche ricchezza e gloria. Viene spontaneo qui ricordare il detto di Gesù: "Cercate il regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in sovrappiù". La sapienza che viene da Dio è dono suo, è creata dal Signore (Pr 8,22). Dall'autore dell'omonimo libro è cercata come 'sposa', 'compagna' della sua vita (Sap 8,2.9). E' anche descritta come personificata, che edifica una casa e prepara un banchetto, dà consigli ed esortazioni (Pr 9,1ss; 1,20ss). Nel Nuovo Testamento, Giovanni e Paolo identificano la Sapienza con la seconda Persona della SS. Trinità: Gesù Cristo, Parola di Dio fatta carne. Qui troviamo l'aggancio con la seconda Lettura. * La seconda Lettura è formata da due soli versetti della Lettera agli Ebrei. Ci presenta la Parola di Dio quale veramente è: non parola di uomini, ma parola di Dio. Molte volte nella sacra Scrittura troviamo la parola di Dio dolce e consolante, che lenisce e conforta: Oggi ci è presentata sotto l'altro aspetto, quello "tagliente e penetrante", potremmo dire, in tutta la sua forza e potenza. La parola di Dio è viva ed è per la vita. E' efficace e opera ciò che dice: "Con le parole del Signore sono create tutte le sue opere" (Sir 42,15). "Le tenebre ricoprivano l'abisso e Dio disse - sia la luce e la luce e la luce fu" (Gen 1,2-3). La parola di Dio è come il fuoco e come un martello che spacca la roccia" (Ger 23,29). E' tagliente come ogni spada a doppio taglio, penetra nell'intimo dell'essere, nelle parti più profonde, scruta i sentimenti e i pensieri del cuore, mette in luce ciò che vi è di tenebroso, giudica con verità, perché tutto sia chiaro al cospetto di Colui che è la verità. * Tutte queste immagini ci dicono che di fronte alla parola di Dio non possiamo nasconderci o rimanere indifferenti. Siamo messi letteralmente ad un bivio: o l'accogliamo e allora accogliamo il Signore e avremo la vita, o la rifiutiamo e ne subiremo le conseguenze. "Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno perché non sono venuto per condannare il mondo ma per salvare il mondo. Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna. La parola che ho annunziato lo condanna nell'ultimo giorno" (Gv 11,47-48). * La prima parte dell'Evangelo di oggi ci presenta un tale, potremo dire, uno che è già avanti nel cammino verso il Signore, perché avendo sempre osservato i comandamenti, avverte l'esigenza di fare qualcosa di più, desidera sapere quello che deve fare per avere la vita eterna. Il desiderio lo spinge a correre per buttarsi in ginocchio davanti a Gesù e lo chiama 'Maestro buono'. Non era una novità in Israele per i fedeli entrare nel tempio e fare simile domanda al sacerdote che come risposta additava loro i comandamenti. Anche i discepoli dei rabbi facevano la stessa domanda, ma non era nella prassi inginocchiarsi davanti a loro. * Quel tale non ha un nome e così ognuno può identificarsi con lui. Gesù rimanda il titolo di 'buono' a Dio solo, forse per manifestare ancora una volta che egli opera per la gloria del Padre suo. Gli ricorda quei comandamenti che riguardano l'amore del prossimo, poi lo guarda, lo ama, lo invita a seguirlo indicandogli l'unica cosa che gli manca: "Va, vendi... dona ai poveri... vieni, seguimi e avrai un tesoro nel regno di Dio". Ci saremmo aspettati come risposta lo slancio entusiasta degli apostoli che non esitarono a lasciare quel poco o molto che avevano, ma che era il loro 'tutto' e attratti da quello sguardo di amore seguirono Gesù. Invece, ecco l'inatteso fallimento! La parola tagliente e penetrante tocca nel vivo le profondità dell'essere e se lo sguardo non rimane fisso in quello del Signore che è amore che dona, ma si volge alle cose effimere e meschine, come le ricchezze e la propria debolezza è inevitabile cadere nella tristezza per non aver saputo cogliere il dono. Sì, perché la sequela, oltre che essere una richiesta da parte di Gesù, è soprattutto un dono da accogliere. E' un dono che nessuno può meritare con le proprie forze. La parola accolta trasforma il cuore e il Signore non chiede se non per donare e per donarsi. Quel tale aveva molti beni nei quali evidentemente aveva riposto le sue sicurezze, erano il suo tesoro e "là dov'è il vostro tesoro sarà anche il vostro cuore"(Lc.12,34). * Per la seconda volta Marco parla dello sguardo di Gesù, quasi per farci comprendere che parlava più con lo sguardo che con le parole, oppure che quello sguardo faceva penetrare le parole. "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio" e segue il paragone del cammello: Queste parole hanno l'effetto di una doccia fredda nei suoi ascoltatori. Rimangono stupiti, ma Gesù per tutta risposta rincara la dose, facendo capire che è difficile entrare nel regno di Dio. La reazione che segue è addirittura lo spavento e quasi la disperazione della salvezza. La situazione dei discepoli in quel momento c'è da pensare che non sia stata molto diversa da quella del precedente interlocutore. Qui per la terza volta è messo in evidenza lo sguardo di Gesù, come se cercasse i suoi, li attirasse, li rassicurasse con il sguardo amorevole e con le sue parole: "... è impossibile agli uomini, ma tutto è possibile a Dio", è questa la chiave di tutto il discorso. * Ora Pietro ha il coraggio di parlare per chiedere ragione della situazione sua e dei discepoli, perché essi hanno lasciato tutto. Quel tutto non è una misura omogenea. Ognuno sa di aver avuto qualcosa da lasciare, precisamente quello che faceva ostacolo alla richiesta del Signore: Per loro era proprio la risposta definitiva per la sequela, ma non per tutti è così. Per molti si tratta di lasciare giorno per giorno quello che può fare ostacolo alle piccole richieste quotidiane del Signore, possono essere anche soltanto dei pregiudizi, oppure i nostri egoismi. Gesù risponde a Pietro con la promessa del centuplo già fin d'ora, qui su questa terra, insieme a persecuzioni, in altre parole a lotte, a difficoltà, a pericoli. Già qui c'è l'anticipazione di quello che si potrà possedere in pienezza, nella sicurezza e nella pace nel regno di Dio. Chi si è lasciato scegliere dal Signore e ha scelto a sua volta di accogliere la sua parola, la sua Persona, sarà come chi ha preferito la sapienza: gli saranno dati anche tutti gli altri beni. Commento a cura delle Monache Benedettine di Citerna |