Omelia (05-11-2006)
don Remigio Menegatti
Ti amo, Signore, mia forza (271)

Per comprendere la Parola di Dio alcune sottolineature
La prima lettura (Dt 6, 2-6) presenta una delle condizioni essenziali dell'Alleanza: Dio dona la vita al suo popolo e chiede di osservare le norme e le regole per godere in pienezza del suo dono. Questo impegno passa di generazione in generazione, come il legame che Dio assicura ad ogni uomo, con lo scorrere del tempo, perché lui è fedele. La stessa fedeltà è chiesta anche ad ogni membro del popolo che in tal modo gode di una speciale protezione di Dio. Tra queste regole quella fondamentale è l'amore totale e incondizionato - "con tutto il cuore, la mente e le forze" - verso il Signore.
Il vangelo (Mc 12, 28-34) racconta del dialogo sereno e costruttivo tra uno scriba e Gesù su quale debba essere considerato il primo comandamento della Legge. Gesù unisce all'amore di Dio - "con tutto il cuore, la mente e le forze" - anche l'amore verso il prossimo – da accogliere "come se stesso" -, e afferma che questo amore vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici che l'uomo può dedicare a Dio.

Salmo 17
Signore, mia roccia, mia fortezza,
mio liberatore;
mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo;
mio scudo e baluardo,
mia potente salvezza.

Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.
Mi assalirono nel giorno di sventura,
ma il Signore fu mio sostegno;
mi portò al largo,
mi liberò perché mi vuol bene.

Viva il Signore e benedetta la mia rupe,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato.

Il salmo che usiamo in questa domenica è solo una piccola parte del salmo 17. Il testo liturgico inizia elencando alcune caratteristiche di Dio, che viene "descritto" con alcune immagini: roccia e fortezza, rupe di riparo, scudo e baluardo. Lui è il liberatore, perché permane stabile nel tempo l'azione che ha fatto nascere il popolo: la liberazione dalla schiavitù e il cammino verso la libertà e l'adesione all'Alleanza. Ogni gesto di Dio appare come l'eco dei primi grandi avvenimenti che hanno segnato per sempre la storia del popolo e sono ricordati nelle maggiori festività del suo popolo.
Una seconda strofa racconta questi avvenimenti attuali, vicini nel tempo, perché vissuti da chi canta la lode a Dio: Dio si è dimostrato sostegno, ha portato il credente lontano dal male, lo ha liberato. Il motivo di tutto questo è l'amore gratuito del Signore verso quanti ha scelto.
Il salmo termina con un invito alla lode e alla benedizione: è da esaltare colui che si mostra fedele e realizza la salvezza del popolo che lo riconosce come Dio.

Un commento per ragazzi
Ci sono delle cose che impariamo fin da bambini e che non dimentichiamo facilmente, anche se non le utilizziamo spesso. Si sono fissate nella nostra memoria e difficilmente ci abbandonano, emergendo soprattutto in alcuni momenti forti della nostra vita. Tra queste possiamo riconoscere la preghiera, in particolare le formule apprese nella nostra infanzia.
Le preghiere imparate da bambini rimangono comunque impresse nella nostra memoria anche con il passare degli anni, anche se non le recitiamo continuamente. Tanto più se ci rivolgiamo con frequenza a Dio con le parole apprese. Tra le varie preghiere il Padre nostro è senza dubbio il più familiare. Inoltre in questa formula di preghiera è sottolineato il senso del nostro rapporto con Dio e con gli altri: chiamiamo Dio con il nome di "Padre", e gli accostiamo l'aggettivo "nostro". Siamo come bambini che si rivolgono ai genitori, usando parole così familiari, imparate tra le prime, che contengono tutta una storia e manifestano un sentimento profondo, perché raccontano una relazione fondamentale. Sono parole che ricordano a Dio il nostro amore per lui, mentre richiamano a noi quello che lui ci dona e ci chiede di vivere. Quella del "Padre nostro" è la preghiera che acquista maggior senso se la si avverte come risposta alla chiamata: come un bambino che risponde "papà" e "mamma" ai genitori che lo chiamano per nome e gli sorridono.
Come per noi cristiani il "Padre nostro" è una formula quotidiana, familiare, altrettanto avviene per un fedele ebreo con la preghiera dell'"Ascolta Israele".
È l'invocazione che i nostri "fratelli maggiori" recitano più volte al giorno e ricorda che il primo a prendere la parola è Dio; lui avvia quel dialogo che riempie di gioia chi si considera con fiducia suo figlio. È la preghiera che sottolinea come tutto sia dono di Dio, e questo tesoro può arricchirci nella misura in cui viviamo con gioia il dono di essere figli. Amare Dio non è una regola che si impone dall'esterno, come un dovere appreso a forza di insegnamenti severi, quando non di castighi. È piuttosto la logica conseguenza dell'esperienza ripetuta di sentirsi amati, il frutto del vedersi avvolti nel tenero abbraccio di Dio. Noi lo chiamiamo "Padre", ma a guardare bene scopriamo che ha tante caratteristiche di tenerezza e di delicatezza presenti più facilmente nelle mamme. Ecco perché l'ascolto e l'amore è il primo dei comandamenti, come ricordano Gesù e lo scriba che lo interroga. Unito a questo primo c'è l'altro: perché questo Dio che è Padre e Madre ha pure tanti altri figli: i nostri fratelli! Dio è felice quando nel nostro amore non escludiamo né il Padre, né i fratelli; altrimenti la risposta all'invito "ascolta" rimane incompleta, insufficiente, come un seme prodigioso che non viene seminato e si secca.

Fin fa giovani abbiamo appreso questo comandamento perché fin dall'inizio della nostra vita ci sentiamo amati e avvertiamo la bellezza del dono. È un seme che contiene una grande vita, a patto che lo seminiamo con intelligenza e coltiviamo con costanza e pazienza. Questo amore è già spuntato da tempo, quando noi apriamo gli occhi, ha già portato frutti prima ancora che noi decidiamo di seminarlo; ci previene perché quando decidiamo di fare i primi passi ci indica la strada verso la gioia.
Un amore che rimane fedele: felice se noi lo riconosciamo e lo ricambiamo; comunque stabile e paziente quando restiamo dubbiosi e indecisi se buttarci tra le braccia che ci fanno sperimentare una tenerezza mai assaporata in altro modo. Un amore tanto più intenso se ci coinvolgiamo con "tutto il cuore, la mente e le forze" e lo traduciamo in energia per diventare prossimo di quanti incontriamo ogni giorno nel cammino della vita.

Un suggerimento per la preghiera
"O Dio, tu sei l'unico Signore e non c'è altro Dio all'infuori di te": è quanto stiamo scoprendo giorno per giorno, ed è il motivo della nostra gioia. Ti rivolgiamo questa richiesta: "donaci la grazia dell'ascolto, perché i cuori, i sensi e le menti riaprano alla sola parola che salva, il Vangelo del tuo Figlio, nostro sommo ed eterno sacerdote". Con lui impareremo a vivere come figli tuoi e come fratelli di quanti poni al nostro fianco per donarci una gioia ancora più grande.