Omelia (12-11-2006)
Omelie.org - autori vari


PRIMA LETTURA
Dal primo libro dei Re (17,10-16)
La fame regna nella terra promessa, che ormai è diventata una terra usurpata da ricchi e da potenti. Dio tuttavia è sempre disposto a nutrire i suoi fedeli. Il paradosso vuole che sia una povera vedova pagana a dar prova di senso di condivisione. Il Signore allora le concede tutto quello di cui ha bisogno per sopravvivere nel tempo della carestia.

SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (9,24-28)
Riprendendo la sua descrizione del culto ebraico, l'autore della lettera agli Ebrei, descrive l'entrata solenne del sommo sacerdote nel santuario, il giorno della festa del perdono dei peccati. Questa cerimonia si deve ripetere tutti gli anni, perché il peccato è sempre presente. Ma le lettera mostra come Gesù effettui una volta per sempre questo gesto. La perfezione della sua vita, che si manifesta nel dono totale di se stesso, vince definitivamente il peccato e gli permette di incontrare Dio, come è dimostrato dalla sua resurrezione ed ascensione. Con la fede possiamo essere coinvolti in questo dinamismo. Fin dal momento in cui ci mettiamo in cammino con gli occhi fissi sul Signore, siamo già salvi.

VANGELO
Dal vangelo secondo Marco (12,38-44)
Il vangelo di oggi testo chiude "in bellezza": con una dura requisitoria, una serie di diatribe che portano Gesù a scontrarsi con Scribi e Sadducei.
Gli scribi, che Marco sembra identificare in tutto e per tutto con i farisei, mentre c'erano scribi sia di parte farisea che sadducea, erano maestri di lettura e depositari della interpretazione della Scrittura. Molto vicini nel loro servizio al popolo a ciò che fa oggi un parroco.
Gesù esamina 4 segni di distinzione ben visibili: L'abito, il titolo onorifico (=diritto ad essere salutati per primi), il ruolo di presidenza nelle liturgie, i piccoli favori personali pratici (=essere invitati e mangiare meglio).
Tutti questi segni di distinzione sono più a meno naturali e dovuti all'ufficio, ma Gesù rimprovera i sadducei perché ricercano tutto questo come un valore in sé. "Amano" indica infatti una ricerca bramosa, che non dà importanza al fine di queste azioni, ma alle azioni in sé stesse.
Il loro comportamento è reso ancor più negativo dal fatto che violano i due comandamenti fondamentali, quello dell'amore di Dio: con la falsità nella preghiera e quello dell'amore del prossimo. "Divorare le case delle vedove" può essere inteso come sfruttare i più poveri tra i poveri. Forse si evoca l'usura, a cui soprattutto le vedove erano costrette a ricorrere. Lo sfruttamento del povero e l'usura sono tra i peccati sociali peggiori che l'intero AT conosca. Per questo essi meritano una condanna più grave (sottinteso: "degli altri ebrei") perché la condizione di privilegio a motivo del servizio svolto, che in sé non è contestata, comporta però una seria responsabilità di maggiore impegno. I privilegi, dati in vista di poter svolgere al meglio un compito importante per tutta la comunità, sono da considerare come dei "talenti" di cui si dovrà rendere conto.
Come tutte le persone oneste e sincere Gesù dimostra una naturale antipatia per gli ipocriti. La relazione di fede che unisce l'uomo a Dio perde di valore ogni volta che si lascia contagiare dal formalismo e dall'ostentazione.
La fede ha naturalmente bisogno di forme, gesti e simboli in cui incarnarsi, ma non può ridursi mai a questi.
Il rimprovero di Gesù contro gli scribi tocca dunque anche noi e richiede una revisione seria dei nostri gesti di fede, delle nostre liturgie ed anche dei nostri segni di carità.
La chiusa delle diatribe con farisei e sadducei si apre però alla speranza. Gesù indica il modello della vedova: essa è l'ultima degli ultimi, infatti appartiene a ben tre categorie emarginate: povera, donna, vedova. Al tempo di Gesù i poveri, le vedove e le donne erano, con i bambini, le ultime categorie della scala sociale ed anche della scala religiosa, che troppo spesso seguiva più le distinzioni economiche, che quelle morali. Eppure è proprio lei che attua in concreto l'insegnamento appena dato da Gesù, in riferimento ai comandamenti.
L'offerta per il tempio era un atto di culto a Dio che aveva anche una rilevanza sociale, era insieme un atto di culto ed un atto di carità, come potrebbe e dovrebbe essere la nostra questua domenicale. Gesù non la contesta, anzi mostra come può essere vissuta al meglio: come atto di generosità e di fede nella provvidenza divina che non ci abbandona nella nostre vere necessità.
Questo quadretto edificante, posto a contrasto con il comportamento degli scribi, servirà a Marco per introdurre il grande testo seguente del giudizio su Gerusalemme.
Il gesto della vedova non ha nulla di eclatante. E' un gesto semplice, di pietà popolare, del quale Gesù mette in rilievo l'intenzione profonda: attira l'attenzione dei discepoli, e la nostra, su un atteggiamento che sarebbe potuto passare inosservato. Molto spesso i nostri occhi, così capaci di vedere il negativo e di subire lo scandalo di quanti fanno il male, non sanno prestare altrettanta attenzione al positivo ed ai buoni esempi. Gesù si dimostra anche in questo caso esemplare. I suoi occhi sanno scrutare i cuori e mettere in luce il bene. Quanto sono diversi dall'occhio troppo spesso superficiale e negativo delle telecamere, che sempre di più diventano il modello del nostro sguardo.
Il gesto della vedova costituisce infine un modello trasparente di che cosa vuol dire credere. Credere infatti non è tanto accogliere intellettualmente dei contenuti, quanto affidarsi a qualcuno, fondare su di Lui la propria certezza e la propria speranza. Credere in Dio non è dunque solo credere in quanto Dio ci ha rivelato, ma soprattutto appoggiarci a Lui per vivere. In ebraico, il verbo che esprime la fede, e dal quale deriva l'espressione "Amen", indica proprio questo fondare, basare la propria vita. E' quanto fa la vedova riprendendo l'esempio della vedova di Zarepta di Sidone che aveva accolto il profeta Elia. Essa dà al Signore tutto quello che le potrebbe offrire una certezza di vita, "tutto quanto aveva per vivere". Non si tratta di incoscienza, ma di fede che si appoggia su Dio dal quale certamente verrà l'aiuto, perché da parte umana è stata compiuta con eroica pienezza la Sua volontà.

Commento a cura di don Nazzareno Marconi