Omelia (22-10-2006) |
don Ricciotti Saurino |
La scalata E' faticoso salire una montagna, ma non è facile rinunciare ad una 'scalata'... Non mi riferisco a quelle fatte con scarponi, zaino e piccozza, bensì a quelle più gratificanti e più comuni del successo e della carriera... quelle per le quali non c'è fiatone che possa farci desistere, non c'è stanchezza che ci inviti al riposo, non c'è ostacolo che ostruisca la strada. E' legittimo che nel cuore di chi si trova a camminare in cordata con gli altri sorga il desiderio di un sorpasso, forse azzardato, che l'avvicini a chi sta in testa. L' ebbrezza di stare al fianco di chi conduce fa salire l'adrenalina anche al più amorfo dei seguaci, la voglia di mostrare una foto al fianco "dell'importante di turno" fa fare scatti di intraprendenza inaspettati, il piacere intenso di assaporare la gloria del primo posto scuote anche il torpore più radicato. Non ci sorprenda che anche nella cordata per il Regno ci sia l'ambizione dei primi posti... e, forse, per fama e vanità. Qualcuno ha il coraggio di manifestarla apertamente, tutti gli altri la covano segretamente nel cuore, pronta a schizzare intrepida alle furtive luci del concorrente. Ma questa è una cordata speciale... non alla conquista di uno sperone roccioso né del podio della Formula Uno. E' una cordata che ambisce arrivare alla casa del Padre, e già questa è la grande soddisfazione dell'impresa. L'aspirazione è di far parte della familiarità di Dio, di quella familiarità singolare nella quale un posto vale l'altro e la cui caratteristica è proprio quella che, stranamente, nessuno si sente secondo a nessuno. L'amore di Dio è il premio ambito da tutti perché Lui ama con Amore totalitario ed esclusivo tutti quelli che vi arrivano. Egli dà a tutti l'abbondante gratuità della Sua Gloria, quella che fa sentire ciascuno vincitore allo stesso modo. Il Capocordata, che conosce le asperità del percorso, invita i dodici, e tutti coloro che si accodano nel tempo e nello spazio, a non avere slanci ambiziosi: "Piuttosto che gareggiare tra amici e sorpassarli spavaldamente, non è più importante chiedersi se ci siano le energie per arrivare alla meta? Piuttosto che consumare forze nell'agonismo tra partecipanti non è bene che si conservi la vivacità per affrontare prove più grandi provenienti dall'esterno?" E i collaudi più severi sono quelli ancora da venire! Le sgommate e i colpi d'acceleratore in seno al gruppo sono nulla di fronte al calice di amarezza e al battesimo di sofferenza preparati per il Maestro e per i suoi seguaci. Sì, perché la sorte è comune come sarà comune la gloria. Sorte comune nell'annunciare un Regno nel quale la più grande ambizione è quella di mettersi al servizio. Sorte comune nel cercare di vivere la realtà del Regno già da questa vita... Per questa assurda smania fuori dal comune si incontreranno approfittatori, increduli, osteggiatori, sarcastici pronti a chiedere prova di questa fede... e sarà l'amarezza di quel calice che il Maestro per primo assaporerà e che non sarà risparmiata neppure a quelli che staranno in fila dietro di Lui. Sorte comune l'immersione nella morte per l'emersione alla vita di risorti. Sarà il battesimo vissuto dal Maestro, passaggio obbligato per tutti i discepoli celebrato incruentamente,...ma che non è detto che non potrà esprimersi anche in maniera cruenta... Di fronte a questa affermazione di un battesimo cruento la lunga cordata barcolla e per un attimo si ferma... qualcuno rimane pensieroso... poi raggiunge di corsa il Maestro che, impassibile, ha proseguito il cammino... Non so bene se questa volta lo fa ancora per la gloria di starGli vicino... o per trovare forza nel Suo coraggio! |