Omelia (05-11-2006)
Omelie.org (bambini)


Abbiamo ascoltato tre letture bellissime, ma mi piacerebbe che custodissimo e ricordessimo sempre solo due parole: Ascolta e Ama.
Ci avete fatto caso quante volte questi due inviti tornano nelle letture di oggi?
Vale la pena farci attenzione, perché se il Signore si premura di ripetere molte volte le stesse parole, vuol dire che le considera davvero importanti.
Nella prima lettura, tratta dal Libro del Deuteronomio, è la voce di Mosè a rivolgersi al popolo ed invitare: "Ascolta, Israele!"
Che cosa deve ascoltare il popolo tutto? I comandamenti del Signore Dio: ascoltarli e metterli in pratica.
E perché? Perché il popolo d'Israele dovrebbe fare quanto il Signore comanda? Per paura? Per dimostrare che sono bravi? Nooo! Sentite che bello: "perché tu sia felice"!!!
Il Padre buono ci dà le sue leggi da seguire per questo splendido motivo: per essere felici, perché possiamo trovare la piena felicità.
Non sono comandi per umiliare, costringere, sottomettere... sono comandi per dare la felicità!
Ma in che cosa consistono questi comandi del Signore? Sono racchiusi in una parola sola: Ama!
"Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze":
che comando bellissimo, non vi pare?!
Per essere felici, l'unica strada possibile è amare.
E come bisogna amare? Il Signore Dio ci dà le indicazioni particolareggiate: ci chiede di amare con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. In pratica, ci sta dicendo che vuole che amiamo con tutto noi stessi!
Perché, effettivamente, potremmo decidere di amare solo con la mente: è un rischio, sapete, e molti adulti dicono di amare Dio ma lo fanno con la sola mente. Nel senso che si può riconoscere che esiste Dio, che è Lui l'autore di tutta la Creazione, che è Onnipotente e che Gesù è suo Figlio mandato nel mondo per salvarci. Ma dopo aver pronunciato tutti questi atti di fede, niente cambia nella vita. Sì, la mente riconosce il Signore Dio e afferma di amarlo, ma tutto il resto della persona rimane distante e continua a vivere quasi come se Dio non ci fosse.
Per questo non basta amare solo con la mente.
D'altra parte ci sono persone che amano solo con il cuore. È una fede sentimentale, in cui magari ci si commuove per la bontà di Dio, si sta bene in chiesa o a un incontro di preghiera, ma la vita, le scelte personali, rimangono lontane dal Vangelo. Ci si ricorda del Signore per chiedergli qualcosa, una grazia, un favore... magari si accende un lumino in chiesa, si tiene il Crocifisso sopra il letto, ma non si ha poi il coraggio di riconoscersi apertamente cristiani, di fare scelte che rispondano al Vangelo.
Per questo non basta amare solo con il cuore.
Ed infine ci sono persone che amano solo con le forze: pensano che per far contento il Padre del Cielo bisogna fare le cose tutte a puntino: essere bravi ad osservare tutti i precetti: non saltare mai la Messa, non mangiare carne il venerdì, digiunare in Quaresima, fare qualche elemosina... però l'anima resta lontana. Sono persone molto corrette, indubbiamente, ma non c'è gioia nel loro servire il Signore. Si sentono "a posto" ma non si sentono amate dal Padre e il loro cuore non trabocca di felicità.
Per questo non basta amare solo con le forze.
Il Signore Dio conosce tutto quello che passa nella vita dei suoi figli e conosce quindi tutti questi rischi, i rischi di amare solo con una parte di noi e non con tutto noi stessi.
E allora si premura di ricordarcelo: "Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze".
Questo comando, dato per bocca di Mosè al popolo d'Israele, non è qualcosa di lontano, di passato: ci riguarda tutti, uno per uno. E nel brano del Vangelo di questa settimana, tratto dal racconto di Marco, ecco che Gesù ci aiuta a ricordarlo rispondendo a un dottore della legge. Immaginiamo di essere anche noi tra la folla che sta ascoltando Gesù: facciamoci spazio, per metterci davanti e vedere che cosa accade.
Uno degli scribi, un sapiente delle cose di Dio, ha ascoltato Gesù parlare e insegnare ed è rimasto colpito dal Maestro di Nazareth. Così gli pone una domanda importante: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?"
