Omelia (05-11-2006) |
padre Antonio Rungi |
Un solo Dio da amare totalmente La Parola di Dio di questa XXXI Domenica del Tempo ordinario dell'Anno Liturgico che volge al termine ci propone, come motivo principale della nostra riflessione e meditazione, il primo fondamentale comandamento per l'antico Israele e per il nuovo Israele, che è la comunità dei credenti, nata dalla morte in Croce e Risurrezione di Gesù Cristo, unico salvatore del mondo. Colui che ci ha rivelato pienamente e per sempre il mistero del Dio Uno e Trino, che è il mistero di Amore nel senso più pieno e completo che ci possa essere. La Parola di Dio di oggi, infatti, sia nella prima lettura che nel testo del Vangelo di Marco, affronta questo argomento fondamentale di ogni fede e soprattutto della fede ebraica e cristiana: l'unicità di Dio e il monoteismo. Leggiamo dal testo del Deuteronomio le seguenti parole: "Mosè parlò al popolo dicendo: "Temi il Signore tuo Dio osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così sia lunga la tua vita.Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice e cresciate molto di numero nel paese dove scorre il latte e il miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore". Gli fa eco il testo di S. Marco che riprende il discorso sul monoteismo e lo pone sulla bocca di uno scriba che si rivolge a Gesù per chiederGli quale sia il primo e più grande comandamento per il Maestro. Gesù risponde con grande conoscenza dei testi veterotestamentari ed indirizza il richiedente ad attingere dalla sua fede, dal passato, il contenuto essenziale della religione e quindi anche della religione di Cristo: "In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?". Gesù rispose: "Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi". Allora lo scriba gli disse: "Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici". Domanda quanto mai attuale anche ai nostri giorni, di fronte alla crisi generalizzata della fede, ad una pluralità di religioni che, ognuna per suo conto, pensa di accreditarsi presso la gente come l'unica, la più certa e la più vera. Gesù allo scriba risponde che c'è un solo Dio e questo Dio bisogna amarlo veramente e totalmente. Cosa voglia dire questo amore totalizzante verso Dio lo si comprende dal testo stesso, che non si limita ad esporre la necessità di amare un Essere superiore, ma anche di amare l'essere umano. I due comandamenti dell'amore cristiano sono sintetizzati nel grande comandamento dell'Amore di Dio, da cui trova origine ogni vero amore, ben sapendo che amare vale molto più di qualsiasi altra cosa, compresi i sacrifici e gli olocausti. L'amore impegna la persona senza mettere in conto calcoli e limiti, ma donandosi generosamente e senza condizioni a colui che ci ama per primi e ci ama da sempre e per sempre. Un amore, quello divino, che sfocia nell'amore vero verso ogni fratello e che trova in Gesù, Sommo sacerdote, la chiave di lettura autentica di tale amore che si fa oblazione. "Fratelli, [gli Israeliti] sono diventati sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo; Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore. Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; che non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso. La legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a umana debolezza, ma la parola del giuramento, posteriore alla legge, costituisce tale il Figlio reso perfetto in eterno". Gesù Sommo Sacerdote del Regno futuro ci insegna ad amare Dio prima di ogni altra cosa. Ci indica la strada della personale salvezza e della salvezza dei nostri fratelli. Una strada che ci porta ai piedi del Calvario, ma soprattutto al cima del Calvario, ove Cristo si immola, una volta per sempre, per i nostri peccati, ridandoci la dignità di figli di Dio e mettendoci nella condizione di poter camminare nella direzione di marcia che porta ogni persona a salvare la propria anima. Se l'uomo di oggi, come quello di sempre, non comprende quanto sia importante porre Dio al centro della propria vita il rischio del fallimento di ogni progetto di qualsiasi genere è reale e non solo ipotetico, anzi è un rischio che questa umanità già sta correndo, rincorrendo altri dei che non sono il vero e l'unico Dio che si è rivelato in Gesù Cristo. A questo Dio Padre, Figlio e Spirito santo, uno e trino, un Dio che è amore in sé ed è Amore al di fuori di sè, dobbiamo ispirarci nella nostra esistenza terrena, perché quel secondo comandamento dell'amore, legato inscindibilmente al primo, possa trovare concrete risposte nel nostro agire e nel nostro mondo. Sia la nostra risposta di fede in Dio questa preghiera che recitiamo oggi all'inizio della celebrazione eucaristica: "O Dio, tu se l'unico Signore e non c'è altro Dio all'infuori di te; donaci la grazia dell'ascolto, perché i cuori, i sensi e le menti si aprano alla sola parola che salva, il Vangelo del tuo Figlio, nostro sommo ed eterno sacerdote". E con il Salmo 17 vogliamo rinnovare il nostro impegno d'amore verso il Signore e verso le sue creature: "Ti amo, Signore, mia forza. Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza. Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici. Mi assalirono nel giorno di sventura, ma il Signore fu mio sostegno; mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene. Viva il Signore e benedetta la mia rupe, sia esaltato il Dio della mia salvezza. Egli concede al suo re grandi vittorie, si mostra fedele al suo consacrato". |