Omelia (12-11-2006) |
mons. Antonio Riboldi |
Beati voi “poveri in spirito” La Parola di Dio, oggi, è davvero splendida, ma tremendamente difficile. Sia la prima lettura, tratta dal libro dei Re, come il Vangelo, mostrano la grande benevolenza di Dio verso quanti sanno farsi poveri per gli altri. Nella stessa pagina del Vangelo, Gesù non smorza i toni della durezza verso chi ama le apparenze esteriori, mascherando la miseria interiore. Se ci guardiamo attorno nel nostro mondo, che tanto ama il benessere e lo ostenta in tutti i modi, la malattia 'dell'apparire' esternamente è uno dei miti che tanti coltivano. Non importa se 'dentro la casa dell'anima', là dove veramente ha sede la bellezza dell'uomo, vi è il vuoto, se non peggio. Ma cosa conta per l'uomo: quello che ha o mette in evidenza, o quello che è...anche se esternamente è semplice o povero? Conta la generosità, che sa spogliarsi anche della propria sicurezza materiale, per rivestire le tante nudità dei poveri o l'idolatria di beni gelosamente custoditi, grave forma di egoismo? E l'egoismo è la cecità del cuore, che non riesce a vedere le povertà che ci attorniano, sotto tante forme. A volte sono povertà materiali: gente che non sa come o dove trovare da mangiare, da dormire. Altre sono povertà spirituali: gente che ha magari tutto, in cose, ma si sente 'dentro' così povera di amore, che ha sete di incontrare chi le voglia bene, l'accolga e le comunichi quel 'benessere' che c'è nell'amore di chi si fa vicino, condivide la sofferenza ed è disposto a essere 'cireneo' nel portare la croce. Così parla Dio, oggi, con un linguaggio che colpisce coloro, troppi, che amano apparire: "Gesù diceva alla folla mentre insegnava: Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere: essi riceveranno una condanna più grave". Sappiamo tutti come Gesù, figlio di Dio, creatore dell'universo, ricco di bontà e misericordia, come solo Dio sa essere, nella sua vita terrena fra noi uomini, venisse poco considerato, anche nel suo insegnamento, perché era di origini 'basse', ossia un nazareno, figlio di un falegname e di una casalinga. Non solo camminava tra di noi con la sola tunica intessuta da Maria, Sua Madre, ma aveva con sé la sola ricchezza della bontà divina. Quando i cosiddetti benestanti, 'scribi, farisei e sacerdoti', lo incontravano, quasi si vergognavano di farsi vicini e ascoltarlo, certi che da quell'uomo povero potesse venire nulla di buono... e ciò accade ogni volta si consideri la bontà come uno 'stare bene' in questo mondo! La sua origine e povera condizione gliele rinfacceranno a Nazareth e chissà quante altre volte. Come se la credibilità dell'uomo stesse nel come appare esternamente e non invece nel come è interiormente... e Gesù era Dio! Il Maestro volle che, come Lui, fossero i suoi discepoli, costretti molte volte a racimolare grani di frumento nei campi per vivere, o a dormire all'aperto. Una vita, umanamente, da poveri, che certamente non attirava simpatia o credibilità da chi viveva nell'agiatezza. Ma quello che Gesù sottolinea oggi è, soprattutto, l'ipocrisia: elemosinare la stima e il rispetto per come si appare. Ed è davvero tragico che uno venga stimato o diffamato per il vestito o gli atteggiamenti esterni, i titoli che ha... quando la bellezza è quella 'dentro', che tante volte non esiste in chi vuole apparire. Si crea così quella ripugnante forma di ipocrisia che è la negazione della verità. Se abbiamo il coraggi di guardare nello specchio la nostra anima, verrebbe voglia di vestirci di sacco e spargerci il capo di cenere, come facevano una volta i peccatori convertiti. I santi di sempre, anche quelli di oggi, hanno sempre imitato Gesù nel testimoniare la santità, che è il vero abito prezioso del cuore, dando un calcio ad ogni forma di esibizionismo esterno. Tutti, credo, abbiamo ammirato l'umiltà, la povertà, la semplicità di Giovanni XXIII, ve lo ricordate? "Questa notte, tornando a casa, date una carezza ai vostri bambini e dite: è la carezza del Papa". Così come è rimasta nel cuore la semplicità