Omelia (12-11-2006) |
padre Antonio Rungi |
La generosità dei poveri Il testo del Vangelo di questa XXXII domenica del tempo ordinario ci fa meditare sul comportamento generoso di una vedeva nel suo atto di offrire i suoi piccoli risparmi per le esigenze del tempio. Gesù sottolinea e pone come modello di comportamento in ordine alla generosità verso Dio e verso gli altri proprio l'offerta di questa donna che nella sua estrema povertà dona al Signore tutto quello che ha rispetto a chi dona del superfluo, quello che avanza, quello che "super est", cioè sta sopra al piatto, ovvero nulla o poco o ciò che non conta, rispetto a ciò che sta dentro al piatto e che è la sostanza del pranzo stesso. Il concetto di superfluo, come derivazione dal latino sta a significare proprio questo, almeno presso la cultura antica. Oggi si mette il risalto piuttosto quello che è di più e che avanza e che non serve alla persona che osa donare agli altri ciò che in realtà non serve più a se stesso. In altri termini si dona ciò che non serve e per questo motivo non si dona nulla, perché il donare richiede il privarsi, il rinunciare a qualcosa di cui davvero si ha necessità e bisogno. La vedova del Vangelo di oggi si priva per dare come offerta al tempio qualcosa di essenziale ed indispensabile per la sua vita e per la vita dei suoi familiari. Un'attenta lettura del testo di San Marco ci fa comprendere il significato più profondo di ciò che ha compiuto questa donna senza marito e quindi anche nella situazione sociale ed economica particolarmente delicata ed esposta a vari rischi: "In quel tempo, Gesù diceva alla folla mentre insegnava: "Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave". E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: "In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere". La contrapposizione di immagini e comportamenti tra gli scribi che amano tante cose effimere e cercano i primi posti e di mettersi in mostra, come pure il comportamento dei ricchi al confronto con quello della vedova umile e povera ci aiuta a comprendere da che parte sta Gesù: la sua scelta preferenziale per i poveri e gli indifesi è evidente anche in questa circostanza. Che le vedove fossero una categoria particolarmente cara a Dio e ai testi sacri, lo comprendiamo chiaramente anche dal brano della prima lettura di oggi, tratta dal primo libro dei Re, ove ci viene presentato il profeta Elia nel dialogo con una vedova e soprattutto nel suo donare all'uomo di Dio ciò che ha perché egli possa ristorarsi. La generosità di questa donna viene abbondantemente ricompensata dal Signore. "In quei giorni, Elia si alzò e andò a Zarepta. Entrato nella porta della città, ecco una vedova raccoglieva legna. La chiamò e le disse: "Prendimi un po' d'acqua in un vaso perché io possa bere". Mentre quella andava a prenderla, le gridò: "Prendimi anche un pezzo di pane". Quella rispose: "Per la vita del Signore tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' di olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a cuocerla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo". Elia le disse: "Non temere; su, fa' come hai detto, ma prepara prima una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché dice il Signore: La farina della giara non si esaurirà e l'orcio dell'olio non si svuoterà finché il Signore non farà piovere sulla terra". Quella andò e fece come aveva detto Elia. Mangiarono Elia, la vedova e il figlio di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l'orcio dell'olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunziata per mezzo di Elia". In sintonia con quanto abbiamo riflettuto fin qui il Salmo che proclamiamo oggi ci aiuta a comprendere ulteriormente come i poveri siano nel cuore di Dio e come la sua mano si stende davvero potente e forte nella loro esistenza: "Il Signore è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri. Il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge lo straniero. Egli sostiene l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie degli empi. Il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, per ogni generazione". Certo a vedere il mondo di oggi e di sempre come cammini o ha camminato si potrebbe pensare che Dio non sia affatto dalla parte del povero, perché i dolori e le sofferenze maggiori sono proprio per lui. In realtà, qui ci troviamo in una visione di fede e di speranza molto evidente e la certezza di contare su Dio soprattutto nei momenti più difficili della propria vita questo è assolutamente vero e giusto, in quanto chi si affida a Dio non resta deluso, anche se è chiamato a sperimentare come tutti gli esseri umani o forse anche in termini più consistenti il dolore, la sofferenza, la solitudine, la povertà ed ogni altra prova umana. A volte o spesso la mancanza di fede nella nostra vita non ci aiuta a far percepire Dio presente nella nostra esistenza, soprattutto quando siamo più deboli e fragili. Egli ci è accanto sempre, ma soprattutto nell'ora della prova. Tutto ciò è più semplice capirlo e viverlo alla luce dell'insegnamento di Cristo crocifisso, di quel Sommo e Eterno Sacerdote "una volta sola ora, nella pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso", come ci ricorda il brano della Lettera agli Ebrei che leggiamo oggi. "Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, allo scopo di presentarsi ora al cospetto di Dio in nostro favore, e non per offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui. In questo caso, infatti, avrebbe dovuto soffrire più volte dalla fondazione del mondo. E invece una volta sola ora, nella pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come è stabilito che gli uomini muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza". Con questo sguardo proiettato sulla seconda e definitiva venuta di Cristo sulla terra, quando verrà a giudicare i vivi e i morti, nella dinamica, morale, spirituale e pastorale tra il già e il non ancora, ognuno di noi si faccia carico di dare testimonianza di una vita secondo il Vangelo, che si basi sull'essenzialità e sulla generosità. Oggi si fa fatica a cogliere nella nostra vita ciò che è essenziale di fronte ad una cultura dell'apparire e del superficiale. Ma è una fatica che dobbiamo sostenere per costruire ponti di speranza e di vita nuova dentro di noi, fuori di noi e intorno. L'esempio delle due vedove presentate oggi a vario titolo e in circostanze e situazioni diverse nei testi biblici ci aiutano sicuramente a trovare la nostra strada per essere coerenti con il Vangelo e con la nostra fede. |