Omelia (05-11-2006) |
mons. Antonio Riboldi |
Dimmi chi ami e ti dirò chi sei Non è facile ai nostri giorni, ma credo sempre, se leggiamo con sapienza la storia, sapere "CHI" sta al primo posto nella graduatoria del nostro amore, ossia quale risposta daremmo alla domanda: "Chi sta al primo posto nel tuo cuore, tanto da essere il vero tesoro della vita?". Un giorno rivolsi questa domanda a un gruppo di adolescenti. Le risposte riflettevano perfettamente quello che più conta per loro. Chi mi diceva "la mamma"; chi, pochi, "papà" o "i fratelli", e sono già risposte buone. Ma quando al "chi ami di più" sostituii "cosa ami di più, ossia cosa credi ti possa rendere felice per sempre, nella vita e dopo?", le risposte furono la fotografia di quanto, a volte, sbagliando, il mondo propone: "essere il più ricco", .., "il più importante",... "un grande atleta", e via dicendo. Di ciò che conta di più, stando alle parole del Vangelo di oggi, nessun accenno...come non esistessero o nessuno ne avesse mai parlato. Eppure per tanti, o pochi, chi conta nella vita, ossia chi occupa il primo posto nella loro vita è Dio. Nessuno più di Lui ci vuole bene. Non solo, ma quel bene è la sola ragione per cui ci ha fatto dono della vita e dovrebbe essere il solo "tesoro nascosto nel campo", per cui uno "va e vende tutto quello che possiede per comprarlo". Chiesi un giorno a mamma, fattasi ormai anziana, chi di noi figli amasse di più. La risposta mi lasciò senza parole. "Voglio bene a papà prima di tutto e poi a ciascuno di voi, che amo come la mia vita e, più diventate buoni più vi voglio bene. Ma ricordati, sopra tutti voi, chi amo di più è Dio. Voi siete i "gradini" che ogni giorno salgo, per esprimere questo amore". Vestiva sempre allo stesso modo, da povera, staccata da tutto. Non aveva nulla, ma proprio nulla. In tasca aveva la corona del S. Rosario, che credo recitasse tante volte al giorno, un pezzo di pane secco ed un briciolo di formaggio grana. "Sono nuda di tutto quello che appartiene a questo mondo, per la semplice ragione che quando Dio mi chiamerà, avrò un cuore vuoto di cose, ma con la ricchezza vostra e Sua". Ma c'è ancora questa ricerca di Dio? Che posto occupa in noi? Eppure è il Solo che sa amarci immensamente ora e, soprattutto, dopo. Il resto scompare, come tutte le cose di questo mondo. O meglio tutto, dalla salute ai soldi, a quello che vogliamo, dovrebbe essere solo un mezzo per dire in mille modi: "Dio ti amo". È la risposta che Gesù dà oggi allo scriba: "Lo scriba gli domandò: Qual è il primo dei comandamenti?. Gesù rispose: Il primo è: Ascolta, il Signore Dio nostro è l'unico Signore: amerai il Signore con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, e con tutta la tua forza. E il secondo è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questo. Allora lo scriba gli disse: Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non vi è altro fuori di Lui: amarLo con tutto il cuore e con tutta la mente, e con tutte le forze e amare il prossimo come se stessi, vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici. Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: Non sei lontano dal Regno di Dio. E nessuno aveva più il coraggio di interrogarLo" (Mc 12,28). E noi siamo "lontani" o "vicini" dal Regno di Dio? Ho avuto la grande fortuna di avere vicino, nei miei passi di cristiano, persone che, come parlavi loro di Dio, si illuminavano, come quando ad un giovane innamorato si parla della sua sposa. Vorrei averla io la gioia di questi santi, che il mondo non capisce, ma ammira. S. Agostino fu un vero maestro in questo e nelle "Confessioni" così si rivolge a Dio: "Che cosa sono io per te, perché tu voglia essere amato da me, al punto che ti inquieti se non lo faccio e mi minacci severamente? Come se non fosse già una grossa sventura non amarti! Dimmi, ti prego, Signore Dio misericordioso, cosa sei per me? Dì alla mia anima: Io sono la tua salvezza. Dillo che io ti senta. Le orecchie del mio cuore, Signore, sono davanti a te: aprile e dì alla mia anima: Io sono la tua salvezza. Riconoscerò questa voce e così ti raggiungerò, ma tu non nascondermi il tuo volto; che io muoia per non morire e contemplarlo. La casa della mia anima è troppo angusta, perché tu possa entrarvi, dilatala Tu. È in rovina, restaurala Tu. Contiene cose che ti ripugnano, lo so, non lo nego. E a chi se non a te griderò: purificami dalle mie