Omelia (21-11-2006) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Dalla Parola del giorno Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo. Mostrati dunque zelante e ravvediti. Come vivere questa Parola? La prima lettura d'oggi ci propone la lettera alla chiesa di Laodicea, una città ricca e famosa per la produzione di stoffa di lana. Aveva una scuola di medicina e produceva un collirio per gli occhi che mandava in tutto il mondo. La comunità cristiana viveva dentro questa società e gli atteggiamenti dei cittadini incidevano sulla chiesa senza che essa se ne rendesse conto. Le ricchezze materiali rendevano ciechi circa la povertà spirituale. La chiesa era ricca ai propri occhi, ma agli occhi di Cristo era povera. Ciò la rendeva molto vicina ai farisei che si pensavano sani ma in realtà erano malati. La condizione era molto pericolosa proprio perché non ne prendevano coscienza che era così. Qui mancano le lodi ma abbondano i rimproveri e le minacce. La più grande pecca di questa comunità è la tiepidezza, non sono "né freddi né caldi". Questo rimprovero severissimo è anche un'espressione d'amore. Precisamente perché questa comunità cristiana è amata da Dio, lui "la rimprovera e la castiga". Nonostante la loro condizione misera, non hanno cessato d'essere parte della chiesa. Il Signore sta alla porta e bussa di continuo. Queste parole possono essere ben indirizzate a noi, oggi. Viviamo in un mondo che è immerso nelle cose materiali, nella bramosia del potere, dei soldi, del piacere. Il benessere è diventato il nostro Dio e anche noi corriamo il rischio di non essere consapevoli di quello che ci sta capitando: come persone e come cristiani. "Tutti fanno così. Che cosa c'è di male?" Andiamo avanti, ciechi come i Laodicesi, pensando d'esseri ricchi, ma in realtà languiamo in una povertà spirituale spaventosa che ci rende meno umani e meno cristiani. Però, ecco la gioia, il Signore sta bussando al nostro cuore. Spetta ad ognuno aprire per farlo entrare, perché Gesù possa dire anche a noi; "Io verrò a lui, cenerò con lui ed egli con me". Saremo introdotti alla mensa comune, segno di massima comunione. Questa lettera c'interpella come chiesa e come individui. Anche noi possiamo pensare di essere vivi ed invece siamo morti. Possiamo pensare di essere ricchi e avendo tutto, fino alla sazietà, ma in realtà siamo indigenti e vuoti. Oggi, nella mia pausa contemplativa, rimarrò in ascolto del Signore che bussa, per rendermi pronto ad aprirgli. Chiederò la grazia di non restare nella tiepidezza, ma di ardere d'amore per Dio e per le cose di Dio. Signore Gesù, scuotimi dalla mia tiepidezza. Dammi il tuo collirio per rendermi capace di vedere la verità ed entrare con te in un'intimità profonda e senza fine. La voce di un Salmo Sufi Dio mio, a forza di invocare la mia felicità e di cercare ovunque quel che non si può trovare, non ce la faccio più. Dopo aver rifatto i conti con me stesso, solo Tu mi rimani. A Te rimango sospeso. Canti della spiritualità musulmana |