Non è una domanda a trabocchetto, non sta cercando di mettere Gesù in difficoltà: questo scriba è sinceramente interessato ad ascoltare la risposta di Gesù, vuol capire quale insegnamento della Scrittura reputa il più importante di tutti.
Il Signore Gesù, che conosce cosa c'è nel cuore di ciascuno, sente la sete di verità di questo scriba e risponde, citando proprio il passo del Deuteronomio che abbiamo letto oggi: "Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente con tutta la tua forza."
Ed aggiunge qualcosa, Gesù: aggiunge il modo concreto di mostrare questo amore per Dio: "E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi",
Gesù non lascia dubbi: non ci sono comandamenti più importanti di questi. Non ci sono scorciatoie per raggiungere il Regno di Dio: questo è il sentiero tracciato. Non possiamo dire di amare il Signore se non amiamo il prossimo: è il modo tangibile, sensibile, di dimostrare il nostro amore per Dio.
Solo amando il prossimo, l'amore per Dio diventa visibile, diventa vivo.
Amare il prossimo con tutto noi stessi, con la mente, le forze ed il cuore.
Amando con la mente, cioè facendo attenzione alle necessità di chi ci sta accanto, tenendo gli occhi aperti.
Con tutte le forze: cioè amando nei gesti concreti, condividendo quello che abbiamo, soccorrendo chi è nel bisogno, restando vicini a chi è solo, triste, messo da parte. Amando con tutto il cuore: condividendo la gioia e il dolore, rallegrandoci quando intorno a noi capita qualcosa di bello a qualcuno, partecipando alla tristezza di chi vive un momento difficile.
Gesù usa un metro di misura molto chiaro: ama il prossimo come te stesso. Ama gli altri con la cura che hai verso di te e come tu stesso vorresti essere amato da chi è con te.
Lo scriba, che ha ascoltato con attenzione la parola di Gesù, annuisce, sentendo quanta verità c'è nell'insegnamento del Maestro, e lo dice apertamente: "Hai risposto bene, Maestro!"
Quello scriba, agli occhi della gente, era una persona molto più importante di Gesù: Gesù era solo il figlio di un falegname, che percorreva tutto il territorio annunciando il suo Vangelo, vivendo poveramente, dormendo per terra... Mentre lo scriba stava nel Tempio, tra i dottori, tra i saggi, tra i potenti d'Israele. Ma questo scriba ha il cuore limpido e riconosce la grandezza di Gesù, per questo lo chiama ad alta voce: "Maestro". Riconosce che Gesù è un maestro anche per lui, che ha più anni e più esperienza.
Abbiamo detto che anche noi siamo in mezzo alla folla, che magari spinge un po' intorno e che di sicuro, dopo questo dialogo sta mormorando ammirata: "Hai sentito che ha detto il Maestro Gesù?... e hai sentito come lo ha chiamato lo scriba?"
Lasciamo da parte tutto il mormorio della gente e proviamo a pensare: che cosa significano per noi queste parole di Gesù?
Sappiamo che Dio vuole essere amato da noi e vuole un amore completo, che riguarda tutto di noi: la mente, le forze ed il cuore.
E Gesù ci ha appena spiegato che questo amore diventa vivo, diventa qualcosa che si può toccare, quando amiamo il prossimo.
Di certo, non vogliamo lasciarci sfuggire la possibilità di far diventare vivo l'amore per Dio!
Allora restiamo qualche momento in silenzio e proviamo a pensare al modo concreto in cui possiamo amare, nella nostra quotidianità, nella settimana che ci sta davanti.
Facciamo passare nella mente i volti dei nostri genitori, dei fratelli, dei compagni di scuola, degli insegnanti, degli amici con cui passiamo il tempo libero... sono tutti il nostro prossimo...
Come vogliamo amarli? Come possiamo amarli con tutta la mente, tutte le forze, tutto il cuore?
Ciascuno decida nel segreto di sé, sapendo che questo è il modo più vero per manifestare il nostro amore per Dio. Il nostro amore, che è risposta al Suo amore infinito, che stiamo celebrando in questa Eucaristia.

Commento a cura di Daniela De Simeis