Omelia (29-10-2006)
Suor Giuseppina Pisano o.p.


"E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada".
È la storia di Bartimeo, il cieco di Gerico, di cui ci parla il Vangelo di questa domenica; in un passo breve ma ricco di significati.
Il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, "sedeva lungo la strada a mendicare".
Qualche domenica fa', sempre il Vangelo di Marco (10,17-30) ci ha parlato di un altro giovane, un giovane ricco, che, con entusiasmo si fa incontro a Gesù, il Maestro 'buono'; di questo giovane non vien detto il nome, ma solo che aveva molte ricchezze; egli era, si, desideroso di quella perfezione che lo avrebbe fatto entrare nella vita eterna, ma, alla proposta di investire i suoi beni, a beneficio dei poveri, si allontana, restando, per sempre, nel suo triste anonimato.
Nella narrazione di oggi, la situazione è diversa, siamo, in presenza di un povero, un mendicante cieco, che vive ai margini delle strade, un emarginato, dunque, ma ha un nome, un nome che ancora oggi ricordiamo, ogni volta, che questo passo del Vangelo viene proclamato.
Bartimeo, non possiede nient'altro che la sua fede, ed è per essa che, guarito dalla cecità, segue Gesù nel suo cammino verso Gerusalemme, ed entra, così, nella vita, in quella felicità che non ha fine.

Quello di Bartimeo non è l'unico miracolo che Gesù opera a favore di un cieco, non è quindi la guarigione fisica, per quanto importante, che conta, nel passo del Vangelo di oggi, ma il risanamento di tutto l'uomo che, il Figlio di Dio opera, attraverso il dono della vista, indicando la fede, come condizione imprescindibile per la salvezza: «Va', la tua fede ti ha salvato».
La fede: quella energia interiore, che muove i passi di Bartimeo nella sequela del Cristo: " Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.... riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada."
Il mendicante, che ormai vive nella luce, esce con Gesù, e con quanti lo seguivano, da Gerico, e si avvia a Gerusalemme, la città santa, il luogo in cui si compirà il dono della Redenzione..
Gerusalemme e Gerico, non sono soltanto due punti geografici storicamente noti, ma hanno anche un significato simbolico: Gerico, che significa città della luna, sta a significare il mondo, la situazione, in cui si è peccatori, mentre Gerusalemme, la città del tempio, è il luogo della salvezza e della santità.

C'è, nel vangelo di Luca, una parabola in cui si parla di un viaggio da Gerusalemme a Gerico, il percorso inverso a quello che Gesù compie nel racconto di Marco, è la notissima parabola del
"buon samaritano" che inizia così: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico quando incappò nei briganti. Questi gli portarono via tutto, lo percossero e lo lasciarono mezzo morto...".
( Lc. 10,30-37)
In quell'uomo ferito c'è tutta la storia dell'umanità che, allontanatasi da Dio col peccato, giace a terra, in attesa di salvezza, in attesa del Redentore, che avrebbe pagato di persona, e avrebbe ricondotto ogni uomo al Padre, alla Gerusalemme del cielo.
Il passo del Vangelo di oggi ci dice che Gesù,"partiva da Gerico...."; egli era diretto a Gerusalemme, ultima tappa del suo viaggio terreno; a Gerico, appunto incontra un uomo, che vive nel buio, Bartimeo cieco, un uomo che passa le sue giornate buttato a terra, in attesa che qualcuno gli dia un aiuto per vivere. Bartimeo non è molto diverso dall'uomo della parabola di Luca, che attende chi lo soccorra e lo risani.
Quella precisa notazione di Gesù, che lascia Gerico, non è un particolare trascurabile, esso ci indica che, nel nostro mondo, nella nostra Gerico, personale e sociale, il Figlio di Dio passa ancora, per risanare, per rialzarci, per ridarci la luce interiore, la conoscenza della Verità che salva, liberandoci dal peccato e portandoci con sé a Gerusalemme, cioè alla salvezza definitiva.
In questo suo passaggio, che dura ancor oggi, e durerà sino alla fine dei tempi, Cristo attende la nostra chiamata, un grido come quello del povero Bartimeo: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Egli attende l'umile riconoscimento della nostra povertà interiore, della nostra situazione di peccato, e perciò della cecità, del buio, dell' indigenza, della fragilità, dalla quale si desidera di uscire, per camminare, con sicurezza, nella luce, che viene dalla fede nella Rivelazione.
«Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!», non sono solo le parole di un disperato, di un emarginato, che la folla, infastidita cerca di zittire, esse sono il grido della fede nel Cristo di Dio, esse nascono dal profondo dell'anima, da un desiderio vivo, che nessun ostacolo può impedire; "Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli dava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!»".
È stupenda, questa figura di accattone, dotato di una fede imbattibile, tanto che," .. Gesù sì fermò e disse: «Chiamatelo!»", e, rendendogli la vista disse: «Va', la tua fede ti ha salvato»".

Bartimeo è un'icona di fede, di quella fede che smuove le montagne, ed opera miracoli.
E' questa fede che commuove il Cristo, il quale assicura la salvezza a chiunque creda in Lui, il Figlio di Dio, inviato dal Padre per la redenzione di tutti gli uomini.
Il miracolo che ridona la vista a Bartimeo, sta ad indicare che la presenza e la luce di Cristo risanano tutto l'uomo, che da cieco e mendicante, diviene, ricco del dono della figliolanza, capace di seguire il suo Maestro, anzi, diviene compagno di Lui, e, con Lui, percorre la via che conduce al Padre: "riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada."

La storia di Bartimeo è anche la nostra storia di credenti, che, col battesimo, abbiamo aperto gli occhi alla Verità di Dio, che è Cristo Gesù; ora, questi occhi non più malati, devono esser capaci di cogliere la presenza del Signore, che sempre attraversa la nostra vita ed opera salvezza, nella nostra storia personale, come nella grande storia dell'umanità intera.
Seguire Cristo, significa anche saper cogliere questa presenza viva ed operante nel nostro tempo, una presenza che chiama alla salvezza eterna ed anche temporale, perché solo in Cristo c'è luce, giustizia e pace; solo con Lui si può sperimentare la gioia che il salmista così descrive:

Quando Il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,
ci sembrava di, sognare.
Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,
la nostra lingua si sciolse In canti di, gioia.

Allora si diceva tra i popoli
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi,
ci ha colmati di gioia. ( salmo 125 )


sr M.Giuseppina Pisano o.p.
Monastero Domenicano SS.mo Rosario
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