Omelia (24-12-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Luca 1,67-79 Con questo inno Luca ribadisce per il lettore non giudeo la lezione già data nel cantico di Maria: come leggere la storia con gli occhi della fede, secondo la promessa fatta ad Abramo. E' un cantico di benedizione per il passato e di profezia per il futuro. Il brano si divide in due parti. Nella prima (vv.68-75) Zaccaria ringrazia per il Messia che Dio ha donato al suo popolo. Nella seconda (vv.76-79) profetizza la funzione di suo figlio, che avrà il compito di precedere colui che " verrà a visitarci dall'alto come sole che sorge" (v.78). E' un inno liturgico che ringrazia Dio per il dono delle sue promesse realizzate in Cristo. Anche in questo cantico viene messa in evidenza soprattutto la fedeltà di Dio alla sua promessa di salvezza, e il lettore è invitato a conoscere meglio la storia della salvezza per entrarvi di persona e aderirvi sempre meglio. E' lo Spirito Santo che dà a Zaccaria la fede e gli apre la bocca per annunciare la parola di Dio. E Zaccaria vede la realtà con gli occhi di Dio e ne parla come parlerebbe Dio, anzi è Dio che parla attraverso di lui. La prima parola che lo Spirito Santo mette sulle labbra di Zaccaria è quella della benedizione e della lode a Dio. La lode si differenzia dal semplice ringraziamento, in cui si è grati a Dio per i suoi doni; essa va oltre i doni stessi e arriva al Donatore. Dietro le cose e i fatti l'uomo di fede vede Dio stesso che in essi si esprime come dono. Allora gode di Dio stesso, partecipa della sua gioia e ringrazia che Dio sia Dio. Il potere di Dio è quello di dare la salvezza. La salvezza è Cristo, discendente della casa di Davide (2Sam 7). Il motivo di lode è solo e sempre Cristo: è lui il bene totale che il Padre ci ha dato ed è per questo dono che benediciamo Dio. Ciò di cui i profeti hanno parlato è sempre la salvezza. E' in essa che l'uomo può conoscere Dio nel suo amore per lui. In Gesù vediamo il vero volto di Dio, che è amore, tenerezza, compassione e sevizio: egli si immerge nel nostro male, come la medicina nel corpo del malato, se ne fa carico, dà la vita per noi e ci libera da ogni paura di Dio. Il Dio nemico dell'uomo, presentato dal serpente (Gen 3), non è Dio, ma lo stesso demonio. Da questa falsa immagine di Dio nasce la ribellione dell'uomo. La religione che impaurisce l'uomo, l'ateismo, il nihilismo hanno la stessa unica radice: la falsa immagine di un Dio nemico, da affermare, da negare o da trascurare. Da questa inimicizia e sfiducia nasce la necessità che ogni uomo provveda a se stesso: nasce l'egoismo, la paura della morte e l'ansia della vita. Da qui deriva ogni alienazione e schiavitù dell'uomo a tutti i livelli: psicologico, economico, politico, religioso... Così l'uomo diventa peccatore, ossia fallito (in ebraico "peccare" significa mancare il bersaglio, fallire la meta). Il Signore è venuto a liberarci da satana e da tutte le schiavitù nelle quali ci aveva precipitati. L'ultimo nemico ad essere vinto sarà la morte (1Cor 15,26). La paura di essa è la mano del nemico "che ha il potere sulla morte" e che "nel timore della morte" tiene gli uomini "soggetti a schiavitù per tutta la vita " (Eb 2,14). Senza la paura di Dio, la morte non ci avrebbe fatto paura. L'avremmo accettata per quello che è: il ricongiungimento con Dio, sorgente della nostra vita. Dio concede misericordia salvando l'uomo di tutti i tempi. Egli si ricorda di essersi impegnato unilateralmente con l'umanità per mezzo della sua alleanza con Abramo (Gen 15). Il giuramento fatto ad Abramo è un impegno unilaterale: anche se l'uomo viene meno ai suoi impegni, Dio rimane fedele. Dio ha giurato su se stesso di essere fedele alla sua promessa. Per servire il Signore bisogna essere liberi dalla paura e passare dalla schiavitù dei nemici alla perfetta libertà. Questo servizio a Dio si esprime nella pietà e nella giustizia, cioè in una vita da cui traspare la gloria del volto di Dio (cfr Lc 6,27-38). Dopo aver benedetto Dio per Cristo, Zaccaria parla di suo figlio: la realtà di Giovanni, come quella di ogni uomo, è comprensibile solo dopo Cristo e alla sua luce. Per mezzo di Giovanni viene data la conoscenza della salvezza, l'esperienza del Salvatore. Questa conoscenza è concessa nella remissione dei peccati. Solo lì l'uomo peccatore conosce il Signore (cfr Ger 31,31-34). Il peccato è la nostra realtà di cui il Battista ci fa prendere coscienza sulle rive del Giordano. Solo alla luce del perdono e della misericordia di Dio possiamo conoscere la nostra realtà di menzogna. Questa conoscenza che si ottiene nel perdono è fare esperienza delle viscere materne della misericordia del nostro Dio dalle quali scaturisce. E' Gesù il perdono dei peccati e la manifestazione della misericordia del Padre. Il sole Gesù appare ad ogni uomo che è prigioniero del nemico, incatenato nel carcere del proprio peccato e in preda al terrore della morte. Illuminati da questa luce, diventiamo noi stessi luce. Gesù ha detto: "Io sono la luce del mondo: chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12). Solo in questa luce possiamo "dirigere i nostri passi sulla via della pace" (v.79). |