Omelia (12-11-2006)
mons. Vincenzo Paglia
Questa vedova, nella sua povertà, ha dato tutto quello che aveva

Introduzione

Gesù contrappone qui due tipi di comportamento religioso. Il primo è quello degli scribi pretenziosi che si pavoneggiano ed usano la religione per farsi valere. Gesù riprende questo atteggiamento e lo condanna senza alcuna pietà. Il secondo comportamento è invece quello della vedova povera che, agli occhi degli uomini, compie un gesto irrisorio, ma, per lei, carico di conseguenze, in quanto si priva di ciò di cui ha assolutamente bisogno. Gesù loda questo atteggiamento e lo indica come esempio ai suoi discepoli per la sua impressionante autenticità. Non è quanto gli uomini notano che ha valore agli occhi di Dio, perché Dio non giudica dall'apparenza, ma guarda il cuore (1Sam 16,7). Gesù vuole che guardiamo in noi stessi. La salvezza non è una questione di successo, e ancor meno di parvenze. La salvezza esige che l'uomo conformi le azioni alle sue convinzioni. In tutto ciò che fa', specialmente nella sua vita religiosa, l'uomo dovrebbe sempre stare attento a non prendersi gioco di Dio. Scrive san Paolo: "Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato" (Gal 6,7).

Il Signore chiede che si abbia un cuore puro, una fede autentica, una fiducia totale. Questa donna non ha nulla. È vedova, e dunque senza appoggio e senza risorse. È povera, senza entrate e senza garanzie. Eppure dà quello che le sarebbe necessario per vivere, affidandosi a Dio per non morire. Quando la fede arriva a tal punto, il cuore di Cristo si commuove, poiché sa che Dio è amato, e amato per se stesso. L'avvenire della Chiesa, il nostro avvenire, per i quali le apparenze contano tanto, è nelle mani di questi veri credenti.

Omelia

La scena evangelica si apre con una singolare notazione: "La grande folla lo ascoltava volentieri". Perché? Gesù toccava il cuore della gente perché l'amava a tal punto da dare la sua stessa vita per loro. Ascoltare il Vangelo, e ascoltarlo volentieri, era decisivo per la salvezza. Già l'antico libro del Siracide esortava l'uomo saggio ad "La folla capiva che ascoltare volentieri la parola divina" (6, 35).
Siamo al termine del viaggio di Gesù verso Gerusalemme e il contrasto con gli scribi e i farisei ha raggiunto il suo culmine. L'evangelista Marco sottolinea la diversità tra l'atteggiamento della folla e quello della gerarchia religiosa. Tuttavia non si tratta di una differenza riguardante l'appartenenza o meno ad una determinata categoria. Il Vangelo di domenica scorsa parlava di uno scriba che "non era lontano dal regno dei cieli". Il nodo del problema sta nel cuore degli uomini e nel bisogno che si ha della salvezza. Gesù sente le domande della folla che lo segue e non vuole disattenderne il bisogno e tanto meno abbandonarla al suo destino. Il rifiuto o la disattenzione a quel grido avrebbe significato riconsegnare quella folla di bisognosi nelle mani degli scribi e dei farisei, cattivi pastori che avrebbero lasciato tutti nella disperazione. L'indifferenza non è mai solo indifferenza; è molto di più. Essa è abbandono dei più deboli in balìa degli "scribi". E ogni tempo ha i suoi "scribi" che si aggirano con lunghe vesti, che occupano i primi seggi nelle assemblee e nelle agorà della politica e della cultura, che ricevono i saluti e l'ossequio della maggioranza. Scribi e farisei sono coloro che dettano cosa sia la felicità o l'infelicità; sono coloro che governano le coscienze e i gusti, che ci indirizzano con un'autorità che spesso non cogliamo ma alla quale soggiaciamo. Sono dei veri maestri di vita. Hanno a disposizione potenti mezzi, come potenti e forti erano gli scribi al tempo di Gesù. Egli, allora come oggi, con la povertà della predicazione evangelica, vuole scalzarli dal loro ruolo di guida perché non impongano più pesi gravi e inutili sulle spalle della gente disperata. Gesù, solo lui, è il vero buon pastore.
Gesù non si arresta nella sua requisitoria e aggiunge: "Essi divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere". Le case delle vedove sono quelle di chi non ha nessuno che li difenda. Ancora oggi sono molte le case di vedove e di orfani non difesi, a volte si tratta di paesi interi. Sì, ci sono tante vedove come quella di Zarepta, di cui abbiamo ascoltato dal primo libro dei Re. Quanti sono costretti a dichiarare: "non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' d'olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a cuocerla per me e per mio figlio: la mangeremo e moriremo"! In tante case e in tante terre non c'è da mangiare per il domani. Non c'è futuro. Chi guarderà queste vedove? Chi si prenderà cura di loro? Chi volgerà loro almeno uno sguardo?
Gesù le guarda. Le guarda come oggi ha guardato la vedova che gettava la sua offerta nel tempio. Gesù la vede mentre si avvicina e pone nelle mani del sacerdote due soli spiccioli. Nessuno, ovviamente, vi fa caso. Non è di famiglia nobile o di casa reale per attirare l'attenzione, non appartiene al mondo delle persone ricche o famose per essere notata. Non è nessuno. Se qualcuno dei passanti l'ha vista l'avrà anche giudicata male. Cosa ha dato? Solo due spiccioli! Nulla, rispetto alle sostanziose offerte che i ricchi ostentavano. Ma quella donna, insignificante agli occhi dei più e magari anche disprezzata, è guardata con affetto e ammirazione da Gesù. Solo da lui. Neppure i discepoli si accorgono di lei. Possiamo immaginare Gesù che al vedere la scena chiama gli amici perché rivolgano l'attenzione a quella vedova. Ai discepoli, distratti o attenti solo a ciò che fa impressione, Gesù insegna a guardare con amore e attenzione anche le cose più piccole. Con la solennità dei momenti importanti - ben diverso è il giudizio degli uomini! - Gesù dice: "In verità, io vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere". Non ha trattenuto per sé neppure uno dei due spiccioli. Ella, a differenza degli altri e di tutti noi, ha amato Dio con tutta la sua anima e tutte le sue forze, sino a dare tutto quello che aveva.
Non è un caso che un episodio così insignificante e comunque così poco appariscente, sia posto dall'evangelista a conclusione della vita pubblica di Gesù e del suo insegnamento nel tempio di Gerusalemme. Al contrario del giovane ricco che "se ne andò triste" perché aveva molti beni e volle conservarli per sé (Mc 10, 22), questa povera vedova, donando tutto, ci insegna come amare Dio e il Vangelo. Ella si allontanò felice. Non era in verità vedova. Agli occhi degli uomini appariva tale. Su di lei si erano posati gli occhi d'amore di Gesù. La stessa felicità gusteremo noi se, come lei, sapremo dare il nostro povero cuore interamente al Signore.