Omelia (19-11-2006)
mons. Ilvo Corniglia


L'anno liturgico sta per concludersi e la parola di Dio vuole orientare la nostra attenzione agli eventi futuri verso i quali è incamminata la storia del mondo e dell'umanità. Lo fa anzitutto attraverso il messaggio di Daniele (12, 1-3: I lettura). E' in atto nella storia una lotta tremenda fra il bene e il male. Ma Dio è più forte. La sua vittoria sul potere del male e della morte culminerà nella risurrezione finale: "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno". Risurrezione che non sarà gloriosa per tutti: "gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna". Coloro che, pur nella persecuzione, gli sono rimasti fedeli Dio non li abbandona, ma li introdurrà in quel mondo futuro, trasfigurato e illuminato da Lui stesso. Entrandovi, gli eletti "risplenderanno come lo splendore del firmamento...come le stelle per sempre". Un'immagine che evoca la bellezza indescrivibile e luminosa dei risorti. Chi sono? "I saggi.. .coloro che avranno indotto molti alla giustizia": coloro cioè che hanno insegnato con la parola e con la vita a compiere il bene. E chi di noi non è in grado di farlo, a cominciare es. dai genitori che educano nella fede i propri figli? "Si troverà scritto nel libro". E' il "libro della vita" (cfr. es. Apc 3,5; 20,12...), dove sono segnati i nomi degli eletti: un'altra immagine eloquente per indicare la "vita eterna" che i giusti godranno. Quale gioia poter leggere e sentir proclamare il mio nome, registrato in questo "libro della vita", cioè custodito nel cuore di Dio! Non è certo sufficiente che sia scritto nei registri parrocchiali: il nome di "cristiano" (=appartenente a Cristo) occorre renderlo vero con la propria esistenza.
Gesù è stato il primo a "risvegliarsi" per la "vita eterna", dopo aver fatto l'esperienza amara della morte. Il primo che ha visto realizzarsi la speranza espressa nel salmo responsoriale: "non abbandonerai la mia vita nel sepolcro né lascerai che il tuo santo veda la corruzione" (cfr. At 2,24-33). Ha aperto così la via della risurrezione a tutti noi, che possiamo fare nostre le parole stupende del salmo: "Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra". La speranza e l'attesa di questo futuro viene alimentata con singolare efficacia dal brano evangelico di oggi. E' la parte finale di un discorso ampio e articolato in cui Gesù annuncia che cosa avverrà nel mondo e in particolare che cosa accadrà ai suoi discepoli (persecuzioni...), che cosa a Gerusalemme (distruzione della città e del tempio) e infine come si concluderà la storia del mondo. Questa storia prosegue il suo corso caratterizzato da guerre, tragedie, carestie, sofferenze - i discepoli quante ne patiranno! -, ma avrà un lieto fine. "Il sole si oscurerà... gli astri si metteranno a cadere dal cielo". Una catastrofe cosmica, che non può non incutere terrore? Il linguaggio fortemente immaginoso, che Gesù usa, intende significare che sarà un avvenimento unico e irripetibile: l'intervento di Dio scuoterà la stessa natura e coinvolgerà tutto il creato. Anzi, il vecchio mondo, inquinato dal peccato, scomparirà per lasciare spazio al nuovo.
"Vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria". Tale avvenimento si svolgerà sotto gli occhi di tutti e tutti, nessuno escluso, saranno coinvolti. "Il Figlio dell'uomo", cioè Gesù, che sta per essere ripudiato e ucciso dagli uomini, apparirà in tutto lo splendore della sua gloria di Risorto e di Signore. Verrà "sulle nubi", che sono simbolo della presenza di Dio: quindi su un piano di uguaglianza con Dio. "Manderà gli angeli", i quali dipendono solo da Dio e sono al suo servizio: altro segno del suo potere divino. "E riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra all'estremità del cielo". I profeti avevano annunciato che negli ultimi tempi Dio avrebbe radunato tutti gli Israeliti dispersi. Ma qui l'orizzonte è universale (dai quattro punti cardinali). Sarà un evento di salvezza. Più che sull'aspetto di giudizio punitivo sui malvagi, tutta l'attenzione è concentrata sulla venuta di Cristo e sul raduno degli eletti. E' questo il cuore dell'annuncio: un evento molto lieto, non da temere come un pericolo, ma da desiderare. Attorno al Cristo glorioso saranno raccolti tutti i suoi per ricomporre la famiglia e celebrare la festa eterna. Anche se la storia dell'umanità è solcata di lacrime, il disegno di Dio però le riserva un finale non di fallimento definitivo, ma di sorprendente e totale positività. Questo futuro ultimo non avrà l'aspetto minaccioso di un nemico o di un estraneo, ma avrà il volto di una persona cara, la più cara. Avrà il volto di Gesù risorto e di una famiglia universale riunita attorno a Lui per la vita e beatitudine eterna. Il dolore e le persecuzioni non saranno risparmiate ai discepoli, ma essi devono sapere che alla fine ci sarà la vittoria trionfale di Cristo e la famiglia interamente ricomposta per la grande festa del Regno. Dopo questo discorso di Gesù, l'evangelista passa a narrare i giorni della passione. E' quindi da considerare come il "discorso di addio" in cui Gesù, nel congedarsi, fissa un appuntamento ai suoi e all'umanità al termine della storia, quando Egli verrà vivo e glorioso. In tale annuncio di Gesù sentiamo vibrare tutta la sua speranza, che desidera comunicare anche a noi - al di là di ogni allarmismo e catastrofismo - perché, nello scorrere della nostra vita e della storia non ci lasciamo ingannare da ciò che è estremamente precario, ma tra le vicende umane sappiamo puntare il cuore là dove ci attende la vera gioia. La tentazione è, appunto, quella di vivere come se non dovessimo aspettare più nulla o nessuno, dimenticando che ogni giorno, ogni attimo ci viene donato perché ci prepariamo responsabilmente all'Incontro. Incontro che per ognuno è anticipato nell'ora della morte personale. "Sappiate che Egli è vicino, alle porte". E ogni generazione, anche la nostra, è chiamata a tenersi pronta. Nella consapevolezza che Colui che verrà già viene in tante forme e chiede di essere accolto. Come pure il grande raduno finale è già anticipato nella Chiesa, dove fanno famiglia uomini e donne di ogni provenienza. E' anticipato in modo specifico nell'Eucaristia, che celebriamo "nell'attesa della tua venuta". E' qui che il nostro modo di incontrarci, anzi di lasciarci riunire dall'unico Signore dovrebbe già offrire un'immagine della futura comunione con Cristo e tra fratelli, che il Figlio dell'uomo opererà. Punto fermo rimane la sua parola: "Il cielo e la terra passeranno". Tutta la realtà che ci circonda è all'insegna del provvisorio. La nostra esperienza quotidiana ce lo attesta incessantemente. "Ma le mie parole non passeranno". Per questo i credenti ripongono ogni fiducia nella parola di Gesù e si impegnano a viverla.

"Le mie parole non passeranno". Le parole di Gesù, dette duemila anni fa, oggi sono ancora fresche, nuove, come fossero pronunciate per la prima volta: quando ascoltiamo il Vangelo, ci raggiungono con la stessa efficacia di allora. Ne siamo consapevoli?

Il nostro modo di pensare, parlare e agire in rapporto ai migranti è secondo il Vangelo?