Omelia (12-01-2003)
don Fulvio Bertellini
Collegamento ristabilito

La profezia

Le parole di Giovanni all'inizio del Vangelo costituiscono una vera e propria profezia di ciò che sta per accadere. Ed è per noi interessante vedere come viene realizzata: in effetti tra le parole del Battista e ciò che effettivamente viene compiuto da Gesù c'è uno scarto, fattore di imprevedibilità, che va accuratamente rilevato e misurato.
Le parole di Giovanni riguardano da un lato l'identità di colui che deve venire, che Giovanni valuta in termini di forza: "uno più forte di me". D'altra parte viene profetizzata una azione diversa da quella del Battista: "egli vi battezzerà in Spirito Santo". Dunque, la stessa azione del Battista, solo più potente ed efficace.

E avvenne che...

Una formula di introduzione (in greco: "avvenne che in quei giorni...") non tradotta in italiano, indica il compiersi delle parole di Giovanni. Ma in forma del tutto inaspettata. Gesù "venne e si fece battezzare da Giovanni": sembra l'esatta negazione delle prime parole di Giovanni. Come può essere più forte uno che si lascia battezzare da lui? Se Giovanni non era degno di sciogliergli il legaccio dai sandali, tantomeno era degno di battezzarlo. Il Battesimo di Giovanni era un "battesimo di conversione per il perdono dei peccati" (Marco 1, 4). Come può Gesù aver bisogno di essere battezzato?

Vide i cieli aperti

In tutti i Vangeli avvertiamo la tensione che accompagna la memoria del battesimo: nella mentalità umana è un gesto di abbassamento e debolezza, un gesto perdente. Non è certamente la prova di forza che si aspettava Giovanni. Ma dentro questo gesto di apparente umiliazione risiede una forza insospettabile. I cieli si aprono. Si apre una via di comunicazione tra il cielo e la terra. La forza dello Spirito si posa visibilmente su Gesù, e la voce del Padre lo proclama Figlio prediletto.

Una forza nuova

Giovanni si aspettava uno semplicemente "più forte", un altro Battista, ma con un "qualcosa in più": quando Gesù arriva non è soltanto "più forte", ma assolutamente diverso e imprevedibile rispetto alle attese di Giovanni. E prima di "battezzare nello Spirito", è lui stesso che manifesta di possedere in pienezza lo Spirito. La forza di Gesù è completamente diversa da quella attesa da Giovanni. La profezia di Giovanni è compiuta, ma secondo un modello nuovo.

Il problema della conversione

Il problema di Gesù è lo stesso di Giovanni, che condensa tutta la predicazione profetica: la conversione e il perdono dei peccati. Tutti i profeti avevano tentato, inutilmente, di arrivare alla conversione del popolo, e avevano tenuta viva la speranza in un intervento potente e risolutore di Dio stesso. Apparentemente il problema era una mancanza di forza, di energia, di autorevolezza. Gesù esteriormente non ha una simile forza: viene da Nazaret, oscuro villaggio della Galilea, si lascia battezzare come un qualunque peccatore... ma proprio l'apparente debolezza diventa il punto di forza di Gesù. La forza per la conversione non risiede nelle risorse umane, ma nella comunicazione gratuita dello Spirito, in un contatto autentico con Dio, che può avvenire solo attraverso il suo Figlio diletto. E per poter raggiungere tutti, veramente tutti i peccatori, Gesù deve farsi uomo, e uomo umanamente debole, per essere raggiungibile da tutti. In lui Dio si compiace, perché in lui si ricostruisce la pace tra Dio e l'umanità.


PRIMA LETTURA

"O voi tutti assetati venite all'acqua...": il popolo in esilio è paragonato ad una massa di assetati, con pochi soldi o senza del tutto. Ma inspiegabilmente si mettono a spendere il poco che hanno per cose inutili. Dio organizza una grande distribuzione gratuita di cibo e bevande, e manda il profeta come il suo messaggero per proclamarla.
"Cercate il Signore mentre si fa trovare": ciò di cui in realtà il popolo ha fame e sete è in realtà la presenza di Dio. Fame e sete della sua parola. Forse quella stessa fame e sete da cui siamo tormentati noi oggi, e che cerchiamo di soddisfare moltiplicando le cose in nostro possesso?
"I miei pensieri non sono i vostri pensieri...": cercare Dio non è facile, perché occorre cambiare mentalità. Acquisire un pensiero nuovo. E invece, anche quando ci si rende conto che funziona diversamente, anche quando ci si avvia sulla strada della conversione, si è sempre tentati di tornare indietro. L'acquisizione del pensiero di Dio non è mai un fatto scontato.
"...la parola uscita dalla mia bocca... non ritornerà a me senza effetto...": la conversione in ultima analisi non è opera della nostra ricerca di Dio o della nostra capacità di cambiare pensiero e mentalità, ma è opera della potenza della parola e della promessa di Dio. Nel Vangelo vediamo questa Parola farsi carne, e iniziare a condividere in tutto le sorti dei peccatori: è questo il mistero che ci trasforma.


SECONDA LETTURA

"Chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato": nei primi versetti del capitolo 5 la costante preoccupazione dell'evangelista è mantenere l'equilibrio tra il comandamento dell'amore e l'atteggiamento fondamentale della fede in Dio. L'amore come precetto fondamentale nasce per il cristiano dalla comune origine di Figli di Dio. Amore e fede non possono essere quindi separati, anche se questo si scontra da un lato con la mentalità mondana (che impone l'idea di un generico amore universale) e dall'altro con una mentalità settaria (che impone di amare solo quelli del proprio gruppo ristretto). Contro la mentalità settaria, si afferma chiaramente: "Chi ama Dio ama anche chi da lui è stato generato"; e contro la tentazione del dissolvimento in una generica filantropia, si afferma chiaramente "in questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi". L'argomentazione ritorna sempre sugli stessi concetti, in maniera fluida e ripetitiva, non seguendo uno schema lineare. Ciò che l'evangelista vuol esprimere è come un organismo vivente, che non si può ridurre ad uno schema, vivisezionare nei suoi elementi costitutivi: non è una serie di idee, ma una mentalità nuova che può essere capita solo nella sua integralità.
"Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo...": il tema della vittoria si introduce perché questa mentalità nuova cozza contro la mentalità mondana. Verosimilmente ai tempi in cui era stata scritta questa lettera lo scontro tra la mentalità pagana e quella evangelica si era già manifestato sotto forma di persecuzione. Per cui l'evangelista deve parlare in termini di scontro, di lotta e di vittoria.
"E chi è che vince il mondo, se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?": di fronte alla persecuzione la comunità cristiana ha come strumento principale di lotta la sua fede. Può essere forte la tentazione di imporsi con altre armi, con altri mezzi di difesa. Ma la fede è già una vittoria sulla mentalità mondana, ed è quella fondamentale.
"Ed è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità": nella lotta la comunità cristiana non deve combattere con i suoi mezzi, ma con la forza dello Spirito. Solo la sua testimonianza è quella decisiva.
"Lo Spirito, l'acqua e il Sangue...": vengono presentati gli elementi basilari della testimonianza della Chiesa nell'oggi: la potenza dello Spirito, e la memoria degli eventi fondamentali della Salvezza, rivissuta nei sacramenti (acqua e sangue). Il rischio per la comunità cristiana di ieri e di oggi è sempre quello di affidarsi ad altri mezzi nella lotta contro il mondo, creando così vuote contrapposizioni, e venendo meno allo scopo fondamentale della testimonianza viva.