Omelia (15-10-2006) |
padre Antonio Rungi |
Cosa fare per conquistare il Paradiso? Cosa fare per conquistare il Paradiso, la salvezza eterna? E' questa la domanda ricorrente che si pone ad ogni credente e soprattutto a noi cattolici che pensiamo, almeno così dovrebbe essere, maggiormente all'eternità. E' la stessa domanda che nel Vangelo di oggi un giovane ricco pone a Gesù e in merito alla quale Cristo dà una risposta chiara e precisa: lasciare ogni cosa e seguirlo, senza alcuna condizione, ma nella libertà interiore, sganciata da ogni forma schiavitù, soprattutto quella legata al possesso dei beni terreni ed al denaro. Ascoltiamo il brano del Vangelo per comprendere meglio il dialogo che si instaura tra il Divino Maestro e il giovane ricco, che cerca di conciliare la sequela di Cristo con la sua vita, adattando il messaggio del Signore alla sua particolare condizione di fortunato e benestante. Per la verità, Gesù non è contrario al benessere o alla ricchezza, ma ad un uso egoistico e distorto dei beni della terra e di tutto ciò che ci fa sentire ricchi solo materialmente. Egli desidera che i suoi discepoli siano poveri e che vivano dell'essenziale, che sappiano valorizzare i doni della terra e del proprio lavoro per il bene personale e familiare e soprattutto sappiano mettere a disposizione degli altri ciò che essi possiedono e spesso è superfluo. "In quel tempo, mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?". Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre". Egli allora gli disse: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza". Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi". Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!". I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: "Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio". Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: "E chi mai si può salvare?". Ma Gesù, guardandoli, disse: "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio". Pietro allora gli disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito". Gesù gli rispose: "In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna". E' interessante notare come nel brano del Vangelo questo bravo ragazzo, preso dall'entusiasmo, forse anche con la sincera volontà di cambiare vita, compie una serie di azioni che esprimono un desiderio di cambiare solo nella fase iniziale e che nel momento in cui questo desiderio richiede rinunce ed investimenti facilmente si fa marcia indietro come questo giovane. Ma e' pure interessante la riflessione che Gesù fa sulla questione della ricchezza, molto utile per saggiare la nostra personale adesione a Cristo mediante certe scelte di vita che invece di preferire la semplicità e l'essenzialità vanno alla ricerca di posizioni sempre più comode e agiate, di un certo prestigio e di un certo ritorno di immagine ed in economia. Tuttavia, nel contesto dell'intero brano evangelico, assume un significato particolare ciò che conclude il discorso di Gesù di fronte alle domande esplicite di Pietro a nome del gruppo che ormai ha lasciato tutto e si è compresso di fatto con l'avventura missionaria e messianica del Cristo. Gesù anche in questa circostanza è molto chiaro ed esplicito: "In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna". Chi si impegna a fianco a Cristo e per la causa del Vangelo ha una prospettiva di felicità vera già su questa terra (che non sempre corrisponde al benessere del mondo, spesso è proprio l'opposto), ma sicuramente, se sarà fedele, avrà la ricompensa dei giusti oltre questo mondo. E' il discorso della prospettiva della salvezza personale ed ecclesiale che ha una certezza assoluta non su questo mondo, ma oltre questo mondo. Ciò non significa che siamo chiamati ad abbandonare ogni progetto di trasformazione di questo mondo in attesa della salvezza eterna, al contrario dobbiamo mettere i presupposti perché questa già abbia la possibilità di realizzarsi in questo mondo scegliendo la strada della donazione, del sacrificio, della rinuncia, dell'amore verso tutti. Per realizzare questo progetto di salvezza personale e comunitario è necessario mettersi in sintonia con la Parola di Dio. Ascoltarla, ma soprattutto metterla in pratica. La seconda lettura della giornata odierna, tratta dalla Lettera agli Ebrei, fa risaltare questa importanza nella nostra vita: "Fratelli, la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non v'è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto". Il vero progresso spirituale e morale della persona si realizza in simbiosi con quanto lo Spirito del Signore suggerisce nell'ascolto della sua parola di verità e di chiarificazione esistenziale. E' solo Dio che può proiettare sulla nostra vita la vera luce e far emergere da essa ciò che è ancora buio, peccato e fragilità per sanarlo e redimerlo nella sua infinita misericordia. Tutto questo progetto di salvezza personale ed ecclesiale passa attraverso il recupero di due virtù importanti nella vita di un cristiano, molto spesso dimenticate e non praticate ai nostri giorni, che sono la prudenza e la sapienza. Virtù che sono anche doni dello Spirito Santo. Ce lo ricorda la prima lettura di oggi, tratto dal Libro della Sapienza: "Pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l'oro al suo confronto è un po' di sabbia e come fango sarà valutato di fronte ad essa l'argento. L'amai più della salute e della bellezza, preferii il suo possesso alla stessa luce, perché non tramonta lo splendore che ne promana. Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile". |