Omelia (19-11-2006) |
padre Antonio Rungi |
Gesù Cristo giudice misericordioso Ci avviamo verso la fine dell'anno liturgico e chiaramente la parola di Dio ci invita a fare una profonda verifica personale e comunitaria sul cammino spirituale fatto durante questo anno di vita cristiana, all'insegna dell'ascolto della parola di salvezza, della partecipazione alla mensa eucaristica e della vita sacramentale più in generale. La prima lettura ed il vangelo ci presentano, in termini angoscianti, come dovrebbe avvenire secondo i testi sacri la fine del mondo e la conclusione della storia di questa umanità. A leggere di due brani, che si compensano ed integrano a vicenda, certo c'è da preoccuparsi. I segni indicati e descritti nei minimi particolari e con effetti scenici ed esperienziali non aprono il cuore alla speranza, se non quando tutto sarà concluso e la presenza di Dio si farà sentire in un modo e in un mondo completamente diverso. "Disse Gesù ai suoi discepoli: "In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, e la luna non darà più il suo splendore, e gli astri si metteranno a cadere dal cielo, e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre". Dal Libro del Profeta Daniele, infatti, cogliamo questa prospettiva di speranza per l'umanità resuscitata che in qualche modo compensa il testo abbastanza apocalittico del vangelo di Marco: "In quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non c'era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre". Dalla lettera agli Ebrei ricaviamo una profonda meditazione sulla figura del Messia e Re dell'Universo, Gesù Cristo, il Sommo sacerdote che offre la sua vita per la redenzione del mondo: "Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici, perché essi non possono mai eliminare i peccati. Cristo al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre, si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai soltanto che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi. Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. Ora, dove c'è il perdono dei peccati, non c'è più bisogno di offerta per essi". Dai testi della Parola di Dio di questa penultima domenica dell'anno liturgico ricaviamo alcune importanti indicazioni per la nostra vita morale e cristiana. In primo luogo quello del giudizio universale che Cristo celebrerà alla fine dei tempi e che riguarderà i vivi e i defunti. Egli invierà i suoi angeli per raccogliere tutti e giudicare con il metro della misericordia, considerato che è venuto sulla terra e morto sulla Croce ed ha fatto tutto questo per ridare all'uomo la possibilità di una salvezza eterna, preclusa a lui in seguito al peccato originale. Gesù Cristo, ricorda il testo della Lettera agli Ebrei, "avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre, si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai soltanto che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi. Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati". E dal vangelo ci viene suggerita la necessaria fiducia da porre sulla parola di Dio, in quanto "il cielo e la terra passeranno", ma la parola del Signore non passerà. Su questa parola certa e definitiva, in quanto dice stretto rapporto al Verbo di Dio, a Gesù Cristo stesso, Figlio unigenito del Padre, Principio e Fine di ogni cosa, dobbiamo fondare la nostra vita nella prospettiva della salvezza definitiva. D'altra parte, il mondo e il creato hanno ragione di esistere e continuare a vivere in ragione della provvidenza di Dio, essendo Dio il creatore di tutto. Come pure l'uomo continua ad avere un senso ed una dignità, oltre ad avere una prospettiva di salvezza e di risurrezione perché Gesù è morto e risorto per i nostri peccati e ci assocerà alla sua gloria futura facendo risorgere dai sepolcri i nostri corpi. Con il Salmo 15 preghiamo oggi con queste parole: "Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Io pongo sempre innanzi a me il Signore, sta alla mia destra non posso vacillare. Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra". Mentre con l'orazione iniziale della celebrazione eucaristica: "O Dio, che vegli sulle sorti del tuo popolo, accresci in noi la fede che quanti dormono nella polvere si risveglieranno; donaci il tuo Spirito, perché operosi nella carità attendiamo ogni giorno la manifestazione gloriosa del tuo Figlio, che verrà per riunire tutti gli eletti nel suo regno". In pieno mese di novembre dedicato alla memoria dei defunti e alla preghiera per loro, si comprende esattamente su quale pista di riflessione ci vuole indirizzare la Parola di Dio di queste domeniche terminali dell'anno liturgico. Da un lato essa è un richiamo alla fine della nostra vita terrena, a quella morte corporale sulla quale è opportuno meditare se non ogni giorno, ma spesso e soprattutto quando il peso degli anni e la malattia avanzano e i giorni si fanno più corti verso l'appuntamento con la nostra storia personale che è il transito all'eternità e il giudizio di Dio che dobbiamo affrontare. I "novissimi", che sono morte, giudizio, inferno e paradiso hanno ancora senso e significato per noi cristiani. Per altri forse sono invenzioni per terrorizzare le persone o angosciarle circa il destino futuro dell'uomo. In realtà, la fede nella risurrezione e soprattutto la fiducia nella misericordia di Dio ci fanno pensare a questi appuntamenti in termini sereni, anche se è necessario responsabilizzarsi e fare del proprio meglio per raggiungere la meta finale della risurrezione per la vita e non per la condanna. Gesù Cristo è venuto sulla terra ed è morto sulla croce per noi, perché tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza in questo mondo e nel regno futuro. Con questi sentimenti nell'animo ci predisponiamo a concludere, domenica prossima, solennità di Gesù Cristo, Re dell'Universo, quest'anno liturgico che il Signore ci ha donato da vivere interamente. |