Omelia (05-11-2006)
Paolo Curtaz
Anzitutto l'amore

Siamo ciechi e mendicanti. Ai margini della Storia possiamo passare il tempo a rassegnarci o a piangerci addosso o, come Bartimeo, gridare a squarciagola il nostro dolore, senza rassegnazione. "Tempo sprecato" ci dice il mondo attorno a noi. Il Nazareno, invece, sente il nostro grido e ci manda a chiamare. Guariti nel profondo, fatta luce nella nostra vita rabbuiata, seguiamo Gesù per la strada, dicendo agli altri mendicanti: "Coraggio, alzati, il Signore ti chiama".
Questa è la Chiesa: un popolo di ex ciechi, ma ancora mendicanti, che gioiscono nel raccontare ad ogni uomo il volto compassionevole di Dio.
E di quanta luce necessitiamo, ancora e ancora, per capire nel profondo l'immensa pagina di oggi!

Catechismo
Qual è la cosa più importante della vita e della fede? La domanda del nostro amico è, in fondo, la domanda, l'unica vera domanda che vale la pena di porsi e a cui rispondere, l'unica.
Per il nostro amico zelante si trattava di districarsi tra una fitta ragnatela di divieti e lacciuoli, oltre seicento, che il pio israelita era chiamato a vivere ogni giorno. Per Gesù diventa l'occasione per andare all'essenziale, per inviare lui e noi a superare la sindrome della risposta giusta per approdare – infine – al senso della vita per me.
Per cosa vale la pena di vivere?
La domanda che portiamo nel cuore, tutti, necessita di una risposta, prima o poi.
Come Bartimeo, cieco, anche noi mendichiamo una risposta e non troviamo il senso dentro noi stessi, abbiamo bisogno che qualcuno ce la doni.
È il punto di partenza per ogni ricerca, per ogni vita: cercare, chiedere, ammettere con disarmante semplicità che siamo fragili e non troviamo in noi stessi, davvero, una qualche ragione per vivere.
Lo Scriba è più interessato a far sfoggio di cultura che a mettersi in discussione, in lui la Parola si è inaridita ed è diventata ricerca di approvazione, non inquietante interrogativo.

Cosa, Rabbì?
Qual è la prima cosa, Rabbì?
Nonostante la gente ci inviti a tacere, a rassegnarci, a non far rumore, come Bartimeo, urliamo più forte, chiediamo pietà e luce: il Signore passa e ci chiama, ci invita ad alzarci, ad abbandonare il mantello, a non dar retta ai troppi falsi profeti dei nostri amari giorni (zuzzerelloni?) che ci invitano a non illuderci, a godere, finché possiamo.
Qual è il senso della vita, Maestro Gesù?
E Gesù sorride, benevolo, e spiega: "lasciati amare, amati, ama".

Lasciati amare
Lasciati amare da Dio, anzitutto.
Può l'amore essere un comandamento? Posso comandare di amare Dio? È assurdo, no? Un controsenso! L'amore è scelta, è libertà, è sentimento.
Posso rispettare, temere, ma non amare, se vi sono costretto.
Esiste una verità semplice, un comandamento prima del primo, un comando soggiacente a tutta la Scrittura: lasciati amare.
Dio ci ama, quando lo capiremo?
Ci ama senza condizioni, senza possesso, senza fragilità.
Ci ama non perché meritevoli (che amore è un amore che pone condizioni?), non ci ama perché buoni ma, amandoci, ci rende buoni.
Lo so, fratello che ascolti, forse il tuo cuore è indurito, rinchiuso in una gabbia di dolore, non riesci a vedere questo amore perché la rabbia di non essere stato amato ti ha intossicato il cuore e la mente. Fidati, amico, lasciati andare, non scherzo, davvero.
Dio sul serio ti ama, sul serio desidera per te il bene, davvero.
Gesù è morto per affermare questa certezza, ci ha creduto e ne è morto.

Amati
La seconda condizione per cui vivere: amati.
Quando Gesù afferma di amare il prossimo come se stessi, ci obbliga a guardare il rapporto che abbiamo col nostro dentro, col nostro intimo.
Amati, cioè accetta ciò che sei, i tuoi limiti, le tue parti oscure.
Un falso cristianesimo ci impedisce di gioire di noi stessi, vedendo in questo atteggiamento un atto di egoismo. L'egoismo è, invece, non accettare il proprio limite, volere accaparrare invece di fare della propria vita un dono. L'egoista appare, si sforza di vendere un'immagine di sè che gli impedisce di rientrare in se stesso e gioire.
Ti ami, fratello? Ti perdoni? Sei convinto che ciò che sei può diventare un capolavoro? Hai ragione, ci vuole tutta la vita per imparare ad amare, tutta la vita.
Ma si può fare, sul serio, guardarsi come ci vede Dio, non come il nano delle nostre paure né il gigante dei nostri sogni, ma come persona che Dio ha pensato e amato.
Allora posso amare dell'amore che ho ricevuto e che ha trasfigurato il mio cuore, allora posso davvero vivere riconciliato nel profondo con il fratelli.

Ama
Infine il Maestro ci dice: ama.
Ama Dio perché ti scopri teneramente amato, amalo perché te ne innamori, amalo come riesci, ma tutto, interamente. Non esiste l'amore puro, non esiste il gesto totale, il nostro amore, spesso, è vincolato, fragile, appesantito.
Pazienza: tu ama con tutto ciò che riesci, come riesci, ama senza paura.
Eccolo il segreto, amici. Scoprire di essere amati, di essere amabili, di diventare capaci di amare nel nostro modo un po' grossolano e fragile. Dio ci rende capaci di amore, di luce, di pace, di essere segno e dono, di donare, di contrastare la logica di questo mondo.
Difficile, vero. Si ha l'impressione di nuotare controcorrente.
Ma nel fiume solo i pesci morti seguono la corrente.

Ecco le prossime date dei miei incontri in giro per l'Italia:
a Lucera (FG) 7 novembre alle 20,30, santa Maria delle Grazie: "In coppia con Dio";
a Roma 8 novembre alle 21, sant'Anna in Vaticano: "La Samaritana";
il 16 novembre a Bolzano, ore 20,30: "Gesù sposo".