colpe nascoste. Credo ed è per questo che parlo, Signore, tu lo sai" (da Le Confessioni). Davanti a tanta fuga da Dio, che si nota oggi, come in ogni tempo, avendo tutti sotto gli occhi come l'effimero che offre il mondo davvero ha solo la brillantezza della lucciola, che dura un attimo e nasce dal letame, viene da chiedersi: "Ma che cosa attrae così tanto gli uomini oggi?". Abbiamo tutti tanta fame di amore e non sappiamo volgere gli occhi dove nasce l'amore, ossia verso il Padre. Eppure la strada della vita, per tutti, è farsi inebriare dall'amore del Padre e poi riempire i fratelli, a partire da chi non conosce più l'amore e si sente solo o sofferente, di quello stupore che solo l'Amore subito dona. Un' anima, in cui non ha sede il Padre, ha la freddezza insopportabile di una casa vuota, abbandonata! Era, per tutto il popolo eletto, gli Ebrei, come un testamento da avere presente giorno e notte, quanto dice il Deuteronomio: "Mosè parlò al popolo dicendo: Temi il Signore tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio, il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi, che io ti do e così sia lunga la tua vita. Ascolta Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e cresciate molto di numero nel paese dove scorre latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore" (Dt 6, 2-6). Sono davvero felice, quando il Vangelo me ne dà l'occasione, di offrire a voi, miei amici, qualche pensiero di A. Rosmini, che ormai si avvia presto verso la beatificazione, fondatore dell'Istituto della carità. Nella prima delle "massime di perfezione", intitolata "Desiderare unicamente e infinitamente di piacere a Dio, cioè di essere giusto", afferma: "Chi ama Dio, come comanda il Vangelo, cioè "con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente", sa che a Dio non può dare alcun bene, perché Dio li ha tutti. Perciò desidera almeno usargli giustizia riconoscendo le sue infinite perfezione e desidera servirlo in tutte le proprie azioni, offrendogli l'ossequio, la sottomissione e l'adorazione più grandi che sia possibile. Il che equivale a dire: desidera unicamente e infinitamente la gloria di Dio. E siccome nell'ossequio e nella gloria resa a Dio sta la santità dell'uomo, la perfezione del cristiano comporta una tendenza a conseguire la maggiore santità che sia possibile" (massima n. 1). Ma non si può parlare del Padre da amare con tutte le forze, come sommo Bene, senza trasferire lo stesso amore sui fratelli. Quando affermiamo che Dio è Padre e noi siamo fatti a sua immagine, non si può separare l'amore del Padre dall'amore per i fratelli. Dire che si ama Dio, senza estendere il suo amore ai fratelli, è davvero negare la sincerità del nostro amore. Per questo Gesù, come è nel Vangelo di oggi, dopo aver richiamato all'amore totale per il Padre, afferma: "Il secondo è questo: amerai il prossimo tuo come te stesso". Gesù quasi spiega il posto privilegiato che ogni uomo deve avere nella nostra vita e arriva a dirci: "Tutto quello che fate ad uno di questi miei fratelli, lo fate a me". Ed è proprio sul nostro rapporto con i nostri fratelli, chiunque siano, che si misura la nostra santità. Ho letto da qualche parte che gli uomini sono come gli angeli, ma con un'ala sola. Possono volare solo se rimangono abbracciati. A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare che anche Dio abbia una sola ala. L'altra la tiene nascosta, forse per farmi capire che anche Lui non vuole volare senza di noi. Una cosa che mi ha tanto colpito nel pellegrinaggio a Lourdes, in settembre, è stata la lunga sfilata delle carrozzelle, che portavano gli ammalati alla Grotta o a partecipare alle tante meravigliose liturgie. Ognuno di loro era affidato ad un volontario, a sua completa disposizione, che così consentiva loro di essere parte viva del pellegrinaggio. Vederli così, ammalati e volontari, come fossero una cosa sola, era dare senso alle "due ali", che Dio dà nella carità, rendendo i deboli forti e i forti deboli. Il nostro mondo, anche se non siamo malati, è pieno, tanto pieno, di uomini, donne, che hanno bisogno di sentirsi amati: ossia cercano chi "diventi ala" e così poter conoscere "il volare" della carità. Saremo capaci anche noi di essere a volte "ala", per chi non può volare da solo? O, a volte, quando ci sentiremo soli, sapremo trovare ed accettare "l'altra ala", ossia l'amore del prossimo? Qui è la vera santità. |