e povertà di Papa Luciani, 'il sorriso di Dio sulla terra' o la semplicità e grandezza d'animo di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, di Madre Teresa di Calcutta e di tanti altri, la cui vita era ed è lo specchio in cui Dio riflette la Sua Luce. Come vorremmo tutti incontrare sulla nostra strada gente o amici che sono e si mostrano per quello che sono, con semplicità, senza ipocrisia. Incontrarli è un vero dono e vorrei che anche noi fossimo questo dono di semplicità e verità, lontani da ogni insulsa e vana mostra esteriore, 'sepolcri imbiancati' come direbbe Gesù. E la Parola di Dio, oggi, come a sottolineare dove è la vera ricchezza agli occhi di Dio, ci offre due figure di donne meravigliose. La prima è quella che Elia incontra nel suo cammino verso l' Oreb a Zarepta. È una povera vedova, che stava raccogliendo legna: "Elia la chiamò e le disse: Portami un poco d'acqua in un vaso perché io possa bere. Mentre quella andava a prenderla, le gridò: Prendimi anche un pezzo di pane. La vedova rispose: Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' di olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a cuocerla per me e per mio figlio. La mangeremo e poi moriremo. Elia le disse: Non temere: su fa' come hai detto, ma prepara prima una focaccia per me e portamela: quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché dice il Signore: la farina della giara non si esaurirà e l'orcio dell'olio non si svuoterà finché il Signore non farà piovere sulla terra. Quella donna andò e fece come aveva detto Elia. Mangiarono lei, lui e il figlio di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l'orcio dell'olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia" (I Re, 17, 10-16). La seconda donna meravigliosa la descrive il Vangelo. "Gesù, sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere" (Mc. 12,38-44). Lo stupore di Gesù di fronte a quella vedova, che aveva dato tutto quanto aveva per vivere, mette in discussione, in crisi, speriamo, tutti noi, che ci preoccupiamo forse troppo per la nostra sicurezza e diamo 'spiccioli' là dove la carità chiede di allargare il cuore. Ma è una crisi che fa bene, in questo tempo in cui il consumismo dilagante fa piccolo, troppo piccolo il nostro cuore, sordo alla beatitudine della povertà che ha come ricchezza il cielo. Possiamo interrogarci, e farebbe tanto bene: "C'è stato nella mia vita un gesto di carità, di amore, che non abbia la misura di un'elemosina, ma sia stato una grande 'misura' di generosità, da meritare lo stupore di Gesù?". Nella bisaccia molto grande dei miei ricordi ho davanti tanti esempi che somigliano a quelle due vedove. Il primo viene da mia mamma. Eravamo tanti in casa e poveri. Un giorno bussò alla porta un povero. Mamma tirò fuori dal borsellino tutto quello che aveva, davvero uno spicciolo, e lo diede. Ho ancora negli occhi il gesto di quella santa donna che mostrò come 'anche noi ora siamo come il povero. Ma sono sicura che Dio ci aiuterà'. E fu così. Un altro esempio fu quello di una povera donna che non esitò a dare tutto quello che aveva messo da parte, una modesta somma, ma per garantire la sua vecchiaia. Me la consegnò per intero dicendomi: 'A me ora ci penserà Dio. Ma non voglio che qualcuno muoia di fame perché non ha avuto quello che io ho'. O quello di un parroco, mio confratello, che la notte di Natale, dopo la Messa, corse alla porta verso chi bussava con insistenza. Erano due poveri che chiedevano qualcosa per Natale. Non ebbe alcuna esitazione a prendere quello che aveva messo in disparte per noi, un pollo ed un panettone, donandoli. 'Siate felici anche voi' disse. Io stupito gli chiesi: 'E a noi domani chi ci pensa?'. 'Dio'. E così fu. Il giorno dopo qualcuno portò pollo e panettone! Chi non vorrebbe essere come la vedova di Zarepta o la vedova del Vangelo e meritare lo stupore di Dio? È forse difficile, preoccupati come siamo per il nostro domani, ma è meraviglioso. Lo auguro e lo prego per me, lo stupore di Gesù, e lo auguro e lo prego per voi, carissimi. |