Omelia (28-03-2002) |
don Fulvio Bertellini |
Giovedì Santo: il donarsi di Dio "Questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi... questo giorno sarà per voi un memoriale, di generazione in generazione... come un rito perenne (I lettura). L'istruzione della Pasqua ebraica fa da introduzione a tutto il Triduo pasquale. Dal punto di vista della liturgia, sono le feste più importanti del cristiano. E' la celebrazione che ci ricorda chi siamo, che ci dona la nostra vera identità, che ci fa riscoprire il nostro posto nel mondo, che ristabilisce il contatto con il Padre e ci mette in autentica comunione con i fratelli. Quanti però vivono così il tesoro della Pasqua? Quanti si dissetano a questa sorgente sempre accessibile? C'è da temere che all'acqua viva della Risurrezione e della vita nuova dello Spirito si preferiscano bibite artificiali, che costano care e non dissetano. "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo, in memoria di me (II lettura). Nel semplice gesto dello spezzare il pane, Gesù consegna ai discepoli il singificato della sua vita; la Pasqua ebraica di liberazione dalla schiavitù d'Egitto, diventa la sua Pasqua, di liberazione dal peccato e dalla morte. Donando il suo corpo e il suo sangue, Gesù contrasta in modo definitivo la forza oscura che è dentro di noi, il peccato che è alla radice dei vari peccati, e che ci rende tra l'altro gelosi e voraci. Gelosi perché teniamo strettamente per noi tutto ciò che è nostro, non solo le cose, ma anche i nostri affetti, la nostra vita, chiudendoci ad ogni intromissione. Voraci, perché esigiamo sensazioni, emozioni, gratificazioni, e pretendiamo che gli altri siano al nostro servizio. Gesù insegna ai discepoli uno stile completamente nuovo, che non nega il nostro desiderio e il nostro bisogno (è PER VOI), che anzi sazia la nostra fame e la nostra sete, ma in un contesto di comunione, di condivisione, di dono, che dal gesto rituale trasborda in tutta l'esistenza. Nel Vangelo non troviamo il racconto dell'istituzione, ma quello della lavanda dei piedi: si tratta di due gesti che hanno lo stesso significato, lo stesso peso specifico, la stessa valenza simbolica. La parentela tra lo spezzare il pane e il lavare i piedi indica quale dovrebbe essere l'anima profonda di tutta la nostra vita: il Giovedì Santo non è utopia, ma concretezza, che non viene solo insegnata, ma trasmessa e incarnata. Partendo dall'Eucaristia, ogni nostro gesto, ogni nostra parola dovrebbe essere vissuta con lo stesso spirito della frazione del pane e della lavanda dei piedi. Qui però ci scontriamo pesantemente con la nostra resistenza e il nostro peccato. I discepoli non capiscono ciò che fa Gesù; tantomeno i sommi sacerdoti e le folle: e siamo trasportati di peso nel Venerdì Santo, giorno del dono rifiutato, del perdono riconfermato. |