Omelia (01-11-2006) |
don Marco Pratesi |
La salvezza a Dio e all'Agnello Per contemplare "l'assemblea festosa dei nostri fratelli" (prefazio) che oggi celebriamo, lasciamoci guidare particolarmente dalla visione dell'Apocalisse presentata nella prima lettura. In realtà si tratta di una visione duplice. Giovanni vede prima un gruppo di 144.000 persone che ricevono "il sigillo del Dio vivente"; successivamente una moltitudine immensa e incalcolabile di gente biancovestita con rami di palma in mano. I due gruppi sono in realtà un gruppo unico, contemplato da diversi punti di vista: sia i 144.000 che la moltitudine incalcolabile rappresentano i salvati, i santi. Per Giovanni hanno particolare rilievo i martiri e i santi che attraverseranno l'ultima grande persecuzione; nondimeno, possiamo allargare il nostro sguardo fino ad abbracciare "tutti i santi", di ogni tempo e di ogni tipo. Quanto il veggente contempla attraverso i cieli aperti è ciò a cui siamo tutti chiamati, e ci offre una preziosa immagine del traguardo della nostra vocazione cristiana. I santi ricevono un sigillo sulla fronte. Essi cioè godono di un sostegno particolare da parte di Dio. Non si tratta di una preservazione dalle sofferenze e dai problemi, che invece non sono loro affatto risparmiati: alcuni saranno uccisi, e tutti dovranno passare al vaglio di tribolazioni. Dio li conta, sa quanti e quali sono, cioè li conosce a fondo, uno ad uno, come il pastore le sue pecore. Segnandoli col suo sigillo, li riconosce efficacemente come suoi, li fa propri, e in un modo tale che nessuno li potrà strappare dalla sua mano. La visione dei 144.000 ci propone in forma simbolica e visiva quanto leggiamo in Gv 10,27-30: "Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti, e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio". In questo modo, per puro dono di Dio, l'esplosione del male in tutte le sue forme (rappresentato dai venti distruttivi ai quali nessuna potenza umana può resistere, e dalla "grande tribolazione" che è la persecuzione), non può togliere loro la vita vera: essi sono salvi, e lo devono al gratuito dono di Dio e alla sua potenza. È quanto essi stessi riconoscono nel loro breve canto di lode: "la salvezza al nostro Dio e all'Agnello". Arrivati a superare la prova, possono riconoscere pienamente la sorgente e l'agente della loro vittoria. Paradossalmente, la glorificazione della creatura e del Creatore non si escludono, al contrario coincidono. Intravediamo qui il mistero della grazia di Dio, che non si pone in alternativa all'opera dell'uomo - più azione di Dio meno azione dell'uomo e viceversa - ma al contrario la suscita. Siamo su questa strada, quando da un lato risalta sempre meglio ai nostri occhi che "la salvezza è di Dio e dell'Agnello", e non nostra; dall'altro ci sentiamo mobilitati e provocati ad attivarci in risposta. Così, la vita cristiana si svolge di mistero in mistero: dalla conoscenza eterna da parte di Dio nei confronti degli eletti, alla loro glorificazione, secondo il cammino scandito da san Paolo in Rm 8,29-30: "Quelli che Egli ha preconosciuti, li ha predestinati ad essere conformi all'immagine del suo Figlio; quelli che ha predestinati, li ha chiamati; quelli che ha chiamati, li ha resi giusti; e quelli che ha resi giusti, li ha glorificati". All'offertorio: Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci conduca alla gloria del cielo insieme a tutti i santi, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente. Al Padre Nostro: Chiediamo al Padre che si realizzi il suo desiderio che tutti gli uomini siano salvi: |