Omelia (26-11-2006)
padre Gian Franco Scarpitta
Basta un verbo al gerundio...

Il Salmo 110 fu composto probabilmente nella circostanza dell'intronizzazione regale. Chi lo legge però comprende subito che le parole in esso contenute "Oracolo del Signore al mio Signore siedi alla mia destra, finché io ponga i miei nemici a sgabello dei tuoi piedi" si riferisce a Gesù, che "siede alla destra del Padre". Nella Scrittura lo "stare a destra" indica la posizione privilegiata di chi partecipa di un sistema di governo regnando immediatamente accanto al re; nel caso di Cristo egli non solo è partecipe ma è a buon diritto anche Re e Signore universale. Ciò per il fatto che egli stesso è Dio della stessa sostanza del Padre, eterno come Lui e scaturente dalla stessa sostanza. In parole povere Cristo è re perché è Dio. Dio entrato nella storia attraverso l'incarnazione che unisce divinità umanità e quindi anche regalità. Nei primissimi versi del Prologo di Giovanni si evince immediatamente questa relazione sostanziale di Dio Padre con il Dio Verbo Cristo: il Verbo (Cristo) era "al principio", cioè all'inizio dei tempi e prima che si dispiegasse la creazione. Egli "era presso Dio" egli "era Dio". Questo stesso Verbo però si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi", quindi si rese uomo fra gli uomini sottomesso. Come afferma San Paolo Cristo è al centro di tutta la creazione che geme e soffre per le doglie del parto; è il Signore (greco Kirios) indomito che sovrasta tutti gli elementi e le cose create, di fronte al quale tutti i nemici sono posti allo sgabello dei suoi piedi; egli è al di sopra "di tutti gli esseri celesti, terrestri e sotterranei" (Paolo) e in quanto tale domina da sempre.
Ma in Cristo incarnato come si esercita detta regalità? Come e sotto quali aspetti noi possiamo vedere che Egli è il nostro Re? Occorre rispondere con le sue stesse parole rivolte agli emissari di Giovanni quando questi vennero a lui per ottenere ragguagli (Sei tu il Messia o dobbiamo attendere un altro?): "Andate da Giovanni e riferitegli quanto avete visto: i ciechi vedono, gli storpi camminano, ai poveri è annunziata la Buona Novella... Quindi è venuto il Regno di Dio". A spiegare come lui regna non sono insomma i concetti o le parole, bensì i fatti che non lasciano spazio a dubbi: il suo governo si qualifica come servizio e oblazione perenne nei confronti di tutti gli uomini e in modo particolare verso i poveri e gli emarginati; domina su ogni cosa operando ogni sorta di bene donando se stesso per la causa della giustizia, della misericordia e della pace e se c'è un termine appropriato per qualificare la modalità regale di Cristo questo è dato da un verbo al gerundio: amando.
Debellare il male e la cattiveria non si può se non con le armi irrinunciabili e produttive dell'amore poiché fare il bene è la reazione più congeniale al male e chi esercita un dominio ha la possibilità di vincere il male con questa prerogativa dell'amore, quindi non può esservi altro Regno nell'ottica di Cristo se non quello dell'amore concreto nel servizio e nella donazione spontanea. Opere di misericordia nel sanare i lebbrosi, nel curare gli infermi e nello sguardo di compiacimento e di ammirazione verso l'emorroissa, il centurione e la vedova al tesoro del tempio come pure gli esorcismi e la resurrezione di Lazzaro parlano da se stessi di come Cristo regni fra gli uomini e di come egli concepisca il regnare come servire e amare. Il fatto poi che fuggano i demoni dagli ossessi e i morti tornino in vita attesta che l'amore vince le remore del male e troneggia incontrastato sulla morte. Ed è per questo che il Regno di Dio si crocifigge ad patibolo. Appunto per esaltare l'eccellenza dell'amore nel sacrificio della croce per la vittoria della Resurrezione poiché la morte di croce è l'espressione più eloquente del servizio regale divino giacché nel sangue di Cristo si esplica il più grande atto di amore per l'umanità da parte di Dio nello specifico servizio della liberazione dal peccato.

Venendo a noi, è abbastanza singolare che noi dal 1925 riflettiamo su Cristo Re e Signore durante l'ultima domenica dell'anno liturgico, questo per volere esplicito di Papa Pio XI: a partire dalla Domenica seguente infatti disporremo lo spirito all'accoglienza del Re Signore che intende servire l'uomo nelle vestigia di un Fanciullo, ma come potremmo appropinquarci alla sua venuta se non prima avendo preso consapevolezza che questo Bambino è il Re e Signore universale? Come attendere più adeguatamente di celebrare l' Incarnazione se non dopo aver visto che Colui che si incarna è il Re dell'Universo? Comprendere la grandezza di Dio che regna e domina nel servizio aiuta a vivere spassionatamente l'attesa del Natale e non potrà non apportare i suoi frutti, soprattutto quelli relativi al nostro regnare con lui. Sì perché il testo dell'Apocalisse, a cui fa riferimento esplicito il Concilio Vaticano II afferma che il nostro vivere la regalità di Cristo è cosa tutt'altro che statica e passiva: noi non siamo i sudditi sottomessi da un vincolo di obbedienza acritica e vuota, ma esercitando l'amore al prossimo, la carità e disponendoci ad essere portatori di pace e di giustizia universale anche noi parteciperemo dello stesso Regno, anzi regneremo assieme a Lui per l'edificazione di un nuovo mondo. L'idea di Cristo Re e Signore che serve e che ama non può non spronarci all'amore vicendevole e alla mutua e spontanea donazione, al servizio e alla comunione pacifica fra di noi visto che queste sono le prerogative del regnare. Per ragnare con lui basta quel verbo al gerundio.