Omelia (11-12-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Matteo 11, 11-15 Gesù esprime il suo giudizio sul Battista. La grandezza di Giovanni non consiste soprattutto nell'austerità della sua vita e nella fortezza del suo carattere, ma nell'aver preparato la via davanti al Cristo. Giovanni Battista è inserito nella linea di continuità con i profeti dell'Antico Testamento, i quali hanno preparato la via a Gesù. In questo senso è il più grande: perché in lui l'attesa d'Israele trova il suo compimento. Ma vi è al tempo stesso una rottura: il regno dei cieli. divenuto vicino agli uomini in Gesù, è di una novità assolutamente radicale; in questo senso il più piccolo nel regno dei cieli, cioè il discepolo di Gesù, è più grande di lui. Si passa così dalla realtà umana (lo stato di figlio nato da donna) alla realtà divina (lo stato di figlio del Padre) che solo i piccoli possono comprendere. Ciò che Giovanni deve scoprire, e con lui gli ascoltatori di Gesù di tutti i tempi, è che Gesù sconvolge totalmente la concezione di ciò che è grande e di ciò che è piccolo: la vera grandezza è la piccolezza, quello scomparire che si manifesta nell'atteggiamento di Gesù. Il vero "più piccolo" nel regno dei cieli è proprio Gesù, la cui autorità sovrana non assume i tratti del giudice adirato (cfr l'annuncio del Battista in Mt 3,8-12), ma quello di un servitore che si impegna con gli uomini e patisce con essi (cfr Mt 3,13-17; 20, 28). "Dai giorni di Giovanni Battista fino ad ora il regno dei cieli soffre violenza, e i violenti se ne impadroniscono" (v. 12) è un'espressione interpretata in vari modi. Può trattarsi: 1. della santa violenza di coloro che si impadroniscono del regno dei cieli a prezzo di dure rinunce; 2. della violenza malvagia di coloro che pretendono di stabilire il Regno con le armi (gli zeloti); 3. della tirannia delle potenze demoniache, o dei loro fautori terreni, che pretendono di conservare l'impero di questo mondo e impedire l'affermazione del regno di Dio. Infine alcuni traducono: "il regno dei cieli si fa strada con violenza", cioè si stabilisce con forza a dispetto di tutti gli ostacoli. Senza nulla togliere alle varie interpretazioni, il contesto di Matteo consiglia la terza là dove dice: "Guai a voi scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci" (Mt 23,13). L'interpretazione cristiana del Battista identifica Giovanni con l'atteso Elia quale precursore del Messia (Ml 3,23-24; Sir 48,10). Il rifiuto del Battista da parte degli scribi e dei farisei è intimamente legato col rifiuto di Gesù da parte degli stessi (Mt 11,19). Chi rifiuta il Messia, rifiuta anche colui che l'ha preceduto. Il destino del Messia è anche il destino del suo precursore (Mt 17,12). Questa parte del discorso si conclude con un grido di risveglio (v.15). L'uomo della Bibbia è ascoltatore della Parola. Ascoltando egli giunge alla fede, non ascoltando si rende colpevole. Gesù ha pienamente riconosciuto il Battista e la sua opera e gli ha tributato un giudizio di massimo rispetto definendolo "più che un profeta" e "il più grande tra i nati di donna". |